Lettere al Presidente: riconoscere il lavoro nella medicina generale

Gentile presidente,

sono un medico, laureata da 6 anni e quotidianamente mi sento chiedere: “lei è specializzata in..?” e ovviamente la mia risposta rimane: “in niente”, perché da anni tento invano di poter accedere al corso di formazione di medicina generale.

Come me, ci sono tanti colleghi che pagherebbero pur di poter finire la propria formazione e la cosa che mi dà più rabbia è vedere scritto nei giornali che la medicina generale agli studenti non piace (per una serie di motivi), che tra circa 10 anni si avrà una seria carenza di Medici di medicina generale, che i colleghi che stanno svolgendo il corso lo stanno facendo per ripiego e che 800 euro al mese di borsa di studio sono pochi.

So benissimo che voi vi siete sempre battuti per far fronte a questo problema. Ma da anni mi chiedo come mai non si è mai pensato di dare la possibilità a chi come me desidera fortemente fare il medico di medicina generale titolare, di avere almeno un punteggio di servizio del lavoro svolto in continuità assistenziale o in medicina generale negli anni precedenti, in modo da avere un vantaggio rispetto a chi si è appena laureato e prova il concorso per la prima volta (senza aver fatto nemmeno 1 giorno di lavoro)?

Attualmente loro sono avvantaggiati poiché per stesso punteggio passa avanti chi è più giovane e chi si è laureato da poco.

Perché non ci danno la possibilità di avere dei posti riservati (una decina di posti) ai quali poter accedere tramite domanda scritta in carta libera e secondo graduatoria per punteggio di servizio, come si fa per i colleghi iscritti in Facoltà nel 1991?

Per quale motivo, noi che svolgiamo l’attività di medico di medicina generale da anni se pur in sostituzione di altri medici titolari, avremmo bisogno di un corso di formazione in medicina generale per poter accedere alla graduatoria regionale?

So già che le mie domande non avranno alcuna risposta, ma dobbiamo cercare di smuovere qualcosa in questo sistema che è tutto tranne meritocratico.

Elisa Lucania

 

Gentile collega,

condivido l’impostazione della tua domanda, vorrei però precisare un passaggio. Non parlerei tanto di un vantaggio che, in un sistema purtroppo chiuso come il nostro, automaticamente si collega con lo svantaggio di qualcun altro. Vorrei parlare piuttosto di un tuo legittimo diritto al riconoscimento dell’attività professionale svolta.

È giusto che ti venga riconosciuto il servizio di lavoro effettuato nell’area della medicina generale, come sostituto di un medico di assistenza primaria o nella continuità assistenziale.

È un dato di fatto che ci sarà un cratere nella medicina generale del futuro a causa di una scarsa programmazione, e la medicina sul territorio è un elemento fondamentale per far funzionare il Servizio sanitario nazionale.

Non credo che la soluzione sia quella di fare corsie parallele con posti riservati. Penso piuttosto che tutti quelli che possono lavorare nella medicina generale debbano essere i benvenuti per far sì, appunto, che questo cratere si chiuda.

La professione del medico di famiglia deve prevedere un corso di formazione, anzi penso che debba diventare una specializzazione riconosciuta accademicamente al pari delle altre specializzazioni . È comunque indubbio che il lavoro svolto, nella medicina generale o nella continuità assistenziale, debba avere il giusto riconoscimento nell’ambito di questo percorso.

Alberto Oliveti
Presidente Fondazione Enpam