header


10. AGEVOLAZIONI PER I FIGLI DISABILI

Va tenuto presente che le più ampie previsioni di tutela della legge sui congedi parentali hanno assorbito alcune agevolazioni previste dalla legge numero 104 del 5 febbraio 1992 per i genitori di figli disabili (1).

Già la legge 104/92 (vedi poi anche la legge 53/00) aveva previsto per la lavoratrice madre, o in alternativa per il padre, anche adottivi, di minore con handicap accertato dai competenti organi (2) e non ricoverato in istituti specializzati a tempo pieno (3) (ivi compresi i ricoveri in strutture adibite all'accoglimento degli handicappati seppur come centro riabilitativo diurno), il diritto al prolungamento sino a tre anni del periodo di astensione facoltativa dal lavoro oppure, in alternativa, due ore di permesso giornaliero retribuito sempre sino al compimento del terzo anno di vita del bambino. (confermato nel Dlgs 151 nell’art.33 punto 2  dal Dlgs 105 all’art.3). Il permesso è raddoppiato in caso di due figli con handicap (Cassazione sezione lavoro - sentenza 4623/10).

L'articolo 33 del D.Lgs. 151/2001 stabiliva che nel caso di minore con handicap in situazione di gravità (accertata ai sensi dell'articolo 4 comma 1 della legge 104/1992) i genitori avessero diritto al prolungamento sino a tre anni di vita del figlio del congedo parentale, indipendentemente dal diritto dell'altro genitore, a condizione che il bambino non fosse ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati. Con la modifica al comma 1 dell’articolo 33 del D.Lgs. 151/2001 la madre o in alternativa il padre hanno diritto al prolungamento del congedo parentale sino al compimento dell’ottavo anno di vita del bambino con handicap per un periodo complessivo non superiore ai tre anni (circolare n.32/2012 dell’INPS) ; inoltre viene esteso anche quando il bambino sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati purchè sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.Il prolungamento decorre dal termine del periodo corrispondente alla durata massima del congedo parentale spettante al richiedente (vedi messaggio INPS 22578/2007):

  • alla madre, trascorsi 6 mesi dalla fine del congedo di maternità
  • al padre, trascorsi 7 mesi dalla data di nascita del figlio
  • al genitore solo, trascorsi 10 mesi decorrenti:
    • a) in caso di madre "sola", dalla fine del congedo di maternità
    • b) in caso di padre "solo", dalla nascita del minore o dalla fruizione dell'eventuale congedo di paternità.

In base all'articolo 24 della legge 183/2010 i genitori alternativamente possono fruire anche in alternativa al congedo parentale o ai riposi retribuiti (art.42 comma 1 DLgs 151/2001) dei 3 giorni di permessi mensili.
Tale diritto va riconosciuto anche in favore dei genitori con figlio handicappato in situazione di gravità (circolare INPS numero 155/2010 punto2.2).

Dal 25 giugno 2015 sino al 31 dicembre 2015, con estensione annuale con specifici provvedimenti, in base a quanto previsto dal Dlgs 80-2015 articolo 8 comma 1 la possibilità di usufruire del congedo parentale sino al compimento del dodicesimo anno di vita  del bambino con handicap grave con durata massima complessiva di tre anni.

 

AGEVOLAZIONI
legge 104/1992 modificate dal D.Lgs.119/2011
  • i genitori, anche adottivi, con bambini fino a tre anni di età hanno la possibilità di fruire in alternativa,
    • dei tre giorni di permesso mensile
      ovvero
    • delle ore di riposo giornaliere
      ovvero
    • del prolungamento del congedo parentale;
  • genitori, anche adottivi, con bambini oltre tre anni e fino agli otto anni di vita possono beneficiare, in alternativa,
    • dei tre giorni di permesso mensile
      ovvero
    • del prolungamento del congedo parentale;
  • i genitori, anche adottivi, con figli oltre gli otto anni di età possono fruire
    • dei tre giorni di permesso mensile

Col Dlgs 80-2015 articolo 8 comma 1 il limite degli otto anni è portato a dodici  per 
il congedo parentale; il provvedimento operante dal 25 giugno  2015 al 31 dicembre
2015 può essere rinnovato annualmente mediante appositi provvedimenti

circolare INPS numero 32/2012 e circolare Funzione Pubblica numero 1/2012

 

PERMESSI ASSISTENZA DISABILI e ALTRI PERMESSI e FERIE

Nel caso il dipendente usufruisca di altri permessi (permesso sindacale, maternità, malattia o altro), i permessi per l’assistenza a disabili ex lege 104/1992 non vanno riparametrati in quanto si tratta di assenze giustificate, riconosciute per legge come diritti spettanti al lavoratore.
Anche la fruizione delle ferie non può incidere sul godimento dei permessi dei tre giorni mensili per l’assistenza al disabile in stato di gravità e ogni eventuale riparametrazione in base alle ferie usufruite nel mese è inammissibile.
Differente è invece il caso in cui il dipendente avanzi l’istanza ex lege 104/1992 per la prima volta nel corso del mese.

Ministero del Lavoro - Interpello numero 21 del 16 giugno 2011 e Interpello numero 24 del 1 agosto 2012

 

I permessi per la legge 104 sospendono le ferie anche se programmate dal datore di lavoro (es. chiusura dello stabilimento).
Queste ferie non godute dal lavoratore saranno collocate in un diverso periodo, previo accordo tra lavoratore e datore di lavoro, data la prevalenza di tutela dei diritti fondamentali della persona diversamente abile rispetto alle esigenze aziendali.

Ministero del Lavoro - Interpello numero 20 del 20 maggio 2016


PERMESSI 104: 18  ORE ANCHE CON LA SETTIMANA COSÌ DETTA CORTA

ARAN - ORIENTAMENTI APPLICATIVI CIR32
Nell’ipotesi di utilizzo di permessi di cui all’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992 su base oraria come previsto all’art. 74, comma 1, del CCNL Istruzione e ricerca 19.04.2018, il limite di diciotto ore di permessi mensili è riferito al solo caso in cui l'orario di lavoro di 36 ore sia articolato su 6 giorni lavorativi? In altre parole, nel caso in cui l’orario di lavoro sia articolato su 5 giorni lavorativi, in applicazione dell’algoritmo di calcolo indicato dall’INPS con messaggio n. 16866 del 28/6/2007, il limite delle 18 ore è suscettibile di riproporzionamento (nella misura di ventuno ore)?

La clausola contrattuale in esame si limita a prevedere che i soggetti legittimati alla fruizione dei tre giorni di permesso, riconosciuti dall’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992 ai lavoratori che assistono persone con handicap in situazione di gravità, possono optare, in alternativa alla fruizione giornaliera, anche per un utilizzo ad ore “nel limite massimo di 18 ore mensili”. La disposizione, in linea con le previsioni dello stesso art. 33, comma 3, che riconosce il beneficio nella misura di 3 giorni al mese a prescindere dall’articolazione dell’orario settimanale, non opera alcuna distinzione rispetto al numero di giornate lavorative in funzione dell’articolazione dell’orario di lavoro.
A tal fine, occorre far presente che la portata applicativa del messaggio Inps, come richiamato, è limitata ai rapporti di lavoro dei dipendenti del settore privato e, pertanto, le relative istruzioni operative non producono effetti interpretativi estensibili nell’ambito del pubblico impiego.

Pertanto  i permessi 104 per assistere il familiare portatore di handicap in situazione di gravità possono essere fruiti

  • o nell’ordine di tre giorni al mese
  • oppure ad ore fino a un massimo di 18 ore mensili

senza decurtazioni nel caso in cui l’orario di servizio sia distribuito in 5 giorni la settimana (così detta settimana corta) anziché 6.

L’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 riconosce tale possibilità a prescindere dall’articolazione dell’orario settimanale, non operando alcuna distinzione rispetto al numero di giornate lavorative in funzione dell’articolazione dell’orario di lavoro.

 

PERMESSI ORARI E GIORNALIERI
IN RELAZIONE AL TIPO DI RAPPORTO DI LAVORO

TIPO
DI RAPPORTO
DI LAVORO
PERMESSI ORARI
DIPENDENTE DISABILE
(2 ore)
PERMESSI GIORNALIERI e ORARI
3 giorni o 18 ore mensili
DIPENDENTE DISABILE
oppure
DIPENDENTE CHE DA ASSISTENZA
A UN DISABILE
PART TIME
ORIZZONTALE
Fino a 6 ore
di prestazione
lavorativa:
ridotto a 1 ora
Oltre 6 ore
di prestazione
lavorativa:
intero: 2 ore

I tre gg di permesso mensile spettano per intero, mentre, in alternativa, i permessi orari di 18 ore sono ridotti sulla base della percentuale di prestazione lavorativa.

Esempio:
nel caso di percentuale pari al 75% (5 ore e24 minuti al giorno) spettano:


3gg
- oppure
il 75% di 18 ore corrispondenti a 13 ore e 30 minuti

PART TIME
VERTICALE
con prestazione
lavorativa
concentrata in
alcuni mesi con
presenza dal lunedì
al venerdì
Intero: 2 ore

I tre gg di permesso mensile o, in alternativa, i permessi
orari di 18 ore, spettano per intero.

Esempio:
prestazione lavorativa prevista per sei mesi l’anno (consecutivi o non ):


3gg
- oppure
18 ore nel mese in cui viene resa la prestazione

PART TIME
VERTICALE
con prestazione
concentrata su
alcune settimane
del mese o alcuni
giorni della
settimana
Intero: 2 ore

I tre gg di permesso mensile o in alternativa, i permessi orari di 18 ore, sono ridotti sulla base della percentuale di prestazione lavorativa nel mese di riferimento.

Esempio 1:
prestazione lavorativa nel mese pari al 50% (come nel caso di settimane alterne):


1 giorno
- oppure
50% di 18
ore pari a 9 ore

Esempio 2:
prestazione lavorativa nel mese pari
al 40% (come nel caso di presenza 2gg a settimana):


1 giorno
- oppure
il 40 % di 18 ore pari a 7 ore e 12 minuti

PART TIME
MISTO
(combinazione di
verticale ed
orizzontale), con
prestazione
concentrata in
alcuni giorni o
settimane del mese,
ad orario ridotto
Fino a 6 ore
di prestazione
lavorativa:
ridotto a 1 ora
Oltre 6 ore
di prestazione
lavorativa:
intero: 2 ore

I tre gg. di permesso mensile si riducono sulla base della
percentuale della componente verticale, mentre, in alternativa, i permessi orari di 18 ore si riducono sulla base della percentuale della componente orizzontale.

Esempio:
prestazione su 4 gg a settimana (componente verticale 80%),
con orario ridotto a 5 ore al giorno (componente orizzontale = 69.49%), si ha diritto:

all’80% di 3gg = 2
- oppure
al 69.49%. di 18 ore = 12 ore e 30 minuti

 

IL PART TIME NON PUO’ TAGLIARE I PERMESSI DELLA 104

Il lavoratore a part-time verticale ha diritto a 3 giorni pieni di permesso mensile per assistere familiari con grave handicap ex lege 104.
La Cassazione con la sentenza 4069/2018 (in precedenza sentenza 22925/2017) in senso contrario a quanto previsto al punto 3.2 nella circolare 133/2000 dell’INPS, richiamando quanto previsto dal Dlgs 61/2000 all’articolo 4 (principio di non discriminazione in base al quale il lavoratore a part time non deve ricevere un trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a full time), riconosce i permessi per l’assistenza a familiari disabili tra i diritti non riproporzionali e pertanto fruibili dal lavoratore in part time di tipo verticale nella loro interezza. 

…Tenuto conto, pertanto, delle finalità dell'istituto disciplinato dall'art. 33 della Legge numero 104/1992, come sopra evidenziate attinenti a diritti fondamentali dell'individuo, deve concludersi che il diritto ad usufruire dei permessi costituisce un diritto del lavoratore non comprimibile e da riconoscersi in misura identica a quella del lavoratore a tempo pieno.   

Corte di cassazione sezione Lavoro/civile - sentenza n. 4069 del 3.10.2017 pubbl. il 20.02.2018

 

Dopo il compimento del terzo anno e sino al compimento del diciottesimo anno di vita del bambino la madre lavoratrice o, in alternativa, il padre (che deve produrre al datore di lavoro entro 10 giorni una dichiarazione da cui risulta la rinuncia parziale o totale della madre a tale diritto), anche in caso di adozione, hanno diritto per l'assistenza di figlio disabile (ovvero anche parenti o affini entro il secondo grado, -in precedenza per norma introdotta dalla legge 183/210 entro il terzo grado- qualora i genitori siano ultrassessantacinquenni anch’essi oppure affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. D.lgs. 119/2011 che modifica l’art. 33 della legge 104/92, l’art. 33 del d.lgs. 151/2001 e interpello n. 19 del 26 giugno 2014 del Ministero del Lavoro), in situazione di gravità accertata dai competenti organi (2) e non ricoverati (nel ricovero sono compresi i ricoveri ospedalieri o in strutture adibite all'accoglimento degli handicappati seppur come centro riabilitativo diurno - vedi messaggi INPS 228 e 256 del 4 gennaio 2006), a tre giorni di permesso al mese (4), anche frazionati a mezza giornata o a ore sino al massimo delle 18 ore mensili (messaggio INPS 15995/2007), cumulativamente (l'alternatività non influenza il numero complessivo massimo dei giorni e di ore di permesso fruibili al mese). In successivo messaggio (INPS n.16866/2007) viene precisato che, fermo restando il diritto a tre giorni al mese di assenza indipendentemente dall'orario giornaliero o settimanale, il limite delle 18 ore opera per coloro che hanno un debito orario di 36 ore alla settimana in 6 giorni lavorativi. Pertanto in caso di differente distribuzione oraria del debito orario settimanale ovvero di orario normale di lavoro settimanale eccedente o inferiore alle 36 ore, la quantificazione del massimale orario mensile di permessi orari fruibili mensilmente verrà così determinato: orario normale di lavoro settimanale diviso il numero dei giorni lavorativi settimanali moltiplicato 3.

I tempi di utilizzo dei tre giorni di permesso mensile, anche frazionati a mezza giornata o a ore, che spettano di diritto in base alla legge 104/92, non rientrano nella discrezionalità del datore di lavoro, ma vengono scelti dall'avente diritto secondo le proprie necessità. L'indicazione dei giorni durante i quali si intende fruire dei permessi deve, di norma, essere comunicata in tempo utile per consentire di provvedere alla sostituzione e all'organizzazione del lavoro, a meno che il permesso non venga richiesto per improvvise ne sopravvenute necessità connesse alla disabilità. In tal caso la comunicazione va fatta prima dell'inizio del servizio.
Infatti, se da un lato la scelta dei giorni di fruizione dei permessi mensili deve contemperare la necessità di buon andamento dell'attività imprenditoriale e il diritto all'assistenza del disabile, dall'altro canto va tenuto presente che le esigenze di tutela del disabile prevalgono sempre sulle necessità dell'impresa in caso di improcrastinabili richieste di assistenza

Ministero del Lavoro - Interpello n. 31 del 6 luglio 2010


Se il ricovero viene interrotto per garantire delle visite specialistiche o delle terapie da effettuarsi all'esterno della casa di riposo ovvero presso strutture adeguate all'assistenza sanitaria o riabilitativa, tale ipotesi non può essere ricondotta alla previsione di cui all'art 33 e precisamente - non ricoverato in istituti specializzati a tempo pieno -. Infatti nella circostanza, in cui il disabile debba recarsi al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare delle visite e/o delle terapie si interrompe il requisito del tempo pieno del ricovero e si determina il necessario affidamento del disabile all'assistenza del familiare il quale, ricorrendone gli altri presupposti di legge, avrà diritto alla fruizione dei permessi (interpello Ministero del Lavoro 20 febbraio 2009 numero 13 e messaggio INPS 28 maggio 2010 numero 14480), ovviamente con la documentazione rilasciata dalla struttura che attesti le visite e/o le terapie effettuate.

Ricordiamo che la circolare INPS numero 155 al punto 3 prevede in ottemperanza a quanto previsto all'articolo 24 delle legge 183/2010 altre eccezioni:

Con l'interpretazione dell'art. 33, comma 3 della legge 104/1992 e dell'art. 20 legge 53/2000, nell'ipotesi in cui un solo lavoratore presti assistenza a più individui portatori di handicap, il limite dei tre giorni mensili di congedo parentale previsti dalla legge 104/92 riguarda ciascun singolo individuo portatore di handicap, e pertanto il lavoratore che assiste più disabili può cumulare i giorni di permesso riconosciuti per ogni singolo portatore di handicap in situazione di gravità e non ricoverato a tempo pieno con prestazioni disgiunte (si intende per prestazione -disgiunta- quando la prestazione di due o più soggetti portatori di handicap può essere assicurata solo con modalità e in tempi diversi). In particolare, in precedenza, prima della circolare INPS numero 90/2007, i permessi disgiunti erano possibili solo se le cure erano contemporaneamente esclusive e continue per ciascun soggetto (5).
L'articolo 24 commi 2 e 3 della legge 183/2010 avrebbe attenuato l'importanza dei requisiti di -esclusività- e di -continuità- quali presupposti essenziali ai fini della concessione dei benefici per l'assistenza al disabile in situazione di gravità. Infatti per l'abrogazione parziale dell'articolo 20 comma 1 della legge 53/2000 i requisiti della continuità e della esclusività verrebbero meno.

Ne conseguirebbe che i permessi ex lege 104/1992 spetterebbero anche a chi, come nel caso di residenza in una località diversa, non si possa dimostrare la continuità della assistenza in quanto residente in comune diverso da quello dell'assistito.

Tuttavia secondo la circolare Brunetta (Dipartimento Funzione Pubblica circolare 13 del 6 dicembre 2010) sarebbe meglio tipizzato il concetto di esclusività dell'assistenza con la regola che i permessi possono essere accordati, salvo la previsione espressa di alcune eccezioni, ad un unico lavoratore (referente unico).

In casi di speciale gravità dell'handicap, qualora il dirigente del Centro medico legale ravvisi la effettiva necessità del bambino a cure che non possono essere garantite durante le sole ore dell'allattamento, è possibile cumulare i permessi orari ex lege 104/92 e i riposi orari per allattamento come da DLgs 151/01 per lo stesso figlio portatore di handicap (messaggio INPS n. 11784).

Secondo la Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro (Interpello numero 41 del 15 maggio 2009) i permessi lavorativi ex art. 33 della Legge n. 104/1992 non spetterebbero ai tutori o amministratori di sostegno di persone con handicap in situazione di gravità.

I permessi sono coperti in base all' articolo 19 lettera a) della legge 53/2000 da contribuzione figurativa (6).

In caso di contratto a part-time verticale, il numero dei giorni di permesso spettanti va proporzionalmente ridotto.

I permessi sono retribuiti e danno diritto alla maturazione dell'anzianità di servizio, ma non facevano maturare né le ferie e né la tredicesima (Informativa INPDAP numero 30/03). Con decorrenza 29 agosto 2003, data di entrata in vigore del decreto legislativo 216/2003 che introduce condizioni di maggior favore in base all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo numero 151/01 i permessi dal lavoro, mensili e orari, per l'assistenza a famigliari disabili non dovrebbero più decurtare né le ferie, né la tredicesima mensilità (Ministero del lavoro parere protocollo n. 15/0001920/04 poi sospeso e sottoposto al vaglio dell'Ufficio legislativo per l'impatto che ne potrebbe derivare).

La circolare numero 208 dell'8 marzo 2005 del Dipartimento della funzione pubblica-Ufficio per il personale della pubblica amministrazione, supportata dal parere favorevole dell'Avvocatura generale dello Stato (parere numero 142615 del 2 novembre 2004) precisa che la tredicesima mensilità dei dipendenti pubblici non subisce decurtazioni o riduzioni per il fatto di aver usufruito dei permessi previsti dalla legge per assistere i portatori di handicap all' articolo 33 commi 2 e 3 della legge 104/92 (7). La lettera circolare del Ministero del lavoro 2 febbraio 2006, facendo riferimento al parere n. 3389/2005 emesso dalla sezione seconda del Consiglio di Stato ribadisce che non soggette a decurtazione le ferie e la tredicesima mensilità quando i riposi e i permessi previsti dall'art. 42 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 non sono cumulati con il congedo parentale.

Sono utili ai fini del trattamento di quiescenza, non sono invece valutabili né ai fini del trattamento di fine servizio (indennità premio di servizio ed indennità di buonuscita) né del TFR (Circolare n. 11 del 12 marzo 2001 della Direzione Centrale Prestazioni Previdenziali).

Per l’art.17 della legge 5 febbraio 1999 numero 25 il lavoro notturno non deve essere obbligatoriamente prestato dalla lavoratrice o dal lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile.

 

La legge di riforma del Welfare al comma 44 punto d) 3 prevede che il lavoratore o la lavoratrice convivente di età non superiore ai 13 anni o con figlio convivente con handicap come da articolo 3 della legge 104/1992 abbia la priorità nella richiesta di trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.

Il genitore che assiste con continuità un figlio disabile ha diritto (art. 33 della legge 5 febbraio 1992 n. 104) a scegliere -ove possibile- la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio (per il medico dipendente, solo nell'ambito della stessa amministrazione che abbia la disponibilità del posto corrispondente al profilo professionale posseduto dall'interessato e non tra enti diversi; tale diritto, pertanto, non può essere invocato per ottenere il trasferimento da una A.S.L/A.O. ad un'altra A.S.L/A.O. seppur della stessa Regione in quanto le aziende sanitarie sono persone giuridiche autonome e le loro "sedi di lavoro" sono le strutture operative da esse dipendenti - Tribunale di Prato sentenza numero 437 del 1 marzo 2005 e, in precedenza, Dipartimento della Funzione pubblica con nota 8352 del 21 novembre1995 e Consiglio di Stato, sezione speciale, sentenza numero 369 del 20 gennaio 1997) e non può essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso.

Inoltre da tenere presente che qualora un lavoratore pubblico con una situazione familiare già esistente che dà diritto ai permessi "ex lege" n. 104/1992, accetti un posto di lavoro fuori dalla propria sede e, di conseguenza, venga lì trasferito, non può poi rivendicare, in via prioritaria, il trasferimento nella vecchia sede per assistere il familiare handicappato (Cassazione sentenza numero 23526 del 2 novembre 2006).

Va inoltre tenuto presente (Tar Lazio sentenza 8639/2005) che la norma che prevede il diritto del parente di un disabile alla scelta della sede di lavoro, non contempla il diritto al trasferimento in corso di rapporto di lavoro ai fini dell'avvicinamento al famigliare bisognoso di assistenza. Il criterio ispiratore della decisione di accordare o meno il beneficio del trasferimento è quello di tutelare le situazioni di assistenza già esistenti, mentre esigenze successivamente insorte a causa della sopravvenienza di uno stato di disabilità non possono trovare soddisfazione in virtù dell'applicazione della previsione legislativa all'art. 33, comma 5, della legge n. 104/92. In particolare, la concessione del beneficio di cui all'art. 33, comma 5, della legge n. 104/92 non può in alcun caso prescindere dal riscontro di una già esistente situazione di assistenza continuativa ovvero dall'attualità dell'assistenza, sicché non può essere concesso ai dipendenti che, non assistendo con continuità un familiare, aspirino al trasferimento proprio al fine di poter instaurare detto rapporto di assistenza continuativa.

Il diritto del genitore o del familiare lavoratore che assiste con continuità un handicappato, di scegliere la sede lavorativa più vicino al proprio domicilio e di non essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso, non si configura come un diritto assoluto o illimitato perché detto diritto non può essere fatto valere allorquando, alla stregua della regola di un equo bilanciamento tra i diritti, tutti con rilevanza costituzionale, il suo esercizio finisca per ledere in maniera consistente le esigenze economiche, produttive o organizzative del datore di lavoro e per tradursi, soprattutto nei casi in cui si sia in presenza di rapporti di lavoro pubblico, con l'interesse della collettività.

Cassazione Civile Sez.Unite numero 7845 del 27 marzo 2008

 

E’illegittimo il trasferimento del lavoratore che assiste un familiare portatore di handicap anche non grave, qualora l'azienda non abbia prodotto alcun motivo che, in un bilanciamento degli interessi, possa giustificare la perdita di cure da parte del soggetto debole.
In particolare, il diritto del lavoratore a non essere trasferito ad altra sede lavorativa senza il suo consenso (articolo 33 comma 5 della legge 104/92) non può subire limitazioni anche allorquando la disabilità del familiare non si configuri come grave risultando la sua inamovibilità - nei termini in cui si configuri come espressione del diritto all’assistenza del familiare comunque disabile - giustificata dalla cura e dall'assistenza da parte del lavoratore al familiare con lui convivente, sempre che non risultino provate da parte del datore di lavoro - a fronte della natura e del grado di infermità (psico-fisica) del familiare - specifiche esigenza datoriali che, in un equilibrato bilanciamento tra interessi, risultino effettive, urgenti e comunque insuscettibili di essere diversamente soddisfatte.


Corte di Cassazione sez. Lavoro - Sentenza numero 9201 del 7 giugno 2012

 

L'articolo 24 della legge 183/2010 prevede ora che il lavoratore ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina non più al domicilio del lavoratore che presta assistenza, ma al domicilio della persona da assistere.

L'articolo 4 comma 2 della legge 53/2000 prevede la possibilità ai genitori, alternativamente, per l'assistenza ad un figlio con grave handicap, certificato dalle strutture sanitarie pubbliche (8), la possibilità di usufruire anche di un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore ai due anni.

La Finanziaria 2004 (art. 3 comma 106) ha tolto il limite dei 5 anni dall'accertamento.

In base all'articolo 80 della Finanziaria 2001 questo congedo, prima senza diritto alla retribuzione e non computabile ai fini dell'anzianità di servizio e previdenziali, viene ora retribuito sulla base dell'ultima retribuzione percepita dal lavoratore ed è coperto, entro certi limiti, da contribuzione figurativa (sino ad un tetto, comprensivo di indennità e contributi figurativi, di 70milioni di lire indicizzato annualmente - vedi INPS circ. 85/2002 e 14/2007).

L'indennità per congedo straordinario ha natura sostitutiva della retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito dall'attività lavorativa se non fosse stato impedito dalla necessità di assistere un portatore di handicap e, pertanto è compatibile con un eventuale assegno ordinario di invalidità (legge 222/1984 articolo 1 e messaggio INPS n.8773 del 4 aprile 2007).

La sentenza n. 233 del 16.06.2005 della Corte costituzionale ha stabilito che anche i fratelli e le sorelle delle persone con gravi handicap possono accedere al congedo straordinario retribuito quando i genitori, sia pure viventi, non sono in grado di accudire il figlio handicappato perché essi stessi totalmente inabili. Pertanto il congedo straordinario retribuito va riconosciuto ai fratelli o sorelle conviventi con soggetto gravemente disabile in caso di totale e permanente inabilità di entrambi i genitori o di un solo genitore, se l'altro è deceduto, di figli in condizioni di handicap grave. Lo stato di totale inabilità di ambedue i genitori o del genitore superstite, se l'altro è deceduto, deve essere comprovato da documentazione quali riconoscimento di invalidità civile, di rendite INAIL, di pensioni di invalidità INPS o analoghe provvidenze comunque denominate, da cui sia rilevabile lo stato di invalidità totale e permanente.

Per la sentenza n. 158 del 18 aprile 2007 della Corte costituzionale (recepita dall'INPS con la circolare 112/2007) viene previsto che possa essere riconosciuto il congedo biennale retribuito anche per l'assistenza del coniuge disabile in situazione di gravità.

La sentenza n.19 del 26 gennaio 2009 della Corte costituzionale ha esteso la previsione del diritto al congedo straordinario anche ai figli che assistono genitori conviventi in situazione di disabilità grave e in assenza di altri soggetti legittimati a prendersene cura (per -convivenza- va fatto riferimento alla -residenza-, luogo abituale ai sensi dell'art. 43 del codice civile, non potendo ritenersi conciliabile con la predetta necessità la condizione di -domicilio- né la mera elezione di -domicilio speciale- previsto per determinati atti o affari dall'art. 47 del codice civile - vedi circolare n. 1/2012 della Funzione Pubblica punto 3, a-4).

(1) Si intende persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell'intervento assistenziale permanente e alla capacità individuale residua sono effettuati da parte delle ASL mediante le commissioni mediche (ex lege numero 295 del 15 ottobre 1990, ex lege numero 423 del 27 ottobre 1993, Circolare del Ministero del lavoro numero 43 del 1 aprile 1994 e DL numero 90 del 24 giugno 2014 articolo 1 comma 4) integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le ASL.

(2) Il riconoscimento di una invalidità civile non è sufficiente per ottenere i permessi per l'assistenza al disabile, ma occore il riconoscimento (da parte della Commissione medica o in situazione di urgenza e in via provvisoria dai medici di ospedali gestitti dalle AASSLL o dai medici delle strutture di ricovero pubbliche o private equiparate alla pubblica come modificato dall'articolo 20 comma 1 del D.L. 78/2009) della situazione di gravità della persona handicappata, la cui minorazione ne abbia ridotto l'autonomia personale in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente. Per comprovare il diritto alla fruizione del permesso retribuito per documentata grave infermità ai sensi dell'art. 4, comma 1, L. n. 53/2000 si considera idoneo il certificato redatto dallo specialista dal quale sia possibile riscontrare sia la descrizione degli elementi costituenti la diagnosi clinica che la qualificazione medico legale in termini di grave infermità (Ministero Lavoro, Salute e Politiche Sociali - Nota 25 novembre 2008, n. 16754).
Però poiché detta certificazione (dei medici degli ospedali gestiti direttamente dalle AASSLL e ai medici delle strutture di ricovero pubbliche o private equiparate alla pubblica) ha natura -provvisoria- e pertanto revocabile, qualora la Commissione medica non riconosca la sussistenza della situazione di handicap grave, l’INPS è legittimato a richiedere al dipendente la restituzione di quanto fruito a titolo di permesso, sin dal primo giorno dalla presentazione della domanda (Ministero Lavoro-Attività Ispettiva - Interpello n 32 del 9 agosto 2011).

(3) Per ricovero a tempo pieno si intende quello in cui il disabile trascorre tutta la giornata o gran parte di essa presso una struttura adibita all'accoglimento degli handicappati; i Centri socio riabilitativi diurni per disabili rientrano nell'accezione di Istituti specializzati.

(4) Il genitore impegnato ad assistere il figlio con handicap degente in ospedale seppur finalizzato a un intervento chirurgico non ha diritto fruire dei permessi dal lavoro ex lege 104/1992, in quanto il ricovero in ospedale viene considerato ricovero a tempo pieno (messaggio INPS 4 gennaio 2006 numero 228 , messaggio INPS 4 gennaio 2006 numero 256 e circolare INPS 23 maggio 2007 numero 90).

Tuttavia, nei messaggi INPS si ricorda che i benefici previsti dalla legge 104/92 possono eccezionalmente essere concessi nei casi in cui:

(5) L'assistenza può intendersi disgiunta quando la prestazione può essere assicurata solo con modalità e tempi diversi e contemporaneamente è esclusiva e continua per ciascun assistito (Ministero del lavoro nota del 28 agosto 2006 numero 3003). Vanno presentate tante domande quanti sono i soggetti per i quali si chiedono i permessi, allegando idonea certificazione relativa alla particolare natura dell'handicap, accompagnata da dichiarazione di responsabilità circa la sussistenza delle circostante che giustificano la necessità di assistenza disgiunta. In particolare, da quest'ultima dichiarazione deve risultare 1) che in relazione all'handicap non è in grado di fornire assistenza fruendo dei 3 giorni di permesso in godimento per un altro disabile; 2) che nessun'altra personale può prestare assistenza all'altro soggetto handicappato (norma superata con la circolare INPS numero 90/2007); 3) che nessuna altro fruisce a sua volta di permessi per l'assistenza all'altro soggette; 4) che i soggetti per i quali si richiede il permesso non svolgono attività lavorativa e quindi non hanno diritto a usufruire a loro volta di permesso in qualità di lavoratori portatori di handicap.

(6) Trattandosi di singole giornate di riposo, la contribuzione figurativa è attribuita in quota integrativa e non incide, là ove previsto dalla normativa (INPS), sul numero dei contributi settimanali spettanti all'interessato. Praticamente, la settimana sarebbe già coperta dalla contribuzione obbligatoria, per cui la contribuzione figurativa inciderebbe solo relativamente all'integrazione della retribuzione "persa" (Circolare INPS 11 aprile 2001 numero 87).

(7) La fruizione delle due ore di permesso giornaliero (articolo 33 comma 2 della legge 104/92) o dei tre giorni di permesso mensile (articolo 33 comma 3 della legge 104/92) è alternativa (non è possibile fruire nello stesso mese dei permessi orari e di quelli giornalieri); per prevalente giurisprudenza, il titolare del diritto può scegliere tra permessi orari e giornalieri una volta al mese.

(8) In base alla circolare INPS numero 32 del 3 marzo 2006 ai medici degli ospedali gestiti direttamente dalle AASSLL e ai medici  delle strutture di ricovero pubbliche o private equiparate alla pubblica è riconoscibile la potestà provvisoria (quindi revocabile dalla Commissione medica ex lege 15 ottobre 1990 numero 295 - ex lege numero 423 del 27 ottobre 1993 - Circolare Ministero del Lavoro numero 43 del 1 aprile 1994) per le agevolazioni previste dalla legge 104/1992 a favore dei genitori, parenti o affini di persone handicappate gravi e dei lavoratori portatori di handicap grave. Per comprovare il diritto alla fruizione del permesso retribuito per documentata grave infermità ai sensi dell'art. 4, comma 1, L. n. 53/2000 si considera idoneo il certificato redatto dallo specialista dal quale sia possibile riscontrare sia la descrizione degli elementi costituenti la diagnosi clinica che la qualificazione medico legale in termini di grave infermità (Ministero Lavoro, Salute e Politiche Sociali - Nota 25 novembre 2008, n. 16754).
Però poiché detta certificazione (dei medici degli ospedali gestiti direttamente dalle AASSLL e ai medici delle strutture di ricovero pubbliche o private equiparate alla pubblica) ha natura -provvisoria- e pertanto revocabile, qualora la Commissione medica non riconosca la sussistenza della situazione di handicap grave, l’INPS è legittimato a richiedere al dipendente la restituzione di quanto fruito a titolo di permesso, sin dal primo giorno dalla presentazione della domanda (Ministero Lavoro-Attività Ispettiva - Interpello n 32 del 9 agosto 2011).


Nella lettera circolare del 6 febbraio 2006 il Ministero del lavoro e nel messaggio del 6 marzo 2006 numero 7014 l'INPS, dopo il parere del Consiglio di Stato numero 3389 del 6 dicembre 2005, hanno precisato nuovamente che, mentre per l'assistenza ai disabili si maturano ferie e tredicesima mensilità, i genitori di minori con handicap che optano per il prolungamento del congedo parentale fino al terzo anno di vita del bambino nei periodi di assenza non maturano invece né ferie né tredicesima.

Infatti già in precedenza il Ministero del lavoro si era pronunciato col parere 5 maggio 2004 prot. 15/0001920.

 

  • I genitori di un bambino, portatore di handicap in situazione di gravità, non hanno diritto di usufruire entrambi del permesso di 3 giorni retribuiti in base all'art. 33, comma terzo della legge 104/92, ma solo cumulativamente. L'articolo 20 della legge 53/2000 prevede che il genitore lavoratore ne possa beneficiare anche qualora l'altro genitore non sia lavoratore dipendente.
  • In relazione alla previsione dell'art. 33 comma primo della legge 104/92 per i genitori di un bambino con handicap della possibilità di prolungare il periodo di astensione facoltativa dal lavoro di cui alla legge 1204/71 fino a tre anni di vita del bambino, si deve intendere che gli stessi possono godere di questa possibilità se pubblici dipendenti con la retribuzione al 100 per cento per il primo mese, con la retribuzione al 30 per cento per i successivi cinque mesi e per i restanti senza retribuzione, fino ad un massimo di 10 o 11 mesi, secondo quanto previsto dall'articolo 7 della legge 1204/71 così come sostituito dall'art.3 della legge 53/2000. La legge 53/2000 ha comunque portato la possibilità per tutti i genitori di usufruire dell'astensione facoltativa fino al compimento dell'ottavo anno di vita del bambino.
  • Per i figli minorenni non è più richiesta la convivenza (legge 53/00 art. 19). Inoltre in base alle nuove normative è ora possibile per il genitore lavoratore fruire del prolungamento dell'astensione facoltativa o dei riposi orari fino ai tre anni del bambino, nonché dei giorni di permesso dopo i 3 anni e sino ai 18, anche qualora l'altro genitore non abbia diritto a tali benefici ( perché, per esempio, è casalingo/a, non svolge attività lavorativa, è lavoratore autonomo, ecc.). Invece, nell'ipotesi in cui entrambi i genitori siano lavoratori dipendenti, i permessi continuano a spettare a entrambi, ma in maniera alternativa. Ciò significa che possono spettare indifferentemente alla madre o al padre, ma non con fruizione contemporanea.
  • I genitori con figlio convivente infratredicenne o con handicap hanno la priorità nelle richieste di trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
Legge 247/07 di riforma del Welfare comma 44 punto d) 3

 

Nel Collegato al lavoro (art. 24 legge 4 novembre 2010 numero183 in supplemento ordinario n. 243 della Gazzetta Ufficiale n. 262) sono state introdotte nuove regole per l'assistenza ai disabili (vedi anche INPS Circolare n. 45 dell' 1 marzo 2011) poi in parte modificate dal D.Lgs.119/2011 :

1. il diritto ai tre giorni mensili di permesso dal lavoro spetta al lavoratore dipendente sia pubblico che privato, parente o affine, entro il secondo grado (in precedenza sino al terzo) del disabile che necessità di assistenza
2. il permesso  non può più essere riconosciuto a più di un dipendente (l'INPS col messaggio n.1740/2011  da direttive per la scelta del famigliare) per l'assistenza alla stessa persona (referente unico), salvo che si tratti di un figlio con handicap in situazione di gravità nel qual caso spetta a entrambi i genitori (anche adottivi) alternativamente
3. il diritto ai tre giorni mensili di permesso dal lavoro spetta al dipendente, parente o affine entro il secondo grado (in precedenza terzo grado) qualora si tratti di genitori o del coniuge del disabile che abbiano compiuto il 65esimo anno di età o siano affetti da patologia invalidante o siano deceduti o mancanti
4. ai fini dei permessi non è più necessaria la condizione di convivenza
5. la scelta della sede del lavoro da parte del lavoratore che assiste un disabile è vincolata al domicilio della persona da assistere e non più a quello del lavoratore.

In particolare, la legge 183/2010 riscrivendo l'art. 33 comma secondo della legge 104/1990 aveva eliminato il riferimento ai tre anni di età ed esteso a parenti e affini entro il secondo grado la possibilità di utilizzare i tre giorni mensili di permesso retribuito per assistere minori, quando non lo possono fare i rispettivi genitori. 

Per non creare disparità di trattamento tra i genitori che sono tenuti costituzionalmente a svolgere un ruolo primario nell'allevamento dei figli e il resto dei parenti e affini  l'INPS (circolare 155/2010 punto 2.2) ritiene che anche ai genitori vada riconosciuta la possibilità di utilizzare, in alternativa agli altri benefici, il permesso retribuito dei tre giorni mensili. 

CHIARIMENTI SULLE MODALITÀ DI FRUIZIONE DEI PERMESSI DI CUI ALL’ART. 33 DELLA LEGGE N.104/92 E DEL CONGEDO STRAORDINARIO DI CUI ALL’ART. 42, COMMA 5, DEL D.LGS N. 151/2001 (Messaggio INPS n.3114/2018)

Il lavoro a turni è una particolare modalità organizzativa dell’orario normale di lavoro scelto dall’azienda per una efficiente organizzazione dell’attività lavorativa.
L’articolo 1 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, definisce il lavoro a turni come “qualsiasi metodo di organizzazione del lavoro anche a squadre in base al quale dei lavoratori siano successivamente occupati negli stessi posti di lavoro, secondo un determinato ritmo, compreso il ritmo rotativo, che può essere di tipo continuo (impianti operativi che procedono per tutta la giornata e 7 giorni su 7) o discontinuo (impianti che non procedono 24 ore su 24), e il quale comporti la necessità per i lavoratori di compiere un lavoro a ore differenti su un periodo determinato di giorni o di settimane”.
Per “lavoro a turni” si intende, quindi, ogni forma di organizzazione dell’orario di lavoro, diversa dal normale “lavoro giornaliero”, in cui l’orario operativo dell’azienda può andare a coprire l’intero arco delle 24 ore e la totalità dei giorni settimanali.
Tale modalità organizzativa, pertanto, può comprendere anche il lavoro notturno e il lavoro prestato durante le giornate festive (compresa la domenica).
Al riguardo, si evidenzia che l’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/1992 prevede la fruizione dei permessi mensili retribuiti “a giornata”, indipendentemente, cioè, dall’articolazione della prestazione lavorativa nell’arco delle 24 ore o della settimana e dal numero di ore che il dipendente avrebbe dovuto concretamente effettuare nel giorno di interesse.
Ne deriva che il beneficio in argomento può essere fruito anche in corrispondenza di un turno di lavoro da effettuare nella giornata di domenica.
Lo stesso principio si applica anche al lavoro notturno.
Si precisa infatti che, sebbene il lavoro notturno si svolga a cavallo di due giorni solari, la prestazione resta riferita ad un unico turno di lavoro in cui si articola l’organizzazione.
Ne consegue che il permesso fruito in corrispondenza dell’intero turno di lavoro va considerato pari ad un solo giorno di permesso anche nel caso in cui si articoli a cavallo di due giorni solari.
Si rappresenta, infine, che l’eventuale riproporzionamento orario dei giorni di permesso ai sensi dell’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/92 dovrà essere applicato solo in caso di fruizione ad ore del beneficio in argomento. In tale caso, ai fini della determinazione delle ore mensili fruibili, deve essere applicato l’algoritmo di calcolo di cui al messaggio n. 16866 del 28/6/2007, che di seguito si riporta:
orario di lavoro medio settimanale/numero medio dei giorni (o turni) lavorativi settimanali x 3 = ore mensili fruibili“.          

Il D.lgs n. 81/2015, nel ridisegnare la disciplina del rapporto di lavoro a tempo parziale, ha ribadito il principio di non discriminazione tra lavoratori a tempo pieno e lavoratori a tempo parziale prevedendo, per la generalità degli istituti facenti capo ai lavoratori dipendenti, che  “il lavoratore a tempo parziale ha i medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile ed il suo trattamento economico e normativo è riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa” (art. 7).
Lo stesso D.lgs n. 81/2015, inoltre, ha introdotto la possibilità di pattuire, nell’ambito dei contratti di lavoro part-time, specifiche clausole elastiche, rendendo più flessibile la collocazione temporale e la durata della prestazione lavorativa (art. 6).
Alla luce dell’attuale contesto normativo, si fornisce, di seguito, la formula di calcolo da applicare ai fini del riproporzionamento dei 3 giorni di permesso mensile ai casi di part-time verticale e part-time misto con attività lavorativa limitata ad alcuni giorni del mese:

orario medio settimanale teoricamente
eseguibile dal lavoratore part-time
—————————————————   x 3 (giorni di permesso teorici)
orario medio settimanale teoricamente
eseguibile a tempo pieno

Il risultato numerico andrà quindi arrotondato all’unità inferiore o a quella superiore a seconda che la frazione sia fino allo 0,50 o superiore.

A titolo esemplificativo si riportano i seguenti due esempi.
Esempio 1)
Lavoratore in part-time con orario medio settimanale pari a 18 ore presso un’azienda che applica un orario di lavoro medio settimanale a tempo pieno pari a 38 ore.
Applicando la formula sopra enunciata, il calcolo sarà il seguente:
(18/38) X 3= 1,42 che arrotondato all’unità inferiore, in quanto frazione inferiore allo 0,50, dà diritto a 1 giorno di permesso mensile.
Esempio 2)
Lavoratore in part-time con orario medio settimanale pari a 22 ore presso un’azienda che applica un orario di lavoro medio settimanale a tempo pieno pari a 40 ore.
Applicando la formula sopra enunciata il calcolo sarà il seguente:
(22/40) X 3=1,65 che arrotondato all’unità superiore, in quanto frazione superiore allo 0,50, dà diritto a 2 giorni di permesso mensili.
I tre giorni di permesso non andranno riproporzionati, invece, in caso di part-time orizzontale. Relativamente a tali fattispecie, infatti, la commisurazione dei giorni di permesso alla ridotta durata dell’attività lavorativa è insita nella dinamica del rapporto medesimo.
Si ribadisce che il riproporzionamento andrà effettuato solo in caso di part-time verticale e part-time misto con attività lavorativa limitata ad alcuni giorni del mese.
Il riproporzionamento dei tre giorni, infatti, non andrà effettuato per i mesi in cui, nell’ambito del rapporto di lavoro part time, è previsto lo svolgimento di attività lavorativa a tempo pieno.

Il riproporzionamento orario dei giorni di permesso di cui all’articolo 33, comma 3, della legge n. 104/92 dovrà essere effettuato solo nel caso in cui il beneficio venga utilizzato, anche solo parzialmente, in ore. In caso di rapporto di lavoro a tempo pieno, rimane confermata la formula già indicata nel messaggio n. 16866 del 28/6/2007.
Si fornisce, di seguito, la formula di calcolo da utilizzare in caso di part-time (orizzontale, verticale o misto) ai fini della quantificazione del massimale orario mensile dei permessi:

orario medio settimanale teoricamente
eseguibile dal lavoratore part-time
——————————————————–   x 3 (giorni di permesso teorici)
numero medio dei giorni (o turni) lavorativi
settimanali previsti per il tempo pieno

A titolo esemplificativo si riportano i seguenti due esempi:
Esempio 1)
Rapporto di lavoro part-time con orario di lavoro medio settimanale pari a 18 ore e una media di 3 giorni (o turni) lavorativi settimanali previsti per un lavoratore a tempo pieno dello stesso settore.
Applicando la formula sopra enunciata, il calcolo sarà il seguente:
(18/3) X 3=18 ore mensili.
Il lavoratore avrà dunque diritto a 18 ore di permessi mensili in corrispondenza di qualsiasi tipologia di part-time (orizzontale, verticale o misto).
Esempio 2)
Rapporto di lavoro part-time con orario di lavoro medio settimanale pari a 22 ore e una media di 5 giorni (o turni) lavorativi settimanali previsti per un lavoratore a tempo pieno dello stesso settore.
Applicando la formula sopra enunciata, il calcolo sarà il seguente:
(22/5) X 3= 13,2 pari a 13 ore e 12 minuti mensili.
Il lavoratore avrà dunque diritto a 13 ore e 12 minuti di permessi mensili in corrispondenza di qualsiasi tipologia di part-time (orizzontale, verticale o misto).

Come già evidenziato nella circolare n. 53/2008, è possibile cumulare nello stesso mese, purché in giornate diverse, i periodi di congedo straordinario ex art. 42, comma 5, del D.lgs n. 151/2001 con i permessi ex art. 33 della legge n. 104/92 ed ex art. 33, comma 1, del D.lgs. n. 151/2001 (3 giorni di permesso mensili, prolungamento del congedo parentale e ore di riposo alternative al prolungamento del congedo parentale).
Si precisa, al riguardo, che i periodi di congedo straordinario possono essere cumulati con i permessi previsti dall’articolo 33 della legge n. 104/92 senza necessità di ripresa dell’attività lavorativa tra la fruizione delle due tipologie di benefici.
Quanto sopra può accadere anche a capienza di mesi interi e indipendentemente dalla durata del congedo straordinario.
La fruizione dei benefici dei tre giorni di permesso mensili, del prolungamento del congedo parentale e delle ore di riposo alternative al prolungamento del congedo parentale stesso deve, invece, intendersi alternativa e non cumulativa nell’arco del mese (cfr. la circolare n. 155/2010, par. 2.2).

 


CONGEDO STRAORDINARIO
per cura di famigliari disabili

Il comma 2 dell'articolo 80 della legge Finanziaria 2001 (legge 23 dicembre 2000 numero 388) prevede un nuovo congedo per motivi straordinari, ampliando quanto previsto dalla legge 53/00. Infatti all'interno della disciplina dei congedi per gravi motivi di famiglia ha introdotto un congedo straordinario con copertura economica e previdenziale per cura del famigliare disabile grave e gravissimo: i genitori lavoratori, anche adottivi (dopo la loro scomparsa o se totalmente inabili, uno dei fratelli o delle sorelle), conviventi da almeno cinque anni (requisito abrogato dalla Finanziaria 2004) con soggetti portatori di handicap in situazione di gravità hanno il diritto a godere entro 60 giorni dalla richiesta di un congedo retribuito per un massimo di due anni, alternativamente e in maniera continuativa o frazionata. Inoltre non può essere superata la durata, insieme ad altre aspettative, dei due anni, quale limite individuale complessivo fruibile per ogni lavoratore e quale soglia massima per ogni persona handicappata; pertanto durante il periodo di congedo entrambi i genitori (o eventualmente altra persona avente diritto) non possono fruire di altri tipi alternativi di assenza dal lavoro previsti per l'assistenza a handicappati (in particolare, se il congedo straordinario è utilizzato in una parte anche minima di un mese, in questo stesso mese non sarà possibile usufruire dei permessi di cui all'art. 33, comma 3, della citata legge n. 104 - Parere UPPA n. 1/07). Inoltre se si tratta di figlio minorenne è possibile fruire del beneficio anche se l'altro genitore non lavora, se invece il figlio convivente con entrambi i genitori è maggiorenne e l'altro genitore non lavora non è possibile ottenere il beneficio a meno che sia dimostrata l'impossibilità di prestare assistenza da parte del genitore che non lavora; se il richiedente non è convivente col figlio maggiorenne handicappato è necessario, ma per i -permessi-, che l'assistenza venga prestata in via continuativa ed esclusiva e nel nucleo familiare oltre al disabile non siano presenti altre persone che non lavorano e che siano in grado di prestare assistenza (presenza di un solo familiare affetto da grave malattia o più di tre minorenni o una persona di età superiore a 70 anni).
Con la lettera circolare lettera circolare del 18 febbraio 2010 prot. 3884 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la circolare n.32/2012 dell’INPS e la circolare n.1/2012 della FunzionePubblica, si fa un punto interpretativo sul concetto di convivenza, come richiesta in caso di congedo straordinario: “al fine di addivenire ad una interpretazione del concetto di convivenza che faccia salvi i diritti del disabile e del soggetto che lo assiste, rispondendo, nel contempo, alla necessità di contenere possibili abusi e un uso distorto del beneficio, si ritiene giusto ricondurre tale concetto a tutte quelle situazioni in cui, sia il disabile che il soggetto che lo assistite abbiano la residenza nello stesso Comune, riferita allo stesso indirizzo: stesso numero civico anche se in interni diversi”.
Ricordiamo che il diritto al congedo straordinario è subordinato per tutti i soggetti legittimati al requisito della -convivenza- tranne che per i genitori (circolare n.1 del 3 febbraio 2012 punto 3 lett. a) della Funzione Pubblica).
In caso di part-time verticale la durata del congedo straordinario va conteggiata in misura proporzionale alle giornate di lavoro prestate a part time durante l’anno (Dipartimento della Funzione Pubblica nota 36667 del 12 settembre 2012).
La retribuzione del congedo è pari a una indennità corrispondente all'ultima retribuzione, mentre il periodo di assenza da un punto di vista previdenziale è coperto da contribuzione figurativa. Tuttavia, nel complesso, retribuzione e contribuzione non possono eccedere i 70 milioni di lire annui (INPS circ. 85/2002 e circ. 14/2007); questo limite viene rivalutato annualmente a partire dal 2002, in base all'indice ISTAT). Il congedo sarà retribuito direttamente dal datore di lavoro, il quale provvederà al recupero dell'indennità mediante conguaglio sul pagamento dei contributi dovuti all'ente previdenziale competente (*). L'accredito previdenziale non è più subordinato alla domanda dell'interessato (INPS ).



(*) Il Ministero del lavoro, con la nota numero 95 del 1 giugno 2006, chiarisce che la richiesta di congedo straordinario deve essere presentata all'INPS antecedentemente alla fruizione del congedo o, al massimo, entro la data di inizio dello stesso. La copia della domanda, restituita dall'INPS per ricevuta, va presentata al datore di lavoro per avere diritto al congedo e all'indennità, che sarà legittimamente portata a conguaglio coi contributi dal datore di lavoro. Il modello di domanda predisposto dall'INPS precisa che il datore è autorizzato al pagamento solo in presenza del timbro datario firmato dall'addetto dell'Istituto. Il termine prescrizionale di un anno, entro il quale il lavoratore può richiedere l'indennità spettante, è pertanto riferito all'indennità dovuta a seguito della regolare presentazione della domanda e decorre dal giorno successivo alla scadenza del periodo di paga nel corso del quale è ripresa l'attività lavorativa.

 

CONGEDO STRAORDINARIO PER L'ASSISTENZA FAMIGLIARI CON HANDICAP
Legge 23 dicembre 2000 numero 388 (Finanziaria 2001) art. 80 comma 2
A CHI SPETTA

Alternativamente, alla lavoratrice madre o al padre lavoratore (o al fratello o sorella se i genitori seppur viventi sono totalmente inabili, al figlio convivente di un disabile grave quando non ci siano altre persone che possono prendersene cura), anche se adottivi del soggetto affetto da grave handicap. In caso di scomparsa dei genitori, a uno dei fratelli o delle sorelle dei soggetti con grave handicap purché conviventi, indipendentemente se l'handicappato sia maggiorenne o minorenne. La sentenza n.203/2013 della Corte Costituzionale (vedi anche INPS circolare n.159/2013) estende poi la possibilità del congedo straordinario anche a parenti e affini di terzo grado purchè conviventi, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave e la sentenza n.232/2018 estende la possibilità anche al figlio/a non convivente per la cura del genitore purché subito dopo la concessione venga instaurata la convivenza per garantire al genitore una assistenza permanente e continuativa.
Se il figlio disabile è convivente il congedo spetta al genitore che lavora anche se l'altro non lavora.

In precedenza era previsto anche in caso di non convivenza qualora l’assistenza fosse prestata in via esclusiva e continuativa (norma abrogata per il congedo straordinario e modificata per i -permessi- dall’articolo 24 della legge 183/2010) e se nel nucleo famigliare non fossero presenti altre persone non lavoratrici in grado di prestare assistenza con la eccezione quando nel nucleo familiare oltre al disabile fosse presente un solo famigliare affetto da grave malattia o più di tre minorenni o una persona di età superiore ai 70 anni (circolare INPS 133/2000 paragrafo 2.5 e Ministero del Lavoro interpello 4582/2006).
In particolare, coll’articolo 6 del D.Lgs.119/2011 viene precisato che al coniuge o al genitore della persona con handicap con oltre 65 anni può subentrare parente o affine entro il secondo grado.

Colla circolare n.38/2017 l’Inps ha fornito le istruzioni operative relative alla concessione dei permessi ex lege n. 104/92 e del congedo straordinario ex art. 42, comma 5, D.Lgs.151/2001 ai lavoratori dipendenti del settore privato, alla luce delle disposizioni di cui alla legge n.76/2016 e alla sentenza della Corte Costituzionale n. 213/2016.

In particolare:
- la parte di un unione civile, che presti assistenza all’altra parte, può usufruire di:

  • permessi ex lege n. 104/92,
  • congedo straordinario ex art. 42, comma 5 D.Lgs.151/2001

- il convivente di fatto di cui ai commi 36 e 37, dell’art. 1, della legge n. 76/ 2016, che presti assistenza all’altro convivente, può usufruire unicamente di:

  • permessi ex lege n. 104/92.

In precedenza nessun diritto era riconosciuto al convivente more uxorio, in quanto soggetto non legittimato (Ministero del Lavoro interpello 23 del 15 settembre 2014).

QUANDO SPETTA Per assistenza di soggetti con handicap in situazione di gravità, ossia affetti da minorazione, singola o plurima, che abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, accertata dalle apposite commissioni istituite presso le ASL.
LE CONDIZIONI

Possesso del diritto alla fruizione delle agevolazioni per la assistenza del figlio previste dall'art. 33 della legge 104/92 e successive modifiche.

La norma che prevedeva la convivenza con il soggetto affetto da handicap da almeno cinque anni è stata abrogata dall'art. 3 comma 106 della Finanziaria 2004 (legge 350/03).

Se il figlio minorenne è convivente spetta al genitore (o all'avente titolo) che lavora anche se l'altro non lavora; se non è convivente spettano solo i permessi se l'assistenza è prestata in via esclusiva e continuativa (norma abrogata dall'articolo 24 della legge 183/2010).
QUANTO DURA

Due anni complessivamente (tra tutti i soggetti fruitori come specificato nella circolare INPS numero 28/2012 punto 1.3 lett a)

Colla sentenza n.11031 del 5 maggio 2017 la Cassazione precisa che il congedo spetta per ciascuna persona portatrice di handicap, come previsto dal 42 del D.Lgs.151/2001 comma 5-bis.

Vedi anche Finanziaria 2007 comma 1266 e commi 789 e 790 e art. 42 del D.Lgs.151/2001 comma 5-bis come modificato dall’art. 4 del D.Lgs. 119/2011.
QUANDO SI FRUISCE Entro 60 giorni dalla richiesta (modulistica 1 e 2).
TRATTAMENTO ECONOMICO

Il congedo è retribuito con una indennità (che ha natura sostitutiva della retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito dall'attività lavorativa se non fosse stato impedito dalla necessità di assistere un portatore di handicap) corrispondente all'ultima retribuzione ed è coperta per la pensione con contribuzione figurativa. Il tetto limite omnicomprensivo (anno 2001) è di lire70 milioni (€ 36.151,98) annui indicizzati annualmente (per il 2002 € 37.128,09; per il 2003 € 38.019,16; per il 2004 € 38.969,04; per il 2005 € 39.749,03; per il 2006 € 40.424,77; per il 2007 € 41.233,28 (nota operativa INPDAP n.3/2007 e circolare INPS n.83/2007), per il 2008 € 41.934,22 (nota operativa INPDAP n.2/2008); per il 2009 € 43.276,11; per il 2010 € 43.579,06 (circolare INPS n.37/2010); per il 2011 € 44.273,28 (messaggio INPS n.13013/2011, messaggio INPS n.14568/2011 e circolare INPDAP n.22/2011), per il 2012 € 45.468,66 , per il 2013 l’importo complessivo annuo e di € 46.472,15 con un importo massimo di 34.941 euro (circolare INPS n.47/2013) poi rettificato con circolare INPS 59/2013: importo complessivo annuo € 46.835,93 con un importo massimo di 35.215 euro, per il 2014 la retribuzione annua massima per il congedo straordinario ex articolo 42 comma 5 del DLgs 151/2010 è di € 47.351,00 (circolare INPS n.20/2014 punto 19 e n.44/2014), per il 2015 di € 47,446,00 (circolare INPS n. 11/2015 punto 12.3) e per il 2016 di € 47.446 (circolare INPS n.11/2015 punto 12.3) e precisamente € 35.674 di indennità economica e € 11.771,82 euro, è a disposizione dell'Inps per l'accredito dei contributi figurativi; gli stessi dati anche per il 2017 (circolare INPS n. 19/2017 punto 12.3).

Per il 2018, considerando che nel 2017 la variazione Istat è stata pari all’1,1% i limiti degli importi accreditabili sono:

  • 98,54 euro, per l’indennità giornaliera e per la retribuzione figurativa massima giornaliera (per l’accredito dei contributi);
  • 689,78 euro, per la retribuzione figurativa massima settimanale;
  • 36.066 euro, per l’indennità annua e per la retribuzione figurativa massima annua;
  • 47.968 euro, quale importo complessivo annuo (punto 12.3 circolare n.13 del 26.01.2018 dell’INPS).

Per il 2019 l’importo complessivo massimo retribuzione e  contribuzione è fissato in euro 48.495,00 (punto 12.3 circolare n. 6 del  25.01.2019 dell’INPS) e punto 4 circolare n.79 del 3 giugno 2019 dell’INPS e punto 4 circolare n.79 del 3 giugno 2019 dell’INPS).

Per il 2020 l’importo complessivo massimo retribuzione e  contribuzione è fissato in euro 48.738,00 (punto 12.3 circolare n. 9 del  29.01.2019 dell’INPS) ovvero importo complessivo annuo 48.738  con importo massimo annuo indennità 36.645 pari a 100,12 di importo massimo giornaliero (INPS circolare n55 del  20.04.2020).

Poiché l’aggiornamento dell’importo massimo di retribuzione e contribuzione è rivalutato
annualmente sulla base della variazione dell'indice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, poiché per il 2020 tale indice è zero per l'anno 2021, tale importo rimane invariato rispetto a quello del 2020 e cioè pari a € 48.737,86 che, arrotondato all’unità di euro, è pari a € 48.738,00 (INPS circolare n, 10   del 29 gennaio 2021 punto 12.3).

Per il 2022 l’importo complessivo massimo retribuzione e  contribuzione è fissato in euro in € 49.664,00 (INPS circolare n. 10 del 28 gennaio 2022 punto 12.3 e circolare 35 del 4 marzo 2022 punto B.5) .

Per assenze di durata inferiore il massimo indennizzabile viene proporzionatamente ridotto.

Per il calcolo di scorporo per l'accredito figurativo va fatto riferimento al contributo previdenziale del 32,70% (INPS cir. 14/2007)
ASPETTI NORMATIVI

Solo i permessi per l'assistenza ai disabili non incidono sulle ferie e tredicesima (Circolare Dipartimento Funzione Pubblica 8 marzo 2005 numero 208, lettera circolare del Ministero del lavoro 2 febbraio 2006, messaggio INPS 6 marzo 2006 numero 7014 e Informativa INPDAP numero 30/03). Infatti l'indennità per il Congedo straordinario non essendo una retribuzione non ha effetto sulla tredicesima mensilità, sulle ferie e neppure sul trattamento di fine servizio o fine rapporto (D.Lgs. numero 119/2011 art. 4 comma 5 quinquies) e neppure sulla anzianità di servizio (fatta esclusione quella ai fini pensionistici) limitatamente al settore privato.

In caso di part-time verticale la durata del congedo straordinario va conteggiata in misura proporzionale alle giornate di lavoro prestate a part time durante l’anno (Dipartimento della Funzione Pubblica nota 36667 del 12 settembre 2012).

INCOMPATIBILITA' Durante il periodo di congedo entrambi i genitori non possono usufruire dei benefici di cui all'art. 33 della legge n. 104/92 (art. 42, comma 5, TU).
Il congedo straordinario non può essere interrotto da altri eventi che di per sé potrebbero giustificare un'astensione dal lavoro. Solo in caso di malattia o maternità il lavoratore può scegliere se interrompere la fruizione del congedo straordinario; in tal caso la possibilità di godimento, in un momento successivo, del residuo periodo del congedo straordinario, è naturalmente subordinata alla presentazione di una nuova domanda.
Il diritto alla fruizione del congedo straordinario non può essere escluso, a priori, nei casi in cui il disabile svolga, per il medesimo periodo di congedo, attività lavorativa (Ministero del Lavoro - Interpello n. 30 del 6 luglio 2010).
ASPETTI PENSIONISTICI
E PREVIDENZIALI

Il periodo è coperto ai fini del trattamento di quiescenza da contribuzione figurativa nei limiti previsti dei 70 milioni di lire di indennità indicizzata annualmente (INPS circ. 14/2007).

Non sono valutabili ai fini del trattamento di fine servizio (indennità premio di servizio ed indennità di buonuscita) né del TFR (Circolare n. 11 del 12 marzo 2001 della Direzione Centrale Prestazioni Previdenziali, D.Lgs. n. 119/2011 art. 4 comma 5 quinquies).

Vedi anche Finanziaria 2007 commi 789 e 790, nota operativa 37/2007 e circolare 6 dell' 8 aprile 2008 dell'INPDAP.

ANZIANITA' DI SERVIZIO Con circolare 2285/2013 il Dipartimento della Funzione Pubblica precisa che il Congedo Straordinario mentre per il settore privato è utile ai fini dell’anzianità per il diritto alla pensione e la sua misura (periodi con contribuzione figurativa) al contrario del settore pubblico ove la contribuzione è connessa alla retribuzione effettivamente versata dal datore di lavoro, non fa invece maturare l’anzianità di servizio e la connessa progressione economica in quanto va presupposta una attività lavorativa effettivamente svolta.

 

Secondo la Corte dei conti della Lombardia (parere numero 463 depositato il 18 luglio 2011) il diritto del lavoratore dipendente da pubblica amministrazione ad assistere un famigliare disabile, in presenza dei requisiti richiesti, non può essere limitato o legato da vincoli in materia di spese per il personale. Essendo il lavoratore titolare di un diritto potestativo alla concessione del congedo retribuito per l’assistenza a famigliare disabile, si deve prescindere dal fatto che gli oneri ricadano sulla pubblica amministrazione: i soggetti legittimati hanno diritto a fruire del congedo entro 60 giorni dalla richiesta, prescindendo dal piano contabile.
L’Amministrazione è tenuta solamente alla verifica del possesso dei requisiti richiesti per la concessione del congedo.

 

Va precisato che in passato, in base all'art. 42 della legge 151/2001, non era possibile, in relazione al figlio portatore di handicap, la fruizione contemporanea dell'astensione facoltativa da parte di un genitore e del congedo straordinario retribuito di 2 anni da parte dell'altro mentre, invece, era (ed è tutt'ora) prevista la possibilità che uno dei genitori fosse in congedo parentale (cfr. astensione facoltativa per maternità) e che l'altro godesse contemporaneamente dei permessi di cui alla legge 104/92 e precisamente dell'astensione facoltativa sino a tre anni, delle 2 ore di permesso giornaliero fino al compimento del terzo anno di vita del bambino e dei tre giorni di permesso mensile successivamente al terzo anno di vita del bimbo handicappato.
Ora col messaggio 22912/2007 l'INPS chiarisce che il congedo straordinario può essere concesso a un genitore nello stesso periodo in cui l'altro genitore fruisce del congedo di maternità o del congedo parentale per il medesimo figlio, essendo i benefici previsti in situazioni completamente diverse e non contemporaneamente tutelabili tramite l'utilizzazione di un solo istituto. Ovviamente permane l'impossibilità, da parte di entrambi i genitori, di fruire dei benefici di cui all' art. 33 della legge 104/92 durante il periodo di congedo straordinario, trattandosi in tal caso, di benefici diretti al medesimo fine. Con la circolare INPS n.53 del 29 aprile 2008 l'INPS chiarisce inoltre che il congedo straordinario previsto dall'articolo 42 comma 5 del D.Lgs. 151/2001 è cumulabile con i permessi previsti dall'articolo 33 della legge 104/92 purchè se, nello stesso mese, vengano fruiti in giornate diverse.

Il comma 5 bis dell’art.42 del DLgs 151/2001 modificato dal DLgs 119/2011 prevede che il beneficio di due anno di congedo straordinario nell’arco della vita lavorativa si intende per ciascuna persona portatrice di handicap. Precisazione riconfermata anche dalla Cassazione (sentenza 11031/2017). In precedenza già l’Inpdap (circolare n.2 /2002)  aveva dato una interpretazione estensiva : nell’ipotesi di più figli con handicap, il beneficio spetta per ognuno di essi, con i limiti indicati per i benefici della legge 104/92, previa verifica (tramite accertamento sanitario) dell’impossibilità di assistenza degli stessi usufruendo di un solo congedo straordinario. Concetto poi ribadito anche con la circolare 31 del 2004: si rammenta che il limite di due anni deve essere conteggiato con riferimento a tutti i beneficiari e per ogni soggetto disabile

Al lavoratore dipendente, che si trova nella duplice qualità di soggetto esso stesso disabile e di familiare che assiste un disabile, è consentita la cumulabilità dei permessi retribuiti previsti dal comma 6 e 3, dell'art.33 della L. n.104/92, purchè il beneficiario sia nella condizione di soddisfare specifiche esigenze assistenziali al familiare portatore di handicap grave e non vi siano, nell'ambito dello stesso nucleo familiare, altri soggetti che usufruiscono dello stesso beneficio (Parere Uppa 185/2003). Di parere contrario al cumulo l'INPS (Circolare 37/1999)

La circolare INPS n.53 del 29 aprile 2008 abolisce l'obbligo di inoltro del programma di assistenza previsto per il richiedente i permessi previsti dalla legge 104/92 per chi risiede o risiede in luogo diverso da quello nel quale risiede il soggetto disabile, previsto dalla circolare 90/2007.

Ricordiamo che in base alla legge di riforma delle pensioni (legge numero 335 dell'8 agosto 1995) ai lavoratori titolari di futura pensione calcolata col metodo contributivo sono riconosciuti i seguenti periodi di accredito figurativo:

I riposi orari sino a un anno di età del bambino non sono quelli alternativi al prolungamento dell'astensione facoltativa, ma quelli così detti per l'allattamento. In particolare durante l'utilizzo di questi riposi orari da parte della madre, il padre può fruire del congedo parentale normale, al contrario l'utilizzo del congedo parentale normale della madre preclude la fruizione dei riposi orari da parte del padre. Tra il secondo e il terzo anno d'età del bambino, i riposi orari giornalieri diventano quelli alternativi al prolungamento del congedo parentale.

Il comma 1266 della Finanziaria 2007 ha aggiunto all'art. 42, comma 5, del D. L.vo n. 151/2001 concernente la tutela della maternità e della paternità un ultimo periodo (la disposizione riguarda i riposi ed i permessi relativi ai figli con handicap) di tale tenore: "i soggetti che usufruiscono dei permessi di cui al presente comma per un periodo continuativo non superiore a 6 mesi, hanno diritto ad usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco lavorativo, senza riconoscimento del diritto a contribuzione figurativa".

Pertanto, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi di legge e che abbiano titolo a fruire dei benefici relativi hanno diritto a fruire del congedo parentale entro sessanta giorni dalla richiesta.
Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa. L'indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità previste per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità. I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l'importo dell'indennità dall'ammontare dei contributi previdenziali dovuti all'ente previdenziale competente.
Il congedo fruito alternativamente da entrambi i genitori non può superare la durata complessiva di due anni e durante il periodo di congedo entrambi i genitori non possono fruire di altri benefici.
I soggetti che usufruiscono dei permessi per un periodo continuativo non superiore a sei mesi hanno diritto a usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero dei giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo lavorativo, senza riconoscimento del diritto a contribuzione figurativa.