Contributi Inps, recupero a caro prezzo

Le regole attuali non facilitano il passaggio di versamenti previdenziali da un ente all’altro, ma anzi richiedono pagamenti aggiuntivi per saldare gli ‘spezzoni’

La contribuzione a diversi enti previdenziali è una realtà sempre più diffusa in conseguenza della progressiva precarizzazione dei rapporti di lavoro. Le regole del sistema tuttavia spesso non facilitano l’eventuale passaggio di quanto versato, ma anzi richiedono spesso pagamenti aggiuntivi per saldare quegli spezzoni creatisi negli anni a causa di norme spesso penalizzanti.

IL PASTICCIO DELLA RICONGIUNZIONE

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L’esempio più eclatante è quello delle ricongiunzioni onerose, un pasticcio che si trascina da più di cinque anni senza che nessun Governo abbia ancora risolto la questione. Quando fu istituita la possibilità di ricongiungere i contributi di diversi enti fu stabilito che questo fosse gratuito se avveniva presso l’Inps e a pagamento se presso l’Inpdap o altri enti che assicuravano un rendimento maggiore dei versamenti.

Nel 2010 però, una sentenza della Corte di giustizia europea impose al nostro Paese di innalzare l’età pensionabile delle lavoratrici del pubblico, portandola dai 60 ai 65 anni. Prima che i nuovi requisiti entrassero in vigore e per limitare il rischio di una fuga delle dipendenti pubbliche che avevano contributi anche nel privato, con un blitz il Governo stabilì allora che anche la ricongiunzione presso l’Inps fosse a pagamento.

Nella pratica il calcolo della ricongiunzione è simile a quello del riscatto della laurea a fine carriera, solo che i contributi sono già stati versati e quindi è come pagarli due volte. Il meccanismo fa sì che migliaia di lavoratori siano costretti a pagare una somma all’ente che dovrebbe liquidare loro la pensione finale, solo per vedersi sommati degli importi già accantonati durante la carriera lavorativa. Una beffa che può costare da qualche decina di migliaia di euro a fin oltre i 100mila euro, di fronte alla quale molti rinunciano perdendo parte dei versamenti che vengono incamerati dagli enti tra i cosiddetti ‘contributi silenti’.

LA ‘TOPPA’ DEL CUMULO

Sulla questione sono state presentate numerose proposte di legge e in Parlamento lo stesso ministro del Lavoro ha confermato la volontà del Governo di intervenire, ma al momento non si è ancora arrivati a una soluzione. Il Governo Monti con la legge di Stabilità 2012 corresse parzialmente la norma, introducendo la possibilità di ‘cumulo’ senza onere. L’istituto però funziona per la sola pensione di vecchiaia e a patto che il lavoratore non abbia già raggiunto i 20 anni di contribuzione in uno degli enti in cui ha versato. Un situazione in cui invece si ritrovano oggi un buon numero di 66 e 67enni a cui il meccanismo del cumulo converrebbe, ma che a causa di questo vincolo non possono utilizzarlo.

Per eliminare l’ostacolo a ottobre 2015 fu presentato un emendamento alla legge di Stabilità corredato da una stima dell’Inps che quantificava in un miliardo e mezzo il costo complessivo dell’operazione, prevedendo che i lavoratori coinvolti dal cumulo sarebbero stati più di 300mila. Le stime sono state tuttavia ritenute troppo prudenti dalla Ragioneria e la proposta di modifica è stata ritirata. Peraltro sarebbe opportuno consentire il cumulo dei contributi non solo ai fini della pensione di vecchiaia, ma anche per quella di anzianità, considerando già oggi che ormai ci vogliono più di 42 anni di contributi per conseguire la pensione anticipata: 41 anni e dieci mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini.

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RISCATTO

Il inpsriscatto permette, in forma onerosa, di recuperare, sia a fini dei requisiti che dell’importo della pensione, periodi di tempo in cui non si sono versati contributi. L’esempio più conosciuto riguarda gli anni di studio universitari: versando un importo, che aumenta progressivamente con l’innalzamento dell’età in cui si decide di riscattare, si realizza un incremento di un numero di anni pari alla durata del corso o dei corsi di studio. È possibile riscattare, tra le altre cose, anche i periodi di aspettativa per motivi familiari o di studio, gli anni di lavoro all’estero in Paesi non convenzionati con l’Italia, gli intervalli tra un lavoro e l’altro, tipici di attività professionali discontinue.

RICONGIUNZIONE

inps2La ricongiunzione dei contributi è quell’istituto che permette, a chi ha posizioni assicurative in gestioni previdenziali diverse, di riunire tutti i periodi contributivi presso un’unica gestione mediante trasferimento, allo scopo di ottenere una sola pensione. La ricongiunzione, che nella maggior parte dei casi è onerosa, avviene su domanda del diretto interessato o dei suoi superstiti. Il calcolo deve comprendere tutti i periodi di contribuzione (obbligatoria, volontaria, figurativa, riscattata) che il lavoratore ha maturato in almeno due diverse forme previdenziali fino al momento della richiesta e che non siano già stati utilizzati per liquidare una pensione. I periodi contributivi ricongiunti sono utilizzati come se fossero sempre stati versati nel fondo in cui sono stati unificati e danno quindi diritto a pensione in base ai requisiti previsti dal fondo stesso.

TOTALIZZAZIONE

inps3La totalizzazione, in una forma non onerosa dà la possibilità di poter recuperare spezzoni di contributi accreditati in più gestioni previdenziali al fine di poter raggiungere il requisito minimo del diritto a pensione. Con il decreto 42 del 2006 è stata disciplinata la totalizzazione riferita a qualsiasi forma di accredito sia per il lavoro dipendente sia per quello autonomo e questo appare particolarmente utile per i medici che contribuiscono spesso transitoriamente all’Enpam. Con la totalizzazione si ha la liquidazione da parte di ogni gestione verso cui si è, nel tempo, contribuito per quota di pensione in relazione alla contribuzione accreditata. Il risultato è un’unica pensione costituita dagli assegni pagati pro quota dalle varie gestioni. In genere per determinare la misura del trattamento si applica il sistema di calcolo contributivo.

CUMULO

inps4Con il cumulo si arriva a un risultato similare, ma a patto di non aver raggiunto i requisiti minimi in nessuna delle gestioni che si vogliono sommare. Il cumulo è vietato qualora gli assicurati risultino già titolari di un trattamento pensionistico in una delle gestioni interessate dal cumulo stesso, oppure abbiano perfezionato i requisiti per il diritto a un trattamento pensionistico autonomo. Una particolarità fortemente penalizzante per i contributi delle Casse libero professionali che, per effetto della previsione normativa, non possono entrare a far parte della ‘sommatoria’ dei periodi. Sul sito della Fondazione, è possibile approfondire altri temi della previdenza Inps cliccando qui.

LA RICONGIUNZIONE ALL’ENPAM

In Enpam la ricongiunzione è regolamentata dalla legge 45/1990, che stabilisce che l’operazione sia sempre onerosa. Solo in alcuni casi l’ammontare dei contributi trasferiti dagli altri Enti copre il costo della procedura, che può quindi definirsi senza esborsi da parte del richiedente. In caso di ricongiunzione di periodi contributivi che coincidono con quelli già accreditati, i benefici pensionistici si hanno solo sull’importo della rendita futura e non sull’anzianità contributiva utile per andare in pensione.

I tempi necessari per la definizione dell’operazione dipendono, in parte, dalla correttezza delle informazioni che l’iscritto fornisce agli Uffici all’atto della presentazione della domanda. È bene quindi specificare sempre presso quale gestione previdenziale sono stati accreditati i contributi da ricongiungere e, se possibile, i riferimenti temporali dei periodi. Per maggiori informazioni si possono consultare, tramite il sito della Fondazione, gli articoli 11-16 del Regolamento del Fondo di Previdenza Generale.

Claudio Testuzza

@FondazioneEnpam