Per avere la stessa pensione bisognerà lavorare di più

inpsIl parametro di calcolo contributivo della riforma Dini per un 65enne oggi corrisponde a quello di chi ne festeggia 69.Lo avevano affermato già in passato gli attuari dell’Inps: “nessuna preoccupazione, in futuro si avranno le stesse pensioni del passato, bisognerà, solamente, lavorare qualche anno di più “ ! Il sistema di calcolo previdenziale contributivo, introdotto per i nuovi assunti nel 1996, e a cui , a partire dal 2012, sono soggetti tutti i lavoratori, compresi coloro che potevano far valere 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, i quali continueranno, comunque, a beneficiare del più favorevole calcolo retributivo per la quota di anzianità maturata sino al 31 dicembre 2011, attiva una serie di interventi che riducono gli importi delle pensioni. Il più importante ed anche il più negativo è rappresentato dalla variazione dei così detti coefficienti di trasformazione. Cioè i parametri con cui viene calcolata la pensione.

La riforma Dini, si disse allora e si afferma ancora oggi, ha introdotto il metodo contributivo per garantire la sostenibilità del sistema ed affermare un principio di equità. Infatti, attraverso i coefficienti di trasformazione si realizza l’equivalenza attuariale fra i contributi versati e le prestazioni ricevute. La riforma del 1995 consapevole che le dinamiche della vita hanno una incidenza significativa solo nel lungo periodo, aveva stabilito, però, che la revisione dei coefficienti di trasformazione fosse decennale. La legge Prodi del 2007, invece, drasticamente ridusse il periodo da dieci anni a tre. E la riforma Fornero, addirittura da tre anni a due. Così che dal 1° gennaio sono entrati in vigore i nuovi coefficienti di trasformazione, i moltiplicatori che servono per calcolare l’importo della pensione determinata con il metodo contributivo.

Rispetto ai valori utilizzati sino al 31 dicembre 2015, i nuovi coefficienti fanno registrare una riduzione che, a seconda dell’età di accesso alla pensione, varia da un minimo dell’1,35 % a un massimo del 2,50 %. Un calo apparentemente modesto, ma che confrontati a quelli originari della riforma Dini del 1995, sono calati complessivamente di oltre il 12% . Ed è questo calo, evidentemente, che produce il taglio delle rendite. E, quindi, nulla di buono per gli aspiranti pensionati che nel 2016 avranno un assegno Inps più leggero di quello intascato dai colleghi che hanno lasciato il posto di lavoro nel 2015.

inps2La revisione dei coefficienti, legati all’età alla quale si va in pensione (sono più bassi se si esce dal lavoro prima e più alti se si esce dopo), dipende dall’allungamento della vita media. Infatti ipotizzando che, se si riceve l’assegno per più tempo, a parità di età di uscita dal lavoro, l’importo, legato ai contributi versati nella propria vita lavorativa, viene ridotto.

Confrontando i coefficienti previsti nel 1995 con quelli di quest’anno si nota che il valore della legge Dini per i 65 anni (6,136 %) lo si ritrova a 69 anni (6,135 %). Ciò significa che l’andamento demografico negli ultimi 20 anni ha comportato un aumento della speranza di vita di ben quattro anni. Il lavoratore che volesse andare in pensione per ottenere la stessa rendita, dovrà lavorare ben quattro anni in più.

Altro aspetto negativo di questa sistematica variazione dei coefficienti è che la loro modifica incide integralmente su tutti gli importi dei contributi versati negli anni, il così detto montante. Infatti il calcolo previdenziale attuale   non prevede nessun pro rata. Cioè procede al calcolo complessivo con l’ultimo coefficiente in vigore e non considera i coefficienti degli anni precedenti per i contributi allora versati.

Claudio Testuzza

@FondazioneEnpam