“Noi, Senna e il giorno in cui cadde una stella”
Ci vogliono otto secondi per capire che una stella è caduta. È il tempo infinito che i medici del circuito di Imola hanno atteso tra il terribile schianto della macchina di Ayrton Senna e l’allarme generale che attiva i soccorsi.
A 25 anni dalla tragica morte del campione brasiliano di Formula 1, i medici che intervennero in pista raccontano al Giornale della Previdenza quegli attimi drammatici.
WEEKEND SCIAGURATO
Il primo maggio del 1994 arriva sotto gli auspici peggiori di un fine settimana orribile.
Una nuvola nera sembra pesare sul Gran premio di San Marino.
Nelle giornate di prove Rubens Barrichello scampa a un incidente terribile e il 34enne austriaco Roland Ratzenberger perde la vita in uno schianto in pista.
Nella gara di domenica, il preludio della tragedia è già al primo giro: il contatto tra due vetture proietta a distanza rottami che feriscono alcuni spettatori.
“Al settimo giro ci venne segnalato un incidente alla curva del Tamburello e feci partire subito la medical car”, racconta Domenico Salcito, allora chirurgo toraco-polmonare e vascolare all’Ospedale Maggiore di Bologna, viceresponsabile del servizio medico del tracciato di Imola, capo della ‘prima linea’ del servizio soccorso piloti.
OTTO SECONDI PER SPERARE
Alla regia medica, in sala monitor, c’è Giuseppe Piana, il più alto in grado tra i camici bianchi dell’autodromo, anch’egli in servizio al ‘Maggiore’, come responsabile del Pronto soccorso.
“In caso di incidente – racconta – ero solito contare fino a otto per vedere se il pilota riusciva a uscire da solo dall’auto. In caso contrario occorreva l’intervento della Fzero e dell’equipe di estirpazione”.
La monoposto che ha finito la sua traiettoria sulle barriere è quella del 34enne Ayrton Senna, il talento indiscusso e protagonista più amato del panorama motoristico dell’epoca.
Dalla Williams ferma in mezzo ai detriti spunta la testa reclinata del pilota.
“Non esce! Non esce!” è l’urlo per radio di Piana, che ordina il ‘lancio’ dell’auto medica, con conseguente bandiera rossa e stop della gara.
“Appena arrivati – racconta Salcito – ci rendemmo subito conto della tragedia. Col medico responsabile Fia, Sid Watkins, e con Federico Baccarini, rianimatore, trovammo sul posto Giuseppe Pezzi, il collega della postazione del Tamburello, che stava cercando di togliere il casco a Senna”.
L’operazione è resa difficile dal sangue del paziente che ostruisce la visuale.
“Allora aiutai Pezzi, che era letteralmente sdraiato sulla macchina, a recidere il cinghiolo del casco, indirizzando le forbici che stava usando”.
Tolto il casco, la visione è terribile, tanto che Salcito spiega di non averne mai rivelato i particolari. “Posso solo dire – dice il medico – che vidi un volto tumefatto. Il paziente era incosciente e necessitava di una stabilizzazione cardio-respiratoria”.
“Mi bastò uno sguardo per capire che Ayrton era vittima di un violentissimo trauma cranico, con lesioni encefaliche che ne condizionavano negativamente l’evoluzione”, aggiunge Piana.
La situazione è disperata al punto che si rompono tutti i protocolli: il paziente viene estratto dalla monoposto senza l’imbracatura e sulla pista atterra l’elicottero che lo porterà all’Ospedale Maggiore.
Sarà l’ultima corsa nella quale Piana e Salcito vedranno impegnato l’amico e campione brasiliano.
Senna morirà in ospedale qualche ora dopo, senza avere mai ripreso conoscenza, ucciso dall’acuminata terminazione della sospensione anteriore destra che, spezzatasi, penetrò dalla visiera del suo casco.
L’UNIVERSITÀ DEL SOCCORSO IN PISTA
L’Imola international medical team è l’associazione che ha raccolto il testimone del soccorso in pista nell’autodromo emiliano. “È nata nel 2013 con lo scopo di costituire un gruppo strutturato di sanitari specializzati”, spiega Davide Giovannini, presidente dell’associazione ‘Iimt’ e medico in medicina d’urgenza.
Formata da 20 medici, più infermieri e soccorritori, il team è stato fondato da camici bianchi che già prestavano servizio sul tracciato di Imola, come Mauro Divoli o Marco Bandini, attualmente Chief medical officer dell’autodromo, con un’esperienza di tanti anni a bordo della clinica mobile del dottor Costa.
Oltre a vigilare su manifestazioni come il campionato Superbike, l’associazione di occupa di corsi di formazione per il soccorso in pista. Un’attività sulla quale – grazie anche all’annunciato rinnovamento del centro medico dell’autodromo – i camici bianchi del tracciato vorrebbero puntare con maggiore convinzione, fino a costituire una sorta di ‘Università del soccorso in pista’.
Antioco Fois