Il ‘dottorcosta’, angelo custode della Moto Gp
L’amore per le corse motociclistiche, la dedizione per la medicina, il sogno di proteggere i piloti dalla morte e rimetterli in sella il prima possibile.
Claudio Marcello Costa, medico 78 enne di Imola, è uno dei miti della Moto Gp.
Per tutti è il ‘dottorcosta’ – scritto rigorosamente minuscolo – inventore della Clinica mobile che ha salvato la vita a un gran numero di centauri che corrono nelle massime competizioni mondiali.
Il suo container ospedale, che viaggia al seguito del ‘circus’ del motomondiale compie 42 anni.
È stato varato nella prima versione nel ’77, esattamente 20 anni dopo il primo salvataggio che il medico appassionato di moto aveva messo in atto a Imola.
Un episodio che nel settore ha una valenza simbolica e sancisce la nascita di quel gruppo di camici bianchi ‘angeli custodi’ dei piloti.
Nel corso della gara entrò in pista, con le motociclette che sfrecciavano sul circuito, per portare in salvo Geoff Duke, pilota inglese che era caduto alla curva delle ‘acque minerali’ mentre gareggiava nella classe 500 della Coppa d’Oro Shell.
Nel ’72, da laureato in medicina e specializzato in Ortopedia e traumatologia, seguirà col primo team di colleghi la ‘200 miglia di Imola’, organizzata dal padre Checco, per fornire assistenza sanitaria ai piloti in caso di incidente.
Un servizio all’avanguardia per l’epoca, molto apprezzato nell’ambiente delle due ruote, tanto che il due volte campione del mondo Barry Sheene, in un’intervista, disse rivolto ai suoi colleghi: “Se dovete cadere fatelo a Imola, perché ci sono bravi dottori che vi possono salvare”.
La clinica mobile esordisce il primo maggio 1977 a Salisburgo “e quel giorno indimenticabile salvò la vita a Franco Uncini e Patrik Fernandez. Un miracolo che si è ripetuto molte volte”, racconta l’inventore del presidio viaggiante che sarà poi realizzato in cinque versioni.
La carriera del ‘dottorcosta’ – che conseguirà anche la specializzazione in Medicina dello sport – lo lega in maniera indissolubile al mondo delle corse e ai pazienti eccellenti che ha assistito.
“La clinica mobile – scrive Costa sul suo blog – è la mia casa, il senso e significato della mia vita, un dono meraviglioso che ho dedicato al mondo meraviglioso del motociclismo”.
Claudio Costa, che adesso si è dovuto allontanare dal mondo delle corse e ha dovuto affidare in altre mani la sua clinica, ha cercato per tutta la vita di dare una risposta a questa richiesta, sfidando i protocolli di cura e riportando nel più breve tempo possibile in sella quelli che sono i pazienti più veloci del mondo.
Numerosi i libri pubblicati e un film, autoprodotto e diretto da lui stesso, presentato lo scorso giugno all’autodromo di Imola. ‘Voglio correre’ non è un titolo a caso per il lungometraggio di due ore, ma cita il motto e l’esigenza interiore dei piloti infortunati che vogliono tornare in sella.
Antioco Fois