Il cuore grande di un medico iraniano

Arrivato 18enne dopo la caduta dello Scià e con in tasca pochi spicci, oggi è un medico affermato che però non ha dimenticato gli ultimi.

Nei giorni di festa, Bahman Ashraf Noubari, neurochirurgo all’ospedale universitario fiorentino di Careggi, smette il camice e arriva carico di sporte di cibo e di sorrisi alla stazione di Santa Maria Novella.

Di solito, “il dottore iraniano” – così come è conosciuto alla stazione – distribuisce succhi di frutta, brioches e panini, ma all’occorrenza visita, dispensa consigli medici e parole di conforto. Per regalare (anche solo) un giorno migliore ai senzatetto che lì trovano rifugio.

Lo fa – racconta – perché anche lui, in passato, ha sofferto sulla propria pelle quel dramma sempre in corso che chiamiamo povertà.

Nato nel 1960 a Bandar-e-Anzali, una città portuale sul mar Caspio nel nord dell’Iran, Noubari, raggiunge il nostro Paese a diciotto anni con le tasche vuote, tanta determinazione e un sogno che culla fin da adolescente: quello di laurearsi in Medicina.

“Mio padre – racconta – lavorava nella Marina militare e incantava tutta la famiglia quando parlava delle città italiane in cui era solito scendere: Genova, La Spezia, Livorno, Napoli…”

Naturale che all’indomani della rivoluzione islamica il giovanissimo Bahman immagini, e pianifichi, il suo futuro nel Belpaese.

Così arriva a Catania con l’ambizione di diventare medico e un obiettivo immediato: la sopravvivenza.

Della vita da studente-lavoratore ricorda l’asprezza.

“Per mantenermi – ricorda – ho fatto i lavori più umili. Uscivo alle quattro del mattino per pulire le scale nei condomini. Abitavo nel quartiere più povero della città, il Pigno. In casa non c’era nessun comfort. Nemmeno lo scaldabagno. Per lavarsi bisognava scaldare l’acqua nelle pentole”.

Ma il caso – provvidenziale – gli fa incontrare un prete operaio, Concetto Greco, che lo aiuta a proseguire gli studi.

“È grazie a Padre Concetto, che mi ha ospitato per tanti anni e mi ha insegnato l’italiano, se ho preso il diploma di geometra – non essendo da noi valido quello iraniano, ci spiega – e poi la laurea in Medicina e la specializzazione in Neurochirurgia”.

Seguono anni di esercizio professionale esaltante, anche al di là dei nostri confini nazionali, nel Regno Unito e in particolare nel Lancashire, a Preston, e nel suo Iran dove si reca spesso, almeno due volte l’anno, come relatore ai congressi di Neurochirurgia internazionali iraniani.

Dal 1998, Noubari è nell’équipe neurochirurgica attualmente diretta da Alessandro Della Puppa, a Careggi.

Ogni mattina, dal lunedì al venerdì, sveglia alle 6.15, si fa il caffè – come un italiano, sottolinea – e va al lavoro in bici. Sono lontani i tempi in cui lustrava le scale prima di correre all’università. Ma non li ha certo dimenticati.

Per questo ha fatto della solidarietà la sua “missione”. Concreta, personale e solitaria.

“Non sono legato a nessuna associazione – ribadisce – . Non sono mosso da motivi religiosi. Sono stato educato da mia madre, scomparsa di recente, all’aiuto verso le persone meno fortunate di me. Una volta un ragazzo molto giovane e bisognoso mi ha chiamato ‘papà’ e io ho pianto per la commozione. Sono emozioni come queste che mi spingono dai ‘miei’ poveri”.

Paola Stefanucci

 

LINK: Noubari ospite di Le Parole della settimana