Fisco pesante sulle pensioni
Rifletto sul malcontento, espresso da qualche collega, a proposito delle prestazioni previdenziali erogate. Da neo-pensionato non condivido tale malcontento o, piuttosto, mi sentirei di ribaltarlo sulle aliquote fiscali che gravano sulle nostre pensioni.
Si tratta, a mio modo di vedere, di una poco amichevole attitudine del fisco italiano verso i ceti medi, su cui l’Enpam non ha alcuna responsabilità: è ovvio che chi guadagna 50mila euro lordi all’ anno non costituisce problema sociale e mette insieme il pranzo con la cena senza problemi, tuttavia chi guadagnava 100 milioni di vecchie lire negli anni in cui ho iniziato la professione, poteva ben considerarsi benestante a tutti gli effetti… ma le aliquote non erano diverse!
Se posso azzardare un confronto, in Francia, paese con costi della vita paragonabili ai nostri, tali aliquote fiscali si impennano a partire da 70mila euro annui imponibili.
Giorgio Boccassini
Gentile Collega,
il fisco italiano è sempre più pesante e questo è un dato che è emerso anche nell’ultimo rapporto dell’Ocse, secondo il quale abbiamo guadagnato il quinto posto quanto a pressione fiscale tra i paesi industrializzati, avanzando di due posizioni in un anno.
Quanto alle pensioni sollevi un tema dolente su cui l’Enpam insieme all’Adepp, l’associazione degli enti di previdenza privatizzati di cui siamo capofila, discute da tempo con la politica.
C’è da tenere presente infatti che, a differenza dell’Inps, le casse dei professionisti, tra cui l’Enpam, non gravano sullo Stato. Eppure il prelievo fiscale sui pensionati è duplice: una prima volta indirettamente, attraverso le tasse che gli enti devono versare sui rendimenti del patrimonio, che servono a pagare le pensioni agli iscritti, e una seconda volta direttamente, perché quelle pensioni poi sono tassate integralmente.
Una duplicazione che non riflette lo standard europeo e penalizza tutti i professionisti italiani, non solo i medici e gli odontoiatri, perché di fatto sono costretti ad accantonare più risorse per la pensione, proprio a causa della tassazione elevata, e a scaricare gli extra costi sui clienti/pazienti, con effetti evidentemente negativi sulla loro capacità competitiva nello scenario del mercato europeo.
In questi anni come Enpam, facendo leva sulla nostra autonomia, abbiamo fatto tutte le scelte possibili per non indebolire il potere di acquisto delle pensioni dei nostri iscritti: non abbiamo bloccato la perequazione ma abbiamo sempre aggiornato le pensioni all’inflazione e non abbiamo , tagliato le cosiddette pensioni d’oro, manovre queste che invece hanno riguardato le pensioni pubbliche.
Ora alla politica chiediamo una riforma del sistema di tassazione: auspichiamo che si possa arrivare a una defiscalizzazione dei rendimenti per poter dare più prestazioni agli iscritti o, nel caso non sia possibile, una fiscalità di scopo che serva a drenare risorse nel sistema sanitario nazionale e nella ricerca scientifica in modo da favorire lo sviluppo delle opportunità professionali dei nostri iscritti.
Tieni presente che nel 2020 l’Enpam ha versato allo Stato 186 milioni di euro di tasse mentre ai medici e agli odontoiatri in difficoltà per il Covid ha dato 178 milioni di euro.
Bisogna anche dire che lo Stato ci ha rimborsato 90 milioni di euro che avevamo anticipato come reddito di ultima istanza ai professionisti e che quest’anno si è fatto carico dell’esonero contributivo per i più danneggiati. Speriamo che sia l’inizio di un’inversione di tendenza.
Alberto Oliveti
Presidente Fondazione Enpam