Fare il dentista in scenari di guerra

Un odontoiatra italiano entra a Kobane in Siria per portare assistenza sanitaria. le difficoltà incontrate e gli obiettivi raggiunti. l’appello ai colleghi: “Ognuno di noi può fare tanto”

IMG_4882Non è un super eroe. Non sfida il pericolo. Non è un giovane che si lancia in avventure. È invece un dentista che ha passato i cinquant’anni. Ha moglie, tre figli e uno studio professionale da mandare avanti. Questo non impedisce a Renato Di Caccamo di fare il volontario anche in contesti delicati. Ha lavorato in un campo profughi a Posusje, vicino Mostar, nella prima guerra di Bosnia. È andato nella Selva Lacandona, in Messico, per curare le comunità indigene.

Dal 26 maggio al 5 giugno ha preso parte a una missione umanitaria della campagna Rojava Calling organizzata nei campi dei rifugiati della città di Suruc in Turchia. Lì aveva trovato riparo una buona parte della popolazione civile di Kobane, città siriana a 10 chilometri da Suruc, che si trova appena dietro la linea di confine con la Siria e che era stata attaccata nei mesi precedenti dall’Isis.

“Chiunque può fare esperienze di questo genere – dice Di Caccamo -. Ognuno di noi può dare un aiuto concreto per far stare meglio tante persone. L’accrescimento interiore che se ne ottiene è grande, senti che il tuo lavoro è servito a qualcosa. Lo si può giudicare una goccia nell’oceano, ma è pur sempre un seme dal quale germoglierà qualcosa di buono”.

Gli obiettivi della missione in Kurdistan prevedevano cure odontoiatriche in emergenza, formazione teorico-pratica di personale in loco, educazione sanitaria. “Il 27 maggio siamo arrivati a Suruc – racconta Di Caccamo -. Qui, insieme all’infermiera Caterina Virtù, abbiamo appreso che la popolazione di Kobane era in gran parte rientrata nella propria città e i campi dei rifugiati erano in via di smantellamento. Così l’organizzazione si è adoperata per procurare un permesso per attraversare legalmente il confine alla volta di Kobane, dove siamo arrivati il giorno dopo”.

Una volta a destinazione Di Caccamo, insieme ad altri colleghi, ha iniziato a lavorare nel poliambulatorio della Mezzaluna Rossa Kurdistan (Mlrk), l’unica struttura sanitaria pubblica, con circa dieci medici, per una città che, considerate anche le zone limitrofe, arriva a contare 400mila persone. “Le condizioni di lavoro erano particolarmente difficili – racconta Di Caccamo. Nel poliambulatorio vi era una sola stanza per le visite odontoiatriche con un riunito rotto, mancava l’elettricità e tutti gli strumenti rotanti non funzionavano. Anche la lampada era guasta: quindi torcia e tanta buona volontà”.

Nel periodo di permanenza di Renato Di Caccamo nel poliambulatorio di Kobane sono stati svolti innumerevoli terapie estrattive, visitati un gran numero di persone tra le quali molti bambini e svolta formazione sanitaria per una studentessa in medicina e un’infermiera. Date le difficili circostanze in molti casi denti che potevano essere curati sono stati estratti per risolvere un problema antalgico-infettivo. “Ma tutto questo non basta – sottolinea il dentista italiano -. Lì c’è urgente bisogno di medici”.

CHI È

Renato Di Caccamo è laureato in odontoiatria e figlio di un medico che per 25 anni ha lavorato per la Croce Rossa. Oltre all’attività di volontario, ha coordinato a Roma l’ambulatorio della casa dei diritti sociali, un’associazione che si occupa di clandestini. In tale veste, insieme ad altre associazioni, ha contribuito a scrivere il protocollo per il tesserino Stp (Straniero temporaneamente presente sul territorio), che il Governo italiano approvò garantendo a queste persone le cure con i medici di base. Ha alle spalle una lunga militanza nei centri sociali autogestiti.

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PER SAPERNE DI PIÙ

Per le disponibilità alle partenze nelle staffette sanitarie scrivere all’indirizzo di posta elettronica staffettasanitaria@gmail.com. Collegandosi al link https://sites.google.com/ site/rojavacallingroma/home/appelli si può leggere l’appello a medici e infermieri per intervenire con progetti di assistenza sanitaria a Kobane e nel Rojava.

Carlo Ciocci

@FondazioneEnpam