Investiamo sulla salute

Che prevenire sia meglio di curare non è solo un’affermazione scontata ma un fondamentale obiettivo di tenuta di welfare. Gli investimenti sulla prevenzione purtroppo non danno risultati immediati. Ne sappiamo qualcosa noi professionisti della salute che abbiamo a che fare con tecnoburocrati vincolati a risultati di fine anno e che, se si impegnano in attività preventive, possono rendicontarne i costi ma non gli effetti. La corretta prevenzione infatti impedisce l’insorgere delle malattie o ne riduce la portata, abbassando i costi futuri.

Oliveti EditorialeMa questi vantaggi diventano visibili solo a livello macro osservando i cambiamenti nell’evoluzione della natimortalità, nell’aspettativa di vita, nel numero di anni di vita salubre che trascorriamo rispetto a quelli di vita malata. Tuttavia, ‘prevenire è meglio che curare’ è sicuramente l’obiettivo di tutti i sistemi di welfare coscienti e maturi. Dobbiamo dunque spostare quanto più possibile dalla sanità alla salute. Un’attività che permette di generare profitti etici, così come tutti sappiamo che si possono fare soldi etici curando le malattie.

Un esempio di investimento virtuoso basato sulla prevenzione è quello che abbiamo fatto con la Fabbrica italiana contadina, di cui si parla in questo numero. Un investimento che è tutto puntato sulla promozione di una nutrizione sana. La corretta alimentazione è infatti annoverata tra i fattori determinanti nell’ambito della prevenzione. È scientificamente dimostrato che la dieta mediterranea è efficace nel rafforzare e proteggere l’organismo dalle malattie mentre altre diete si sono rivelate clamorosamente infondate.

È vero – lo diceva Feuerbach – che siamo ciò che mangiamo ma è anche vero, rovesciando quest’affermazione, che mangiamo in base a ciò che siamo. Cioè, in base alla nostra cultura e alle nostre conoscenze. Crediamo quindi che per perseguire la salute sia necessaria una corretta cultura dell’alimentazione da contrapporre a un’ignoranza che fa danni.

Da un punto di vista medico non possiamo non evidenziare l’aumento delle patologie infiammatorie e neoplastiche dell’apparato digestivo, dallo stomaco al fegato, dal pancreas all’intestino. Patologie che si sviluppano anche per il concorso di una catena alimentare infame che, con i suoi conservanti, diserbanti e altri agenti chimici, sta alterando i cicli biologici della natura, tanto che ci sono zone dove non ci sono più né zanzare né api. Oltre alla nutrizione, c’è un problema di stili di vita.

In una società che registra dati crescenti sull’obesità infantile è necessario promuovere una giusta attività fisica. Anche questo sarà un ambito che dovremo considerare per futuri investimenti. Dall’attività fisica arriviamo all’ambiente. Perché alla fine poco conta se si sta attenti e si mangiano cibi biologici se poi magari si finisce a fare attività fisica ai bordi delle strade respirando a pieni polmoni il particolato dei tubi di scarico. Tutelare l’ambiente sarà sempre più richiesto non solo per fronteggiare gli effetti diretti dell’inquinamento ma anche per adattarsi ai cambiamenti climatici che, accoppiati a un’urbanizzazione non controllata, stanno portando a dissesti idrogeologici.

I business del futuro potranno anche essere curare i boschi, tenere puliti i fiumi, desalinizzare l’acqua per le esigenze di un mondo sempre più popolato e con falde idriche minacciate dall’innalzamento del livello del mare. Per non parlare della riprogettazione delle infrastrutture delle zone costiere. I bisogni legati all’alimentazione, agli stili di vita e all’ambiente produrranno richieste che il mercato dovrà soddisfare. Da iniziative in questi ambiti è possibile trarre profitti etici e noi su questi ci prepariamo a investire.

Alberto Oliveti*

*Presidente della Fondazione Enpam

 @FondazioneEnpam