I frutti (magri) della Gestione separata Inps

La Gestione separata Inps è il fondo pensionistico che raccoglie i contributi previdenziali, tra gli altri, dei professionisti che non hanno una Cassa previdenziale di riferimento o tra quelli per cui la Cassa di riferimento non prevede un fondo specifico per l’attività svolta.

Oggi conta quasi un milione di posizioni attive, compresi i beneficiari di borse di studio per la frequenza dei corsi di dottorato di ricerca e soprattutto i medici con contratto di formazione specialistica, che pur essendo contribuenti dell’Enpam, versano all’Inps con molti dubbi in merito a quanto riceveranno.

Il contributo alla Gestione Separata è calcolato applicando alla base imponibile le aliquote vigenti nell’anno di riferimento: nel caso degli specializzandi, l’aliquota per i redditi del 2017 è fissata al 24 per cento.

Il piano pensione offre ai lavoratori iscritti una rendita vitalizia reversibile al 60 per cento di quanto versato nel corso degli anni.

L’importo della pensione viene calcolato col metodo contributivo, poiché si tratta di contributi versati dal 1996. L’ammontare sarà dunque proporzionale ai contributi versati, una volta rivalutati e trasformati in assegno col coefficiente di trasformazione corrispondente all’età del richiedente al momento della domanda di pensione.

La Gestione separata riconosce anche l’erogazione della pensione supplementare, una volta raggiunta l’età pensionabile, a chi possiede la pensione principale in un fondo diverso. La pensione supplementare viene erogata anche se inferiore al requisito minimo di 672 euro mensili, ma il suo importo sarà particolarmente  modesto anche  a fronte di abbondanti versamenti.

Per esempio, ipotizzando che la domanda sia inviata a 66 anni e 7 mesi di età, quindi con un coefficiente di trasformazione pari al 5,819 per cento, e considerando il montante contributivo esposto nell’estratto conto pari a 150mila euro, la pensione annua lorda ammonterà a circa 8.420 euro e quella mensile a 650 euro per 13 mensilità. Forse sarebbe stato meglio utilizzare i 150 mila euro versati all’Inps in altre attività finanziarie.

Claudio Testuzza

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