Medici fra le contraddizioni

Oggi ci spiegano quanto per i nostri figli siano indispensabili le competenze trasversali, le soft skills.

Nel mondo medico invece l’equivalente delle soft skills, cioè la competenza generalista, passa in secondo piano rispetto al primato dello specialismo.

In altri termini, ai nostri figli per affrontare il futuro viene chiesto di essere duttili e multitasking mentre a noi medici la specializzazione viene quasi imposta come prerequisito per poter lavorare.

Non è una contraddizione?

Una seconda contraddizione è legata al sostentamento del Servizio sanitario nazionale: l’Ssn viene finanziato con la fiscalità generale, ma allo stesso tempo si defiscalizzano le spese per i piani di sanità integrativa, magari per prestazioni già concesse nel pubblico, con il risultato di diminuire le risorse potenzialmente destinate al servizio sanitario universale.

Una contraddizione tanto più marcata se si pensa che spesso questi piani vengono proposti come benefit nelle contrattazioni di lavoro, collegando sempre di più il diritto alla salute con il possesso di un’occupazione.

C’è poi la contraddizione legata all’opting out, la scelta di fare a meno della sanità pubblica se ci si può permettere una copertura privata.

In Italia questa possibilità non c’è, ma uno scenario del genere non tarderà a diventare verosimile se si instaureranno dei meccanismi disincentivanti.

Un esempio potrebbe essere lo stesso super ticket calcolato in base alla situazione economica.

Oggi chi ha un reddito paga già con le proprie imposte progressive il servizio sanitario di tutti.

Chiedere ai maggiori contribuenti di sborsare, in aggiunta, una cifra superiore per l’accesso ai servizi pubblici potrebbe spingerli semplicemente a scegliere quelli privati.

E un domani a chiedere di essere esentati dal pagare tasse per una sanità di cui non usufruiscono.

In Inghilterra una forma di opting out già esiste, seppur in via sperimentale: puoi scegliere di essere seguito attraverso l’app Babylon Health, il cui servizio ti viene erogato gratuitamente se rinunci al medico di famiglia.

La quota capitaria, cioè, non viene più versata al dottore in carne e ossa ma alla compagnia privata che organizza il servizio telematico.

Contraddittori in Italia sono anche i Lea.

Livelli di assistenza definiti essenziali, che però nei fatti non sono tutti esigibili e in ogni caso non lo sono ovunque.

Abbiamo poi il nodo della formazione, con gli accessi calcolati sui fabbisogni del Servizio sanitario nazionale, senza considerare che si lavora anche nel privato e, soprattutto, che tantissimi camici bianchi scelgono di andare all’estero.

Per quale ragione? O perché sono pagati poco o perché sono insoddisfatti professionalmente.

Sulla questione soddisfazione professionale dobbiamo riaprire il discorso sull’Accademia e rivedere il sistema di formazione.
Oggi, tra durata della scuola superiore e tempi morti, un neoabilitato parte già con due anni di ritardo rispetto a un collega straniero.

Non basta: una volta laureato e certificato dallo Stato e dall’Ordine come adeguatamente formato, il medico viene sempre più spesso considerato ai blocchi di partenza e non già in grado di esercitare la professione.

Non è contraddittorio? Sulla remunerazione infine la contraddizione è massima.

Il medico è centrale nel Ssn ma rispetto al resto d’Europa è pesantemente sottopagato.

La politica retributiva così lo spinge a non poter accettare un rapporto di lavoro esclusivo e a dover cercare un giusto ritorno economico al di fuori dell’orario di lavoro o di quel settore pubblico che ha sostenuto costi importanti per formarlo.

Oggi che per la Salute c’è Speranza, elencate tutte le contraddizioni, anche noi vogliamo sperare.

Competenze, rischio di opting out, livelli essenziali di assistenza non garantiti, formazione e remunerazione: sono tutti aspetti contraddittori

Alberto Oliveti
Presidente della Fondazione Enpam