Il Nobel al Gps del cervello

Il premio è stato assegnato all’americano John O’Keefe e ai coniugi norvegesi May-Britt Moser ed Edvard Moser per aver scoperto le cellule che compongono il sistema di orientamento. Il parere degli italiani

Il Nobel per la Fisiologia e la Medicina 2014 è stato assegnato agli scienziati che hanno scoperto il sistema di orientamento interno del cervello. John O’Keefe (nella foto accanto), 75 anni, americano ma residente in Inghilterra, ha diviso il premio con i norvegesi May-Britt Moser, 51 anni, ed Edvard Moser , 52, la quinta coppia sposata a ricevere il riconoscimento (nelle foto in basso).

Secondo l’Assemblea dei Nobel la scoperta del sistema di posizionamento del cervello rappresenta un cambiamento di paradigma nella comprensione di come gruppi di cellule specializzate lavorano insieme per eseguire funzioni cognitive superiori, aprendo nuove strade per la comprensione di altri processi cognitivi, come la memoria, il pensiero e la pianificazione. Era il 1971 quando O’Keefe, oggi professore di neuroscienze cognitive all’University College di Londra, identificò, nell’ippocampo dei roditori utilizzati negli esperimenti, la presenza di cellule che si attivavano ogni qual volta gli animali si trovavano in una determinata posizione nello spazio aperto in cui si muovevano.

Il fisiologo Enrico Cherubini è direttore scientifico dell’Ebri, la fondazione impegnata nella ricerca sul cervello fondata da Rita Levi Montalcini

Le ‘cellule di posizione’ notò O’Keefe registravano sia quello che i topi riuscivano a vedere sia quello che non riuscivano a vedere. Nel 2005 sono invece i Moser che scoprono il secondo elemento di questo sistema di orientamento: le cellule a griglia che si trovano nella corteccia entorinale dei topi.

“Le cellule di posizione scoperte da O’Keefe – spiega il professor Enrico Cherubini, fisiologo e direttore scientifico dello European Brain Research Institute (Ebri) di Roma, la fondazione impegnata nella ricerca sul cervello fondata da Rita Levi Montalcini – hanno acquisito un significato nel momento in cui sono state poste in relazione a un sistema di riferimento con delle coordinate fisse. Coordinate identificate dai Moser nella corteccia entorinale: è qui che le cellule si attivano in rapporto ad una geometria ben precisa, dei triangoli che formano degli esagoni”.

“Dietro queste scoperte si nasconde l’importanza di un approccio che coinvolge diverse discipline”, dice Alessandro Treves, fisico e professore presso il dipartimento di Neuroscienze cognitive della Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste (Sissa). Treves, che collabora con i coniugi Moser da più di dodici anni, si occupa di studiare modelli matematici di reti neurali, che riproducono fedelmente la struttura dei circuiti nervosi interessati a questi processi cognitivi.

 Alessandro Treves, fisico e professore alla Sissa di Trieste collabora con i coniugi Moser da più di dodici anni

“Dietro queste scoperte si nasconde l’importanza di un approccio che coinvolge diverse discipline”, dice Alessandro Treves, fisico e professore presso il dipartimento di Neuroscienze cognitive della Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste (Sissa). Treves, che collabora con i coniugi Moser da più di dodici anni, si occupa di studiare modelli matematici di reti neurali, che riproducono fedelmente la struttura dei circuiti nervosi interessati a questi processi cognitivi.

“I modelli matematici – spiega – sono molto utili per capire come queste cellule a griglia si formano nel cervello dei roditori, come spontaneamente riescono a formare nel loro cervello queste rappresentazioni dello spazio dalle proprietà così singolari, così regolari e simmetriche. Si fornisce di volta in volta un sistema semplificato che può essere simulato al computer o analizzato con sistemi matematici e della fisica teorica. È un sistema che dà delle risposte e fornisce predizioni che poi vanno confrontate con la realtà”.

La collaborazione con scienziati specializzati in diverse discipline è stato fondamentale per la scoperta dei Moser: “Tra i loro collaboratori c’è anche il neuro anatomista Menno Witter – dice Treves. – È stato lui a suggerire in quale zona del cervello del ratto concentrare le ricerche: la corteccia entorinale”.

Una scoperta che potrebbe essere fondamentale per malattie come Alzheimer e demenza

“Questa scoperta ha sicuramente dei risvolti interessanti per malattie come l’Alzheimer e la demenza – aggiunge Enrico Cherubini –. Il disorientamento spaziale è infatti uno dei primi sintomi dell’Alzheimer e riuscire ad intervenire in fase iniziale sarebbe fondamentale per bloccare la malattia. Bisogna capire quindi se e come queste mappe cognitive vengono alterate”.

Pur considerando le applicazioni terapeutiche future è importante ricordare che il Nobel ha premiato la ricerca di base: “È un premio alla ricerca motivata dalla curiosità – dice Alessandro Treves –. Produrre una terapia è sempre importante, ma bisogna tenere presente che le applicazioni cliniche possono essere sviluppate solo dopo aver compreso le linee fondamentali del nostro sistema nervoso. Non è un premio alla ‘big science’, ma alla curiosità delle persone coinvolte, alla voglia di capire e di scoprire come funzionano le cose”.

(testo di Claudia Furlanetto
foto di Per Henning/Ntnu e Ansa)