Come la tecnologia potrebbe aiutare la diagnosi precoce del morbo di Parkinson
Uno studio personalizzato del sonno potrebbe consentire di individuare precocemente e in maniera più rapida il morbo di Parkinson.
È l’obiettivo del progetto Nap, programma di ricerca internazionale dell’Università di Pisa, che per la prima volta in questo campo d’indagine sfrutta organoidi cerebrali, ossia modelli cellulari tridimensionali avanzati del cervello umano.
Il Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa progressiva più diffusa al mondo e colpisce il 2-3 per cento degli individui di età superiore ai 65 anni.
Ridurre i tempi di diagnosi del morbo – anticipando il momento dei primi tremori, quando il 90 per cento dei neuroni è già compromesso – è fondamentale per il controllo della sua evoluzione e dunque per garantire ai pazienti una qualità della vita migliore.
Alla base della ricerca dell’Università di Pisa c’è un dispositivo che permette un’indagine del sonno, garantendo risultati più accurati di quelli che i classici metodi riescono a conseguire. Gli organoidi cerebrali verranno usati per mimare i ritmi sonno-veglia, ricreando i difetti nella morfologia delle cellule neuronali attribuibili al Parkinson.
Maggiori informazioni sul progetto di ricerca sono disponibili in questo approfondimento sul portale Tech2Doc.
Dopo la diagnosi, la tecnologia viene in aiuto anche nell’attenuazione dei sintomi del morbo.
Due studi americani, raccontati in questo articolo, hanno dimostrato come l’intelligenza artificiale abbia alcune potenzialità nel rallentamento della malattia.
Il New York Stem Cell Foundation Research Institute, ad esempio, ha ideato e progettato una piattaforma che integra i sistemi robotici in grado di studiare le cellule dei pazienti con algoritmi di intelligenza artificiale per l’analisi delle immagini: collaborando con Google Research, gli scienziati hanno identificato nuovi segni distintivi cellulari del Parkinson, raccogliendo oltre un milione di immagini da 91 pazienti.
Il sistema ha permesso di isolare ed espandere i fibroblasti da campioni di biopsia cutanea, etichettando diverse parti delle cellule dei pazienti con una tecnica – chiamata “Cell Painting” – che consente di determinare ciò che queste hanno in comune tra loro.
Un altro studio viene invece dal New Jersey e riguarda l’uso del Machine Learning (apprendimento automatico) per rilevare il Parkinson, concentrandosi sulla micrografia, un disturbo della scrittura fra i marcatori per la scoperta del morbo.
La ricerca utilizza l’apprendimento automatico guidato da un potente processore grafico (Gpu) dell’azienda americana Nvidia e un dataset di immagini open-source di esami di 53 persone sane e 105 pazienti affetti dal morbo.
Questo approfondimento su Tech2Doc fa un punto sulle potenzialità degli strumenti digitali nella gestione del Morbo di Parkinson.
Claudia Torrisi