Telemedicina, la sfida per un modello italiano
Negli ultimi dieci anni le tecnologie digitali offrono opportunità e possibilità che finora non si erano mai presentate nella storia della sanità. La telemedicina e tutte le sue implicazioni in rapida e continua evoluzione ne sono l’esempio più tangibile e lampante.
Ma parlare di telemedicina o di sanità digitale nel suo complesso, non significa parlare solo di novità tecnologiche.
Nessuna tecnologia, infatti, sarebbe da sola in grado di risolvere alcun problema: possono farlo solo i professionisti del settore sanitario, a patto che siano capaci di usare le novità a disposizione.
È più corretto allora parlare di un’innovazione della medicina che usa in maniera appropriata queste opportunità.
INTEGRAZIONE SISTEMICA (VIDEO)
Lo spiega il professor Francesco Gabbrielli, direttore del Centro Nazionale per la Telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità, nel video “Il percorso verso un’integrazione sistemica della telemedicina”, disponibile sul sito Tech2doc.
L’obiettivo, secondo il professore, deve essere arrivare a un “modello italiano di telemedicina”, costruito e modellato sul nostro sistema sanitario nazionale. Un cammino che comporta uno schema di riorganizzazione dei servizi territoriali, nel segno della connessione tra le varie e diverse strutture. E che tra i punti fondamentali ha necessariamente anche una revisione dei processi di lavoro.
IL MODELLO PATIENT DRIVER
Quest’ultimo argomento è al centro di un altro approfondimento, che analizza come superare un modello sanitario basato su una logica “industriale” – e quindi sulla quantità di prestazioni erogate – e arrivare a uno patient driver, che tenga conto cioè degli effettivi bisogni sanitari degli utenti.
Sono quattro le regole che vengono proposte: puntare su un’organizzazione orientata ai risultati e non ai compiti; fare in modo che ci deve utilizzare gli output del processo sia anche chi mette in atto il processo stesso; decentralizzare il processo decisionale per consentire ai professionisti che si trovano sul posto di decidere come meglio rispondere ai problemi che insorgono; tenere sempre a mente che i processi di erogazione dei servizi di telemedicina sono complessi e si differenziano per copertura territoriale, luogo di fruizione della prestazione, modalità, durata, rischio clinico, professionista erogatore, utenza e patologia.
Del resto, dalle ultime ricerche è emerso chiaramente come gli italiani si aspettino e desiderino un sistema sanitario migliore dalla telemedicina: il 94,3 per cento dei pazienti desidera una maggiore personalizzazione delle cure mentre il 92,9 per cento vorrebbe dei percorsi di cura ideati e sviluppati sulle esigenze personali del singolo, sia a domicilio che negli ospedali.
Il passaggio a un modello patient driver è sottolineato anche dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e che coinvolge dunque da un lato il management sanitario, e dall’altro le istituzioni.
Per trovare ulteriori approfondimenti sul tema telemedicina, su Tech2doc c’è una sezione dedicata.