Vaccini per operatori sanitari, l’obbligo scalda il dibattito

Introdurre un obbligo vaccinale che coinvolga operatori sanitari, ma anche tutto il personale che opera a qualsiasi titolo nelle scuole e nei servizi educativi.

È in sintesi il contenuto dell’emendamento presentato dal deputato e medico oculista Paolo Russo di Forza Italia al decreto Milleproroghe, attualmente in discussione alla Camera.

La proposta, insieme allo stop del governo alla legge della Regione Puglia che introduceva la vaccinazione tra i requisiti di idoneità lavorativa nelle strutture sanitarie, ha riacceso il dibattito sul tema.

“Su questo argomento, tutti gli autorevoli auditi in commissione hanno riferito che, valutando gli aspetti statistici ed epidemiologici dell’ultima epidemia di morbillo, una rilevante percentuale di malati, intorno al 22 per cento, riguardava operatori sanitari”, dice Russo al Giornale della Previdenza.

Nell’ultima epidemia di morbillo una rilevante percentuale di malati, intorno al 22 per cento, riguardava operatori sanitari

Il deputato sottolinea che “quando il pregiudizio contro il vaccino non si riesce a sconfiggere con la conoscenza, lo studio e la divulgazione è evidente che occorre l’obbligo, anche se come ultima ratio”.

Il 4 settembre scorso, durante l’audizione alla Camera della Fnomceo, Pierluigi Lopalco professore di Igiene e Medicina preventiva all’Università di Pisa, affiancando il presidente Filippo Anelli, ha ricordato che gli operatori sanitari  “sono oggi per la maggior parte appartenenti alla fascia d’età che non si vaccinava, perché il vaccino per il morbillo non era ancora disponibile, e non sono mai stati recuperati. Quindi, anche se la quota di chi non è vaccinato e non ha fatto il morbillo è molto bassa, per questi soggetti il rischio di ammalarsi è molto elevato perché sono fortemente esposti al virus”.

Anche se la quota di chi non è vaccinato e non ha fatto il morbillo è molto bassa, per questi soggetti il rischio di ammalarsi è molto elevato

Lopalco sottolinea che per questo tipo vaccinazioni un’idea di obbligo sarebbe molto ragionevole, soprattutto per operatori sanitari a contatto con pazienti fragili.

“Immaginiamo infatti cosa potrebbe succedere in un reparto di oncoematologia o terapia intensiva neonatale in cui ci sia un operatore che sta incubando la varicella” dice Lopalco. “Anche se la percentuale non è alta, deve essere azzerata perché non possiamo permettere che circolino in ospedale operatori sanitari suscettibili a questa malattia”.

Da parte sua il ministero della Salute, in una circolare d’agosto, ha ricordato l’importanza della vaccinazione degli operatori e degli studenti dell’area sanitaria, soprattutto quelli frequentanti i reparti a maggior rischio, invitando alla promozione delle vaccinazioni per morbillo, parotite, rosolia, pertosse, varicella, epatite B e influenza.

 

LO SCONTRO TRA GOVERNO E REGIONE PUGLIA

Ad oggi, non esiste un obbligo nazionale di vaccinazione per gli operatori sanitari, ma solo una legge  approvata dal consiglio regionale pugliese, sulla quale si è recentemente aperto lo scontro  col governo.

Nel mese di agosto l’esecutivo ha infatti impugnato la norma, perché imponendo obblighi di vaccinazione andrebbe oltre le competenze regionali.

L’ultima parola spetta ora alla Corte costituzionale, chiamata a esprimersi sulla questione.

Ad aver affrontato il tema è anche l’Emilia Romagna, che ha però utilizzato un meccanismo diverso: non una legge regionale, ma una sorta di regolamento che limita la possibilità di lavorare nei reparti di oncologia, ematologia, neonatologia, ostetricia, pediatria, malattie infettive, pronto soccorso e centri trapianti solo agli operatori sanitari che risultano immuni a morbillo, parotite, rosolia e varicella.

Maria Chiara Furlò