Lettera al Presidente: La sanità integrativa è la risposta?

In un intervento su Quotidiano Sanità, l’amministratore delegato di RBM Assicurazione Salute, Marco Vecchietti, sostiene che la sanità integrativa sia la soluzione alle criticità del sistema sanitario nazionale. Ecco la risposta di Alberto Oliveti. Per leggere il testo dell’intera lettera si veda qui.

 

Ragionando seriamente in difesa del suo concetto di Sanità integrativa, Vecchietti parla di “esperti di settore” che, per intercettare l’opinione pubblica, si stanno improvvisando in un’area di competenze “che appare tuttavia estranea alla formazione scientifica di chi si è da sempre votato al culto monoteistico del Servizio Sanitario Nazionale”.

Continuo a confidare, romanticamente, che anche solo una piccola parte di questi sia composta da cultori monoteistici della salute intesa come interesse collettivo, oltre che inalienabile diritto individuale.

Personalmente non credo alla tesi che la spesa sanitaria privata cresca esclusivamente per un’efficace strategia di marketing e di persuasione sociale. Se il sistema pubblico funzionasse il marketing privato sarebbe poco efficace.

In realtà, e per maggior quota, il singolo cittadino si trova a fine anno ad aver sborsato soldi per sanità privata, stante l’inefficienza della copertura pubblica. Inefficienza: qui sta il punto. Casuale o voluta?

Anche l’affermazione “a priori” sull’onestà intellettuale dei medici che opererebbero sempre nell’interesse dei pazienti è per me solo astrattamente condivisibile.

Infatti non si tiene conto della pressione che induce atti di medicina difensiva, con relativa lievitazione dei costi, né si considerano gli interessi degli stessi medici – i meno pagati tra Paesi comparabili – che trovano nel privato l’integrazione che gli manca, con evidente vantaggio dell’impresa, sollevata dal costo di formazione dei suoi professionisti, notoriamente fattore determinante per la produzione di utile.

Una domanda secca a questo punto mi preme, perché fondamentale. Nel progetto illustrato da Vecchietti chi paga, e come, il Secondo Pilastro Sanitario?

Come sappiamo il Ssn è finanziato attraverso la fiscalità generale mentre il cosiddetto “out of pocket” non intermediato da coperture assicurative, per quota parte è determinato da coloro che, ricchi o poveri che siano, ne fruiscono sulla spinta di un bisogno immediato non prevedibile e non coperto efficacemente dal pubblico.

In pratica, esprimono una inefficienza della copertura essenziale universalistica, costituendo una negazione rispetto al concetto che tutti abbiano “eguali diritti di fronte alla cura della malattia e alla prevenzione e promozione della salute” e che “ognuno contribuisca secondo reddito prodotto nel rispetto della solidarietà sociale”.

Se questo assunto nel suo modello resta valido, allora bisogna analizzare il vantaggio di inserire un Secondo Pilastro Sanitario rispetto all’opzione di revisionare il Primo, che vive di universalismo e di fiscalità generale. Credo lo si debba fare in una logica di efficienza, integrata, e non alternativa, valutando pro e contro tecnici e finanziari.

Vecchietti afferma che “in questo scenario l’avvio di un Secondo Pilastro anche in Sanità, sulla scia delle positive esperienze già avviate da diversi Paesi Europei che condividono con l’Italia un’impostazione di tipo universalistico all’assistenza sanitaria, potrebbe garantire una gestione più equa ed efficiente della spesa sanitaria di tasca propria delle famiglie italiane a prescindere dagli assetti e dagli interventi che saranno adottati per il Servizio Sanitario Nazionale”.

Tale affermazione corre il rischio di sembrare vagamente apodittica, se non si dimostra come si può conciliare il diritto inalienabile alla salute con l’efficienza, cioè efficacia al minor costo, e con il finanziamento secondo capacità.

In Francia, Germania ed Inghilterra, per intenderci, la Sanità costa di più e i risultati, in termini di salute, non appaiono inequivocabilmente superiori.

Alberto Oliveti
Presidente Fondazione Enpam