Voglia di malloppo

PresOkCi risiamo. L’Enpam è di nuovo tornato al centro delle attenzioni dei media. Recentemente una nota  trasmissione televisiva ha definito il nostro patrimonio usando il termine “malloppo”, parola che secondo il  dizionario significa “bottino, refurtiva”. Come se i 15 miliardi che costituiscono la riserva legale della  Fondazione fossero il provento di una rapina e non il frutto del lavoro dei medici e degli odontoiatri, che per anni hanno versato parte del loro reddito per garantirsi una pensione adeguata.

Secondo quella stessa trasmissione, coloro che gestiscono gli enti di previdenza dei professionisti “sembra  che di fatto facciano un po’ quello che vogliono”. Si dice poi che “è impossibile capire dove sono finiti tutti i miliardi investiti in prodotti finanziari indecifrabili”. I pensionati, inoltre, vengono descritti come “bambini  che non hanno protezione”.

A guardare la Tv verrebbe quasi da dire: chiamiamo il telefono azzurro e togliamo la patria potestà a questi cattivi genitori. Intanto i bambini li mettiamo in orfanotrofio. E il malloppo magari se lo prende lo Stato, che ha anche tante altre bocche da sfamare.

Ovviamente non una parola è stata spesa sulle cose buone fatte, anche perché si sarebbe corso il rischio di contraddire il teorema su cui era stata costruita la puntata. Di fronte a quest’amnesia generale, io parlo per me: ho cominciato a impegnarmi per l’Ente di previdenza della categoria dallo scorso millennio, nell’estate  del 2010 ne sono diventato vicepresidente e dal 2012 lo amministro, in qualità di presidente.

Due le cose fatte, insieme al Consiglio di amministrazione, a riguardo del patrimonio. Da una parte abbiamo gestito l’esistente, recuperando valore laddove era calato ed evitando che i rischi si tramutassero in perdite. Dall’altra abbiamo innovato il modello di gestione degli investimenti, prevedendo procedure, controlli  incrociati e nuove cautele (la regola dello “Zero virgola”, quando si tratta di pagare percentuali a banche e intermediari).

L’Enpam cioè ha fatto la sua rivoluzione di paradigma, passando da un sistema fatto di scelte discrezionali a uno caratterizzato da percorsi prevedibili e decisioni tracciabili. Questa rivoluzione, fatta nel 2011, ha previsto anche l’adozione di modalità di investimento che, non a caso, i più grandi fondi al mondo hanno adottato in seguito.

Il nostro sistema, cioè, è in grado di mantenersi in autonomia, a differenza della previdenza di Stato, che necessita di continue iniezioni di denaro pubblico per ripianare il deficit.

Oggi i medici e gli odontoiatri si ritrovano con un Ente in grado di assicurare una sostenibilità a oltre mezzo secolo e con un patrimonio in crescita, a garanzia del pagamento delle pensioni attuali e future. Il nostro sistema, cioè, è in grado di mantenersi in autonomia, a differenza della previdenza di Stato, che necessita di continue iniezioni di denaro pubblico per ripianare il deficit.

A vent’anni dal decreto che ha sancito la sua privatizzazione, l’Enpam risulta vincente dal confronto con il pubblico. Le riserve economiche sono congrue e servono a tutelare i giovani, che peraltro – per effetto di obblighi di legge – dovranno fare sacrifici più grandi rispetto alle generazioni precedenti.

Eppure c’è chi, in maniera seriale, continua a gettare fango sull’immagine della Fondazione e a insinuare dei dubbi sulla sua capacità di gestione. Non c’è da stupirsi che poi qualcuno finisca per rappresentare il patrimonio della Fondazione come un “malloppo”.

A chi giova tutto ciò? Speriamo non sia un pretesto per sottrarre i nostri risparmi, imponendo altre riforme lacrime e sangue che costringeranno i giovani a fare altri buchi nella cinta.

di Alberto Oliveti
Presidente della Fondazione Enpam

Twitter: @FondazioneEnpam