EMOTRASFUSIONI E TESTIMONI DI GEOVA

Va premesso che nell’attuale ordinamento il paziente ha il diritto di non curarsi (articolo 32 della Carta Costituzionale, articolo 35 del Codice di Deontologia Medica e articolo 5 della Convenzione di Oviedo 1997 sui diritti dell’uiomo e della biomedicina).
Nel conflitto tra libertà di coscienza e salute, di fronte ad una espressione cosciente di rifiuto alle cure, il medico, che ha il dovere di curare, deve rispettare la volontà del paziente (senza che nessuna autorità legislativa, amministrativa, giudiziaria possa cambiare le cose) purché la decisione sia l’espressione di una volontà accertata e non solo ipotetica.
Infatti va posta grande attenzione all’ordine gerarchico delle fonti del diritto tra il diritto di autodeterminazione del paziente per il rifiuto alle cure (diritto di lasciarsi morire, non di volere la morte) e i doveri che incombono sul medico che ha l’obbligo di attivarsi e fare, secondo scienza e coscienza, tutto il possibile per la salvaguardia della salute del paziente.
Il rifiuto alle cure (in questo caso alle trasfusioni di sangue) deve essere però oggetto di una manifestazione chiaramente espressa, non equivocabile, attuale, informata e compresa, deve, cioè, esprimere:

Inoltre, il dissenso deve seguire e non precedere una informazione sul reale pericolo di vita imminente e non altrimenti evitabile, deve anche essere sempre attuale e non preventivo. Il "niente sangue" su un cartellino non basta.
Ne deriva, dunque, che, qualora il paziente sia in stato di incoscienza, non sia cioè in condizioni di manifestare coscientemente una volontà già espressa prima dell’evento lesivo e prima di una adeguata e compresa informazione, il diniego non è valido in quanto non reiterato al momento della prestazione: un conto è l'espressione di un generico dissenso ad un trattamento in condizioni di piena salute, molto diverso è il riaffermarlo puntualmente in una situazione di effettivo pericolo di vita.
Dunque, il dissenso alla terapia trasfusionale, seppur salva vita, deve essere manifestato dall’interessato o da un soggetto diverso (da lui indicato solo quando risulti rappresentante ad acta, cioè con dimostrata esistenza del proprio potere rappresentativo) al momento dell’evento lesivo con una articolata, puntuale, espressa dichiarazione dalla quale emerga, in modo non equivocabile, la volontà di impedire la trasfusione anche in ipotesi di pericolo di vita.
Attenzione, se il paziente giunge cosciente in Pronto soccorso e informato delle sua situazione clinica manifesta il proprio diniego ad una terapia trasfusionale tale manifestazione di volontà deve essere annotata dal medico di pronto soccorso, così che, se nell’immediato giunge in reparto in stato di incoscienza, il medico del reparto ne è informato e conseguentemente attenersi ad una volontà appena espressa. Differente è la situazione se decorrono alcuni giorni e giunge un episodio acuto durante la degenza che necessiti di una trasfusione di urgenza. In tale situazione va infatti acquisito un nuovo consenso informato con l’informazione della situazione sopravvenuta e della necessità di una urgente terapia emotrasfusionale.

Sintetizzando secondo l’avv.Paola M.Ferrari:

PAZIENTE IN GRADO DI INTENDERE E VOLERE


SITUAZIONE D’EMERGENZA CON PAZIENTE NON IN GRADO DI INTENDERE E VOLERE


La semplice espressione "niente sangue" è destinato a porre in capo al medico il compito inaccettabile di ricostruire ipoteticamente la volontà del paziente e di presumere il rifiuto religioso alla trasfusione di fronte al repentino insorgere di un effettivo pericolo di vita evitabile con una trasfusione.

In conclusione, il paziente ha sempre diritto di rifiutare le cure mediche, anche quando il rifiuto può causare la morte, però tale dissenso per essere valido ed esonerare il medico dal potere-dovere del curare, deve essere: espresso, inequivoco e attuale. Una generica manifestazione di dissenso formulata ex ante in pieno benessere non sarebbe sufficiente: il dissenso deve essere manifestato dopo l’adeguata informazione sulla gravità clinica e sui rischi derivanti dal rifiuto alle cure. In particolare, ne deriverebbe che il dissenso alle cure deve essere «attuale», non può essere «allora per ora».

Marco Rodolfi
La nuova responsabilità sanitaria e la sua assicurazione
Il consenso informato - Giuffrè Editore 2017



Di notevole interesse la diversa situazione in caso di emotrasfusione in assenza di consenso e di emotrasfusione in caso di consenso negativo in paziente divenuto incosciente riconfermato dall’Amministratore di sostegno (Trib.Tivoli GIP ord.4362/2017): il trattamento medico eseguito in assenza del prescritto consenso non integra il reato di cui all’art. 610 c.p, poiché non può affermarsi che il chirurgo, compiendo sul paziente incosciente un determinato atto operatorio ( o, nel caso in questione, eseguendo una emotrasfusione) non preventivamente consentito, compia nel suoi confronti una violenza nel senso fatto proprio dall'art. 610 c.p. Tale conclusione, però, vale solo nel caso in cui il trattamento medico sia stato praticato in «assenza» del prescritto consenso (Cassazione Sezioni Unite sentenza 2437 del 18.12.2008).
Al contrario, invece, in caso di un espresso dissenso alla emotrasfusione manifestato del paziente ancora in stato di lucidità, e confermato per iscritto poi dall'amministratore di sostegno (consenso negativo alla emotrasfusione, sgravando da ogni responsabilità medici e ospedale) lo stesso giorno in cui il medico lo interpellò per comunicare l'imminente pericolo di vita della e la necessità di trasfusione.