Dottore nostrum

Un ufficiale medico della Marina racconta l’esperienza vissuta durante la missione Mare Nostrum.Dal salvataggio in mare al centro di accoglienza c’è il tempo per salvare una vita o curare un ferito

SONY DSC“Tra le scene che ricorderò sempre c’è quella delle persone che uscivano dalla nave con le scarpe in mano. Questo possedevano: la vita e un paio di scarpe. E questa immagine delle persone che andavano verso il porto, con la loro vita salvata da Dio e con le scarpe regalate dalla Marina, sintetizza una speranza”.

La testimonianza è di Michele Gallina, 43 anni, capitano di fregata, medico della Marina militare italiana da 14 anni, attualmente capo reparto di medicina presso l’ospedale militare di Taranto, che ha partecipato alla missione Mare Nostrum dal 30 luglio al 15 settembre dello scorso anno.

“Ho trascorso la scorsa estate da medico militare nella missione Mare Nostrum – racconta l’ufficiale medico –. Praticamente un mare di umanità e dolore che la Marina cerca di svuotare con un cucchiaio. Eppure se non ci fosse quel cucchiaio ci sarebbe molto dolore in più nel mare. Migliaia di naufraghi recuperati in un mese e mezzo dalla nave San Giusto, fradici di acqua nel migliore dei casi, di benzina nel peggiore. Affetti da scabbia, malaria e sifilide; Aids e Tbc nel peggiore dei casi. Sani oppure morti. Chi è rimasto piange sommessamente i propri cari”.

L’attività svolta nel corso della missione è stata intensa: è consistita nel pattugliare le acque libiche, salvare i profughi dalle loro imbarcazioni insicure (spesso semiaffondate), lanciare scialuppe gonfiabili dagli elicotteri e curare i malati a bordo dei mezzi della Marina. Farli bere, mangiare, urinare, lavare, cambiare di abito. Palestinesi, nigeriani, ghanesi, eritrei, siriani, tutti in esodo biblico da guerre o violenze.

“Nelle navi di soccorso – dice Gallina – c’è una postazione di triage, per individuare subito chi sta particolarmente male o non può deambulare e ha bisogno immediato di cure. Chi si trova in queste condizioni viene portato con una barella nell’area ospedale, saltand8pediatriao le varie identificazioni che vengono rimandate ad un momento successivo. Coloro che non possono essere curati a bordo – continua – vengono trasportati in elicottero fino all’ospedale più vicino alla zona del salvataggio”.

Nell’area triage della nave viene fatta a tutti una sommaria ispezione delle mani e degli occhi per scorgere subito i segni di congiuntivite o scabbia. Le persone che attendono di essere visitate in area ospedale, dopo ogni soccorso, sono circa un centinaio. “Dreni ascessi, curi ustioni da carburante, polmoniti, medichi traumi e ferite, saltando dall’ipoterrmico al colpo di calore, dall’annegato al fratturato” – dice l’ufficiale medico.

Il giorno seguente il salvataggio è, di solito, caratterizzato dal baby parking. Tra i profughi, infatti, ci sono spesso i bambini che riprendono le forze dopo una notte di riposo: “Una bambina cui ho fatto passare il vomito – racconta Gallina – non si è staccata da me per tre giorni”. All’arrivo nei porti, prima di scendere, i bimbi si lanciano in massa sugli scatoloni di scarpe per arraffare ciò che possono, quando sarebbe più utile aspettare per avere il numero giusto per il proprio piede. Ma, ovviamente, questi bambini sono abituati a lottare per avere le cose, sembrano come i bambini italiani cinquanta anni fa, quando la strada era la seconda scuola.

“Una volta a terra – conclude l’ufficiale medico – i profughi si avviano verso i centri di accoglienza segnalati dal ministero dell’Interno a seconda della ricettività e vengono segnalati i casi pericolosi per la collettività che sono condotti negli ospedali locali. Nel frattempo gli scafisti vengono arrestati e ferite, saltando dall’ipotermico al dalla polizia”.

Carlo Ciocci

Mare Nostrum
Missione avviata dal Governo a seguito del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013 nel quale morirono 366 persone: 558 interventi svolti, 100.250 persone soccorse, 728 scafisti arrestati, 6 navi sequestrate, 499 morti durante le operazioni, 1.446 presunti dispersi, 192 cadaveri da identificare. Personale sanitario impegnato: 50 medici Marina Militare, 70 infermieri Marina Militare, 3 medici Usmaf (Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera), 60 sanitari Fondazione Rava, 30 infermiere volontarie della Croce Rossa italiana.

Mare Nostrum ha termine nell’ottobre del 2014. 114 milioni di euro spesi in un anno di missione. Dal novembre 2014 è partita la missione Triton, sotto l’egida di Frontex, l’Agenzia europea delle frontiere.