Le pensioni d’oro luccicano un poco di meno

È arrivato alla Camera il nuovo disegno di legge di Cinque Stelle e Lega sul taglio alle pensioni d’oro.

La proposta è stata depositata ufficialmente  in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati con alcuni accorgimenti rispetto alla bozza circolata agli inizi di agosto.

Le  critiche dell’ultimo mese, espresse da più parti, non hanno però fermato il cammino della iniziativa di legge M5S-Lega sul ricalcolo delle cosiddette ‘pensioni d’oro’.

Viene comunque prevista  una modifica sulla riduzione rispetto a quella indicata  precedentemente di 4mila euro netti al mese, circa 80 mila euro lordi l’anno, portandola ad un taglio delle quote retributive delle pensioni e degli assegni vitalizi superiori, adesso, a 4.500 euro netti al mese, circa 90mila euro lordi l’anno.

Ricordando che il limite dall’accordo di programma dei due partiti al Governo era previsto  sui  trattamenti pensionistici da 5mila euro netti al mese in su, si può ben dire che l’oro governativo luccichi in maniera diversa, quasi settimanalmente.

Il testo del primo articolo del nuovo disegno di legge conferma, tranne per il riferimento all’importo lordo annuo del trattamento pensionistico, l’ indicazioni del precedente Disegno di legge.

Infatti si legge che “a far data dal 1° gennaio 2019 i trattamenti pensionistici pari o superiori a 90.000 euro lordi annui, liquidati a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative dell’assicurazione generale obbligatoria, sono ricalcolati riducendo le quote retributive alla risultante del rapporto tra il coefficiente di trasformazione relativo all’età dell’assicurato al momento del pensionamento e il coefficiente di trasformazione corrispondente all’età prevista per il pensionamento di vecchiaia”.

Resta invariato il meccanismo di calcolo delle riduzioni pari al rapporto tra il coefficiente di trasformazione vigente all’età di decorrenza della pensione e quello all’età per la pensione di vecchiaia previsto, dal 2019, a  67 anni.

Per le pensioni aventi decorrenza anteriore al 1° gennaio 2019, data in cui dovrebbe entrare in vigore il progetto di legge, si utilizzerà come divisore un coefficiente minore rimodulato a un’età anagrafica variabile a seconda dell’anno di decorrenza della pensione secondo una apposita tabella allegata al disegno di legge.

La correzione degli importi pensionistici verrebbe, quindi, realizzata sulla base delle età del ritiro, utilizzando il quoziente tra i coefficienti di trasformazione dell’età dei pensionati rispetto a un’età di riferimento ridefinita.

Un criterio che, secondo i proponenti, dovrebbe assicurare un migliore equilibrio attuariale degli assegni rispetto ai contributi versati e reggere al vaglio di costituzionalità. Un congegno che consente, peraltro, di scomputare gli effetti della speranza di vita per coloro che sono andati in pensione sin dalla metà degli anni ’70, riducendo quindi l’erosione del trattamento in corrispondenza della medesima età anagrafica.

Per chi è andato in pensione prima del 1996 i raffronti si effettueranno, invece, sui coefficienti di trasformazione forniti in origine con la legge 335 del 1995.

Il taglio così calcolato si applicherà sulla sola quota retributiva dell’assegno e in ogni caso è prevista una salvaguardia in base alla quale il trattamento all’esito della decurtazione non possa terminare al di sotto dei 4500 euro netti al mese (circa 90mila euro lordi annui).

Il disegno di legge conferma poi l’esclusione dalla decurtazione dei trattamenti di invalidità, di reversibilità e quelli riconosciuti alle vittime del terrorismo o del dovere.

Le risorse risparmiate con questa operazione verrebbero destinate a un Fondo ad hoc da utilizzare per finanziare l’aumento a 780 euro delle pensioni minime e delle pensioni sociali.

Nel testo pubblicato dalla Camera si prevede un intervento anche sui trattamenti pensionistici dei sindacalisti e l’adeguamento al ricalcolo anche degli organi costituzionali nell’ambito della loro autonomia.

Rimane  inalterato il testo del comma 5 dell’articolo 1 con cui si afferma che in caso di titolarità di più pensioni, il ricalcolo di cui al presente articolo va applicato alle quote retributive del reddito pensionistico complessivo lordo superiore a 90mila euro annui, che lascia aperta la strada per poter intervenire anche sui trattamenti  cumulati con le pensioni  a carico anche delle Casse professionali privatizzate.

Claudio Testuzza