Dario Cassini: “Se sono un attore lo devo alla mia fatina buona”

Il comico Dario Cassini racconta la sua esperienza di ex assistito: “L’Opera mi ha aiutato a trovare la strada e realizzare i miei sogni”

Dario è stato un pubblico ministero, un leader studentesco, il Presidente del Consiglio di un microscopico Stato secessionista. Nella sua storia c’è una ‘fatina buona’ che lo ha aiutato ad entrare in quello schermo oltre il quale tutto è possibile. “La mia fatina buona si chiama Onaosi”, racconta l’attore e comico Dario Cassini.

Ha tre anni quando perde il padre in un incidente d’auto. Medico di medicina generale, perito, esperto di previdenza ed ex ufficiale dell’esercito. La famiglia decide di restare unita, a Napoli, e all’offerta dell’Onaosi di un posto in collegio preferisce l’assistenza esterna per i quattro figli. L’ente di tutela per gli orfani dei sanitari prende così le sembianze “di un’entità spirituale”. “Mi sono accorto – racconta l’attore – che c’era qualcuno che pensava a noi quando eravamo ospiti al mare a Porto Verde, nelle case vacanza Onaosi”.

Quell’entità spirituale continua ad accompagnare Dario nel percorso di studi. Si manifesta nella concretezza dell’assistenza anche quando il ragazzo decide per la scelta poco convenzionale di frequentare un corso di recitazione.

Arriva così il diploma all’accademia teatrale ‘La scaletta’ di Roma, poi ci saranno il teatro, il cinema, la tv. Diventa leader sessantottino accanto a Margherita Buy e Philippe Noiret nel film di Mario Monicelli “Facciamo Paradiso”, che definisce “un’esperienza decisiva per la mia carriera”.

In tempi più recenti recita in “Poveri ma ricchissimi” di Fausto Brizzi e nella decima stagione di “Don Matteo”. Conduce il programma “Le Iene” con Simona Ventura, poi è comico a “Zelig” e “Colorado”, dando vita a sketch su vizi e paradossi del genere femminile che sotto forma di monologhi riempiranno il teatro Olimpico di Roma e diventeranno libri di successo. Entrerà anche al collegio Onaosi, ma da attore ormai affermato e per esibirsi nel teatro della sede centrale di Perugia.

“Siamo stati fortunati e mia madre è stata una donna eccezionale a crescere quattro figli con esigenze diverse”, dice parlando della sua storia come l’unica possibile. “Sono orgoglioso di essere ‘onaosino’, l’Onaosi è un’eccellenza italiana”, aggiunge oggi che è diventato famoso, ma non nascondendo un rispetto reverenziale nei confronti dell’Opera. “Mia madre ci faceva pettinare quando al telefono chiamavano dall’Onaosi”, scherza poi con un pizzico di irriverenza.

A proseguire la sua storia c’è un figlio che porta il nome del nonno, al quale Dario potrà raccontare la storia della fatina buona che lo ha aiutato a crescere, trovare la propria strada, e realizzare il sogno di diventare attore.

Antioco Fois