Un divieto di cumulo residuo
Una comunicazione Inps chiarisce i termini validi per i medici dipendenti pubblici (ospedalieri e transitati alle dipendenze che non hanno esercitato l’opzione Enpam).
Dopo l’abolizione totale del divieto di cumulo per i trattamenti pensionistici che in passato erano stati colpiti da questa incredibile condizione di limitazione al lavoro da parte di coloro che andavano in quiescenza, sono ancora rimasti sotto questa tagliola solamente i titolari di pensione di invalidità liquidata con un’anzianità contributiva inferiore ai 40 anni. Ricordiamo che ai fini della maturazione dei 40 anni sono valide le contribuzioni riferite a periodi successivi dal pensionamento purché utilizzati per la liquidazione di supplementi.
Per gli iscritti alla gestione dipendenti pubblici, il divieto di cumulo pensione/retribuzione opera per i trattamenti pensionistici di inabilità. Tali fattispecie si configurano nei trattamenti pensionistici privilegiati (indistintamente per tutti i dipendenti della pubblica amministrazione) nonché in quelli derivanti da dispensa dal servizio per inabilità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro o quella relativa alle mansioni (art. 13 legge n. 274/91 ovvero art. 27 della legge n. 177/76 per i dipendenti civili dello Stato).
Il trattamento pensionistico di inabilità (avente decorrenza dal 1° gennaio 2001) è regolato, ai fini del regime di cumulo, dall’art. 72, comma II° della “legge finanziaria 2001” n. 388 del 23 dicembre 2000, che prevede che le quote di pensioni dirette di anzianità, di invalidità e degli assegni diretti di invalidità a carico dell’A.G.O. e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, eccedenti l’ammontare del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, sono cumulabili con i redditi da lavoro autonomo nella misura del 70% e sono cumulabili nella misura del 50 % con i redditi da lavoro dipendente; nel caso di reddito da lavoro autonomo le relative trattenute non possono, in ogni caso, superare il valore pari al 30% dei predetti redditi.
L’Inps ha provveduto, con il messaggio n. 5901/2015, a definire i termini della questione. L’articolo 10 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, con cui era stato nell’introdotto il divieto di cumulo della pensione con i redditi da lavoro autonomo, disponeva che, ai fini dell’applicazione del divieto, i titolari di pensione fossero tenuti a produrre all’ente erogatore della pensione la dichiarazione dei redditi da lavoro autonomo riferiti all’anno precedente, entro lo stesso termine previsto per la dichiarazione ai fini dell’Irpef ( 30 settembre 2015 ) per il medesimo anno.
Sono esclusi dall’obbligo di dichiarazione, in quanto non soggetti al divieto di cumulo della pensione con i redditi da lavoro autonomo:
- i titolari di pensione e assegno di invalidità avente decorrenza compresa entro il 31 dicembre 1994
- i titolari di pensione di vecchiaia. Si ricorda che per effetto dell’articolo 72 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 dal 1° gennaio 2001 le pensioni di vecchiaia a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e delle forme di previdenza esonerative, esclusive, sostitutive della medesima e delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo, indipendentemente dall’anzianità contributiva utilizzata per il riconoscimento e la liquidazione della prestazione;
- i titolari di pensione di vecchiaia liquidata nel sistema contributivo, in quanto dal 1 gennaio 2009 tale pensione è totalmente cumulabile con i redditi da lavoro;
- i titolari di pensione di anzianità e di trattamento di prepensionamento a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima, in quanto dal 1° gennaio 2009 tali prestazioni sono totalmente cumulabili con i redditi da lavoro.
- i titolari di pensione o assegno di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, delle forme di previdenza esonerative, esclusive, sostitutive della medesima, delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi con un’anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni.
Inoltre ricordiamo che l’articolo 10, comma 2, del decreto n. 503 del 1992 stabilisce che le disposizioni in materia di incumulabilità con i redditi da lavoro non si applicano nei confronti dei titolari di pensione di invalidità dalla cui attività, dipendente o autonoma, derivi un reddito complessivo annuo non superiore all’importo del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti relativo al corrispondente anno ( 6.551,44 euro per il 2014 ).
L’articolo 10, comma 5, del decreto n. 503 del 1992 stabilisce poi che i trattamenti pensionistici sono totalmente cumulabili con i redditi derivanti da attività svolte nell’ambito di programmi di reinserimento degli anziani in attività socialmente utili promosse da enti locali ed altre istituzioni pubbliche e private. Pertanto questi redditi non assumono alcun rilievo ai fini dell’applicazione del divieto di cumulo con la pensione.
Le indennità percepite per l’esercizio della funzione di giudice di pace e di giudice tributario sono cumulabili con i trattamenti pensionistici e di quiescenza comunque denominati. Lo sono anche le indennità e i gettoni di presenza percepiti dagli amministratori locali e tutte le indennità comunque connesse a cariche pubbliche elettive. I redditi da lavoro autonomo devono essere dichiarati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali e al lordo delle ritenute erariali. Il reddito d’impresa deve essere dichiarato al netto anche delle eventuali perdite deducibili imputabili all’anno di riferimento del reddito.
I pensionati, nei cui confronti trova applicazione il divieto di cumulo della pensione con i redditi da lavoro autonomo, che svolgano nel corrente anno attività di lavoro autonomo sono tenuti a comunicare il reddito che prevedono di conseguire nel corso del 2015. Le trattenute che verranno operate sulla pensione “a preventivo” saranno conguagliate sulla base della dichiarazione dei redditi 2015 resa a consuntivo nell’anno 2016. I titolari di pensione che omettessero di produrre la dichiarazione dei redditi da lavoro autonomo sono tenuti a versare all’ente previdenziale di appartenenza una somma pari a tutto l’importo annuo della pensione percepita nell’anno cui si riferisce la dichiarazione medesima!
Claudio Testuzza