Il 12esimo cavaliere del Covid

Antonino Di Caro (Foto: ©unicamillus.org)
Il quotidiano spagnolo ‘El Mundo’ lo descriveva come “el ‘padre’ del coronavirus en Europa”. Due mesi dopo il presidente Mattarella lo ha insignito del titolo di Cavaliere al merito della Repubblica, per aver contribuito a isolare per la prima volta in Europa il virus Covid-19 e aver condiviso il risultato del lavoro con gli altri Paesi.
Inizialmente passato in secondo piano sulla stampa, probabilmente per un difetto di comunicazione che lo vedeva inserito in una lista di biologi, Antonino Di Caro è in realtà il 12esimo cavaliere in camice bianco. Ed è stato premiato dal Quirinale assieme ad altri 56 cittadini che hanno reso servizio alla comunità durante l’emergenza coronavirus, in una selezione che spazia dal rugbista al rider, e che comprende appunto altri undici medici.
La strada verso il riconoscimento del Quirinale inizia dal laboratorio di Microbiologia dello “Spallanzani”, di cui Di Caro è direttore, unico medico tra biologi, dei nove componenti del team dell’Istituto nazionale per le malattie infettive premiati dal Capo dello Stato. Un’onorificenza che vale da riconoscimento al lavoro di tutti i camici bianchi della struttura, punto di eccellenza della ricerca in campo sanitario, dove è stata curata la coppia di turisti cinesi provenienti da Wuhan, i primi ad essere ricoverati in Italia perché ufficialmente positivi al coronavirus. Dimessi a metà marzo, i coniugi hanno di recente donato 40mila euro allo “Spallanzani”, per supportare la ricerca sul Covid.
Tornando al neo cavaliere, Di Caro dirige l’unità operativa complessa “Microbiologia e banca biologica” ed è stato responsabile dell’unità operativa semplice “Laboratori di biosicurezza” dello Spallanzani di Roma. Nato a Roma, di origini siciliane, il primario 64enne ha iniziato la carriera nel 1988 come virologo all’ospedale San Camillo. È passato attraverso collaborazioni con l’Oms e diversi progetti di ricerca in campo virologico, su Hiv, Ebola, Sars, e Dengue, la terribile “febbre spaccaossa”. Un medico dalla valigia sempre pronta, con i timbri di Guinea, Tanzania, Sierra Leone, Liberia, Albania sul passaporto e le relative esperienze professionali sul curriculum.
“È davvero pericoloso. Siamo solo all’inizio”, è l’essenziale identikit del Covid-19 che il primario aveva fatto a fine marzo ai giornalisti di ‘El Mundo’, descrivendo però con ottimismo la principale sfida da chiudere nel futuro prossimo: “Saremo in grado di trovare un trattamento o un vaccino”.
Antioco Fois