Quota 100, contributi Enpam non cumulabili

I contributi Enpam non possono essere cumulati con quelli Inps per raggiungere l’anzianità necessaria ad andare in pensione con “Quota 100”. Lo dice il testo del decreto con cui il Governo introduce la misura.

Dopo un tira e molla di alcune settimane il Governo ha approvato il documento, passibile ancora tuttavia di modifiche nel consueto iter di conversione parlamentare, relativo all’introduzione del reddito di cittadinanza e alla modifica della legge Fornero con la proposizione di un pensionamento d’anzianità sperimentale per tre anni.

La “Quota 100” permetterà dunque per gli anni 2019/2021 di accedere al trattamento pensionistico con un’anzianità anagrafica di 62 anni, adeguata alla speranza di vita, e almeno 38 anni di contributi.

Il provvedimento ha inoltre previsto una clausola di salvaguardia salva-spesa qualora dal monitoraggio dovessero riscontrarsi scostamenti rispetto a quanto stanziato per la sua spesa.

Infatti secondo le stime del Governo l’anticipo dovrebbe interessare, nei tre anni programmati, circa un milione di lavoratori prevedendosi poi dal 2022 l’uscita a 41 anni di contribuzione senza i limiti dell’età anagrafica.

Ricordiamo che la nuova norma di pensionamento anticipato non riguarda gli iscritti alle casse professionali, come è il caso dei medici libero professionisti e/o convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, che afferiscono previdenzialmente all’Enpam.

A questo riguardo, almeno per coloro che già iscritti all’Enpam in seguito fossero passati al lavoro dipendente, c’è da rilevare che recentemente è stata introdotta una norma che consente di cumulare i periodi di contribuzione alla Cassa professionale a quelli propri dell’istituto previdenziale pubblico, al fine di cumulare le anzianità maturate nei due enti per raggiungere i criteri di anzianità contributiva utili al pensionamento.

Ma all’articolo 14 del provvedimento si legge attualmente che “ai fini del conseguimento del diritto alla pensione Quota 100, gli iscritti a due o più gestioni previdenziali di cui al comma 1, che non siano già titolari di trattamento pensionistico a carico di una delle predette gestioni, hanno facoltà di cumulare i periodi assicurativi non coincidenti nelle stesse gestioni amministrate dall’Inps…”, limitando, così, la possibilità di cumulare solamente i periodi di contribuzione prodotti alle sole gestioni amministrate dall’Inps e non ad altre.

Unaffermazione che costituirebbe una grave limitazione e un’ingiusta riduzione di un diritto da pochissimo affermato.

CHI POTRÀ USUFRUIRNE

L’operazione Quota 100 consentirà ai lavoratori che hanno maturato entro il 31 dicembre 2018 i requisiti previsti, di conseguire il trattamento pensionistico dal 1° aprile 2019.

Coloro che li maturano dal 1° gennaio 2019 conseguiranno il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti stessi.

Tenuto conto della specificità del rapporto d’impiego nella pubblica amministrazione, i dipendenti pubblici che hanno maturato entro il 31 dicembre 2018 i requisiti conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico dal 1° agosto 2019.

I dipendenti pubblici che li maturano dal 1° gennaio 2019 conseguono il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico trascorsi sei mesi dalla data di maturazione dei requisiti stessi e la domanda di collocamento a riposo dovrà essere presentata all’amministrazione di appartenenza con un preavviso di sei mesi.

È stata poi confermata la non cumulabilità fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale nel limite previsto di circa 5mila euro annui.

Per quanto attiene l’erogazione della liquidazione dei dipendenti pubblici, sino a ora prevista con una serie di scaglionamenti che allungano sino a tre anni la possibilità di poterla recepire, il Governo, per evitarne un ulteriore differimento – essendo stata comunque prevista la sua attribuzione solamente al raggiungimento dell’età di vecchiaia – ha assicurato una formula che garantirà da subito sino 30mila euro (aumentabili, in corso di conversione del decreto) favorendo un’anticipazione della parte residua grazie a un prestito bancario in parte coperto dallo Stato.

RISCATTI AGEVOLATI

Due provvedimenti importanti sono stati introdotti per favorire soprattutto coloro che ricadono integralmente nel sistema contributivo.

Si tratta del riscatto di periodi senza contributi collocati a partire dal 1996, in una forbice temporale compresa fra il primo versamento contributivo e l’ultimo accredito in una gestione Inps, per la misura massima di cinque anni.

La spesa calcolata con le norme attuali, rateizzabile in cinque anni senza interessi, costituirà un onere detraibile nella misura del 50 per cento abbattendo la sua imposta lorda nell’anno di pagamento e nei quattro anni successivi.

Un altro vantaggio riguarderà il riscatto, previsto fino a cinque anni con un versamento minimo, degli anni di laurea per coloro che abbiano iniziato a lavorare dopo il 1996 e ricadono per intero nel regime contributivo.

L’agevolazione viene offerta a chi ha meno di 45 anni ai fini del diritto alla pensione e non all’incremento del suo importo (o fino a 50 anni in basse alle ultime ipotesi fatte circolare da esponenti di Governo, secondo i quali il riscatto potrebbe assumere un “peso” anche ai fini del calcolo dell’assegno pensionistico, ndr).

OPZIONE DONNA, APE SOCIALE E FINESTRE

È stata poi prorogata sino a tutto il 2019 l’opzione donna che consente di andare in pensione, con il calcolo del trattamento totalmente con il sistema contributivo, alle lavoratrici dipendenti nate entro il 31 dicembre 1960 e a quelle autonome nate entro il 31 dicembre 1959 che abbiano maturato un’anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni al 31 dicembre 2018.

Per loro sono comunque previste le “finestre” mobili di 12 o di 18 mesi.

Una finestra di tre mesi è prevista anche per il pensionamento anticipato a 41 anni e dieci mesi per le donne e di 42 anni e 10 mesi per gli uomini, alla cui anzianità non viene aggiunto il previsto incremento di cinque mesi della speranza di vita.

Allungata di un altro anno anche la possibilità di accedere all’Ape sociale per una serie di categorie particolarmente disagiate, mentre i lavoratori precoci potranno andare in pensione ancora con 41 anni di contributi ma con una finestra di tre mesi dalla maturazione dei requisiti.

Claudio Testuzza