Bocciato il blocco della rivalutazione delle pensioni

La Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il blocco delle rivalutazioni delle pensioni di poco al di sopra dei 1.400 euro lordi presente nella Legge Fornero

Italy, Rome: Italian victims of Nazi war crimes can advance actions for compensation against Germany. So the Constitutional Court or Consulta (Corte costituzionale della Repubblica Italiana)La Corte costituzionale ha depositato la sentenza 70/2015 con la quale ha giudicato illegittimi i mancati adeguamenti al costo della vita per gli anni 2012 e 2013. A disporre il blocco per tutti i pensionati che ricevevano un assegno superiore a tre volte il minimo Inps era stato il cosiddetto decreto Salva Italia del 2011. I giudici costituzionali hanno stabilito che lo Stato può applicare in modo limitato la rivalutazione dei trattamenti pensionistici, ma lo deve fare seguendo alcuni criteri e bilanciando le esigenze dei conti pubblici con quelli dei pensionati.

Gli interventi non devono essere ripetuti nel tempo, devono essere ragionevoli ed adeguatamente motivati. Le norme contenute nel cosiddetto decreto Salva-Italia sono considerate invece ‘incisive’, toccando gli interi trattamenti al di sopra della soglia e non appaiono nemmeno sufficientemente motivate. La Corte ha evidenziato che la perequazione automatica dei trattamenti pensionistici è uno strumento di natura tecnica volto a garantire, nel tempo, il rispetto del criterio di adeguatezza di cui all’art. 38 della Costituzione.

Tale strumento si presta contestualmente a consentire il principio di sufficienza della retribuzione di cui all’art. 36 Cost., principio applicato ai trattamenti di quiescenza, intesi quale retribuzione differita. La disposizione concernente l’azzeramento del meccanismo perequativo, contenuta nel decreto Salva Italia si limita, poi, a richiamare genericamente la ‘contingente situazione finanziaria’, senza che emerga dal disegno complessivo la necessaria prevalenza delle esigenze finanziarie.

L’interesse dei pensionati, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali modesti, è orientato alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie, peraltro, non specificate nel provvedimento.

Risultano, dunque, intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita e l’adeguatezza. Quest’ultimo è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà di cui all’art. 2 della Costituzione e al contempo attuazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 della stessa. La norma limitativa è stata, pertanto, ritenuta costituzionalmente illegittima.

LA SENTENZA NON RIGUARDA LE PENSIONI ENPAM

Il provvedimento della Corte costituzionale non riguarda i pensionati Enpam. Infatti le pensioni della Fondazione, a differenza di quelle erogate dall’Inps e dall’ex Inpdap, hanno continuato sempre a godere dell’adeguamento al costo della vita. I regolamenti dei fondi Enpam prevedono che le pensioni vengano rivalutate ogni anno in misura pari al 75 per cento dell’indice Istat, fino al limite di quattro volte il trattamento minimo Inps e del 50 per cento dell’indice per la quota eccedente, senza alcun tetto.

Claudio Testuzza

@FondazioneEnpam