Rientro a scuola, pediatri: niente certificato senza tampone
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(Foto: ©GettyImages/FreshSplash)
Per il rientro a scuola dei bambini dopo tre giorni di malattia alcune Regioni chiedono ai medici di produrre un’idonea certificazione, ma i tempi per l’esito dei tamponi male si accordano con la burocrazia.
“ATTESTATO” NON “CERTIFICATO”
La documentazione che i bambini dovranno presentare a scuola dopo un periodo di assenza per malattia, anche breve, ma con sintomi influenzali, è diventata l’oggetto del contendere tra Regioni e scuole da un parte, e pediatri dall’altra.
Secondo molti presidi infatti, supportati in questo da direttive amministrative di carattere regionale, per tornare a scuola dopo tre giorni di assenza per malattia basterà presentare il classico certificato.
“In presenza di sintomi influenzali – spiega invece Paolo Biasci, consigliere di amministrazione dell’Enpam e presidente della Federazione italiana medici pediatri – bisognerà prima sottoporre il bambino comunque a un tampone, scongiurando così il contagio da Covid-19, e solo allora, si potrà garantire, tramite un attestato, il rientro in classe senza pericoli per nessuno”.
Una prassi giustificata dal fatto che i sintomi della classica influenza invernale, dalla febbre alle riniti, dal mal di testa al mal di gola, dalla tosse ai disturbi gastrointestinali, possono subdolamente sovrapporsi proprio a quelli del Covid-19.
“Quale pediatra allora – sottolinea Biasci – si prenderà la responsabilità di rimandare a scuola un bambino che ha avuto questi sintomi e che non ha fatto il tampone? E a nulla – aggiunge – servirà constatare la sparizione di questi stessi sintomi, magari anche solo dopo tre giorni, perché purtroppo è noto che il tempo di incubazione del Covid-19 può essere anche di 15 giorni”.
Una presa di posizione forte, il cui obiettivo è molto chiaro.
“La scuola che accettasse il rientro in classe di un bambino con un semplice certificato dopo tre giorni di assenza – avverte Biasci – potrebbe mettere a rischio la salute di tanti altri alunni e insegnanti. È per questo che per noi pediatri, il ritorno a scuola potrà avvenire solo dopo l’attestazione che non esiste un contagio da Covid-19”.
E qui sorge un altro problema, legato ai tempi con i quali vengono eseguiti i tamponi in caso di allerta data da un pediatra.
“Dal momento in cui con un triage telefonico rilevo la potenziale presenza di un infezione – racconta sempre Biasci – a quando materialmente viene eseguito il tampone, può trascorrere un bel po’ di tempo. Con il risultato che in alcuni casi il rientro a scuola può avvenire anche dopo 6 o 7 giorni”.
Ritardi che non hanno niente a che fare con la scienza, ma semmai con l’organizzazione sanitaria sul territorio.
“Lo sapevano da mesi che la scuola sarebbe ripresa il 15 settembre – attacca il consigliere Enpam – eppure in molte Regioni, per avere un tampone su richiesta pediatrica, ci possono volere giorni, a differenza di quanto avviene in ospedale, dove il responso può arrivare anche nel giro di poche ore”.
In questo senso la soluzione ci sarebbe.
“Si deve investire sul territorio, come d’altronde alcuni politici avevano promesso di fare – dice Biasci – . Bisogna aumentare in maniera considerevole il numero di tamponi, attivare più punti di prelievo a livello locale e soprattutto dotarsi di personale aggiuntivo”.
E attenzione a chi parla di test anti Covid-19 veloci, come ad esempio quelli salivari, che darebbero il responso anche in soli 20 minuti. “Si tratta di tecniche ancora non accreditate – taglia corto il presidente Fimp – la cui validità non è stata certificata dall’Istituto superiore di sanità, e conviene dunque non fidarsi”.
NUOVI ISCRITTI
Lo stesso Biasci boccia come prive di fondamento le richieste avanzate da alcune strutture private che chiedono un certificato di buona salute per l’ammissione dei nuovi iscritti. “Non c’è nessuna legge che lo impone” spiega il consigliere Enpam.
Giuseppe Cordasco