I FONDAMENTI GIURIDICI DEL CONSENSO INFORMATO

Il fondamento giuridico del consenso informato in medicina si collega agli articoli 13 e 32 della Costituzione.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.

È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Inoltre per il Codice penale (art. 50):"non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto col consenso della persona che può validamente disporne"

Il lento cammino verso il riconoscimento giuridico del consenso informato come legittimazione di ogni trattamento sanitario, è stato segnato da importanti tappe:

•  La legge n.458/1967 "Trapianti del rene tra persone viventi": oltre stabilire che il donatore debba essere informato sull'importanza dell'intervento e sulle sue conseguenze, prevede espressamente che il ricevente debba dare il suo consenso, potendo in caso d'impossibilità a renderlo, solo lo stato di necessità, ossia il pericolo attuale di un danno urgente e grave alla sua persona , giustificare l'intervento

•  La legge n.180/1978 "Accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori": è ribadito il precetto della necessità di iniziative volte ad ottenere il consenso del soggetto sottoposto al trattamento od all'accertamento obbligatorio

•  La legge n.833/1978 "Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale": gli accertamenti ed i trattamenti sanitari sono di norma volontari, prevedendo poi, in caso di trattamenti obbligatori, che gli stessi siano accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è obbligato

•  La legge n.135/1990 "Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'Aids": non è possibile sottoporre il paziente ad analisi tendenti all'accertamento dell'infezione da Hiv senza il suo consenso a meno che non esistono motivi di necessità clinica nel suo interesse

•  L' art. 19 del Decreto 15 gennaio 1991 del Ministero della Sanità in attuazione della Legge del 4 maggio 1990 n. 107 : per le trasfusioni come pratiche terapeutiche rischiose è necessario il consenso informato del ricevente e col D.M. 1995 del Ministro della Sanità si ribadisce l'esigenza del consenso informato alla trasfusione del sangue ed emocomponenti e alla somministrazione di emoderivati, pur prevedendo la possibilità di procedere alla trasfusione, in caso di imminente pericolo di vita, anche senza il consenso del paziente

•  Il DM del 27 aprile 1992 (in attuazione della Direttiva della Comunità Europea n. 91/507/CEE ) nel campo della sperimentazione dei farmaci: introduce in Italia le norme europee di "Good clinical Practice" fortemente improntato al riconoscimento del consenso informato come fondamento dell'intervento sperimentale e alla sua pratica come possibile tutela per i soggetti coinvolti nella sperimentazione

•  La legge n.91/1999 "Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e tessuti": il donatore deve essere informato sull'importanza dell'intervento e sulle sue conseguenze; è previsto che il ricevente devedare espressamente il suo consenso

 

In campo giurisprudenziale le prime sentenze:

"...fuori dei casi di intervento necessario e urgente, il medico nell' esercizio della professione non può, senza valido consenso del paziente, sottoporre costui ad alcun trattamento medico-chirurgico suscettibile di porre in grave pericolo la vita o l' incolumità fisica..."

Cassazione Sez.3 - 25 luglio 1967

"...il chirurgo che, in assenza di urgenza e necessità terapeutiche, sottopone il paziente ad un intervento operatorio di più grave entità rispetto a quello meno cruento o di più lieve entità del quale lo abbia informato preventivamente e che solo sia stato da quegli consentito, commette il reato di lesioni volontarie, essendo irrilevante la finalità pur sempre curativa della sua condotta..."

Corte di Assise d' Appello di Firenze, 1991