14. DIRITTI CONNESSI AL TRATTAMENTO ECONOMICO E ALTRI DIRITTI
DIRITTI CONNESSI AL TRATTAMENTO ECONOMICO
I periodi di astensione obbligatoria dal lavoro in base all'articolo 6 della legge 1204/71 e articolo 22 del Decreto legislativo 151/01, oltre a essere computati nell'anzianità di servizio e tutti gli effetti, fanno maturare il diritto alla tredicesima mensilità (o gratifica natalizia) ove prevista.
Al contrario, in base all'articolo 7 della legge 1204/71, all'articolo 3 comma 5 della legge 53/2000 e agli articoli 34 e 48 del Decreto legislativo 151/01, i periodi di assenza facoltativa o di malattia del figlio di età inferiore agli otto anni, pur computati ai fini della anzianità di servizio, non fanno maturare la tredicesima mensilità ove prevista, che pertanto sarà diminuita in proporzione ai periodi di assenza effettuati durante l'anno solare. A partire dal 13 agosto 2022 in base all’art.34 punto 5 del DLgs 105/2022 tutti i periodi di congedo parentale sono computati nell'anzianita' di servizio e non comportano più la riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilita' o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all'effettiva presenza in servizio, salvo quanto diversamente previsto dalla contrattazione collettiva.
Per questi periodi di assenza facoltativa o di malattia del figlio può essere richiesta (legge 53/2000 art.7) l'anticipazione del Tfr (per i dipendenti pubblici dovrà essere emanato un provvedimento di attuazione) ai fini delle spese da sostenere durante la fruizione di questi congedi. L'anticipazione deve essere corrisposta unitamente alla retribuzione relativa al mese che precede la data di inizio del congedo.
Ricordiamo che in base all'articolo 122 del DPR 384/90 alle lavoratrici madri dipendenti USL durante il periodo di assenza obbligatoria è riconosciuto il diritto, oltre al trattamento economico ordinario, anche alle quote di salario accessorie fisse e ricorrenti relative alla professionalità e alla produttività, escluse quelle legate alla necessità di effettuazione delle relative prestazioni.
La lavoratrice-madre, con rapporto di lavoro a termine, ha diritto ad usufruire per intero del periodo di astensione obbligatoria, anche dopo la scadenza del termine previsto di durata del rapporto di lavoro.
I riposi e i permessi previsti dall'art. 42 del decreto legislativo 26 marzo 2001 numero 151 (Riposi e permessi per i figli con handicap grave) quando non siano cumulati con il congedo parentale non decurtano nè le ferie nè la tredicesima mensilità (lettera circolare del Ministero del lavoro 6 febbraio 2006 e messaggio INPS 6 marzo 2006 numero 7014).
PROSPETTO ESPLICATIVO SUL RIFLESSO PREVIDENZIALE | |
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SITUAZIONE DI SERVIZIO | RIFLESSO PREVIDENZIALE |
congedo straordinario | non interrompe il servizio |
aspettativa per motivi di salute | non interrompe il servizio |
assenze dal lavoro per maternità | non interrompe il servizio |
aspettativa per motivi di famiglia | interruzione |
ASSENZE AI FINI DEL CALCOLO DELLA TREDICESIMA | ||
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CAUSA | MATURAZIONE | FONTI |
Astensione obbligatoria per maternità | computabile | Art. 22 Dlgs 151/2001 |
Astensione facoltativa per maternità | non computabile computabile dal 13 agosto 2022 |
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Congedo matrimoniale | computabile | Rdl 1334/1937 |
Sciopero | non computabile | Ccnl |
Festività, ferie e permessi retribuiti | computabile | Ccnl |
Malattia del figlio | non computabile | Art. 48 Dlgs 151/2001 |
Periodo di aspettativa | non computabile | Ccnl |
In caso di conversione a tempo pieno di un contratto di lavoro a part time, con riferimento all'articolo 60 punto 2 del Dlgs 151/2001, nel caso in cui sia stato concordata la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno per un periodo in parte coincidente col congedo di maternità (astensione obbligatoria), per la determinazione economica dell'indennità di maternità va presa a riferimento la situazione più favorevole e cioè come base di calcolo la retribuzione dovuta per l'attività lavorativa a tempo pieno che sarebbe stata svolta se non fosse intervenuta l'astensione obbligatoria per la maternità (messaggio INPS 13 aprile 2006 numero 11635).
Assenza | Trattamento economico | Scatti di anzianità | Ferie / 13° | Altri premi | TFR - IPS |
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Congedo Maternità o Paternità | 80%
nel privato 100% nel pubblico |
SI | SI | SI | SI |
Congedo parentale | 30% 100% ove contrattualmente previsto per i primi 30 giorni |
SI | Dal 13 agosto 2022: SI | SI (*) | SI (*) |
Malattia bambino | niente (**) | SI | NO | SI (*) | SI (*) |
Riposi
giornalieri (permessi per l'allattamento |
SI | SI | SI | SI | SI |
(*)
Copertura ridotta nelle assenze tra il terzo (portato a 6 anni dal DLgs 80/2015) e l'ottavo anno di vita
del bambino con facoltà di integrazione da parte dell'interessato |
ASSEGNO UNICO e UNIVERSALE PER I FIGLI A CARICO
Il Consiglio dei Ministri ha pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 309 del 30 dicembre 2021, il Decreto Legislativo 21 dicembre 2021, n. 230, riguardante l’istituzione dell’assegno unico e universale per i figli a carico, in attuazione della delega conferita al Governo ai sensi della legge 1° aprile 2021, n. 46.
Il decreto introduce un beneficio economico mensile ai nuclei familiari secondo la condizione economica del nucleo, sulla base dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE).
L’assegno è riconosciuto ai nuclei familiari per ogni figlio minorenne a carico e decorre dal settimo mese di gravidanza.
È inoltre riconosciuto a ciascun figlio maggiorenne a carico, fino al compimento dei 21 anni di età, in presenza di una delle seguenti condizioni: il figlio maggiorenne a carico frequenti un corso di formazione scolastica o professionale, ovvero un corso di laurea o svolga un tirocinio ovvero un’attività lavorativa con un reddito complessivo inferiore a 8.000 euro o sia registrato come disoccupato e in cerca di un lavoro presso i servizi pubblici per l’impiego o svolga il servizio civile universale.
Sono previste maggiorazioni per ciascun figlio minorenne con disabilità, per ciascun figlio maggiorenne con disabilità fino al ventunesimo anno di età, per le madri di età inferiore a 21 anni, per i nuclei familiari con quattro o più figli, e per i nuclei con secondo percettore di reddito.
L’assegno è riconosciuto senza limiti di età per ciascun figlio con disabilità.
La domanda per il riconoscimento dell’assegno ha validità annuale e va pertanto rinnovata ogni anno, potrà essere presentata a decorrere dal 1° gennaio 2022.
La presentazione della domanda avviene in modalità telematica all’INPS ovvero presso gli istituti di patronato.
Per i nuclei percettori di Reddito di cittadinanza, l’assegno unico e universale è corrisposto d’ufficio congiuntamente con il Reddito di cittadinanza e secondo le modalità di erogazione di quest’ultimo, sottraendo la quota prevista per i figli minori.
Il pagamento dell’assegno è corrisposto da marzo di ogni anno fino al febbraio dell’anno successivo.
ESONERO CONTRIBUTIVO PER LE LAVORTRICI MADRI
Colla legge 213 del 30 dicembre 2023 all’articolo 1 comma 180 per gli anni 2024,2025 e 2026 alla lavoratrici madri con tre o più figli con rapporto di lavoro di pendente a tempo indeterminato alle lavoratrici vie riconosciuto l’esonero dei contributi previdenziali IVS fino al compimento del 18° anno del figlio più piccolo sino al limite massimo di 3.000 euro riparametrato su base mensile e all’articolo 1 comma 181 per l’anno 2024 anche alla madri di due figli fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo.
Con la circolare n. 27 del 31 gennaio 2024, l’INPS fornisce le indicazioni e le istruzioni per la gestione degli adempimenti previdenziali. L’interessata deve chiedere al datore di lavoro di inoltrare la domanda all’INPS con segnalazione dei codici fiscali dei figli sventi titolo.
ESONERO CONTRIBUTIVO MADRI LAVORATRICI | |
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Madri lavoratrici a tempo indeterminato con tre o più figli | Decontribuzione dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026 finchè il più piccolo dei figli compie 18 anni |
Madri lavoratrici a tempo indeterminato con 2 figli | Decontribuzione dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024 (in via sperimentale) finchè il più piccolo compie 10 anni |
ALTRI DIRITTI
Nella protezione sociale della donna, collegata alla maternità, ricordiamo anche il divieto del licenziamento (*) della donna in stato di gravidanza (anche se la gravidanza si manifesta durante il periodo di prova - Cassazione 17 aprile 1992 numero 4740) sino al compimento del primo anno di vita del bambino. Questo divieto è stato allargato anche al padre (legge 53/2000 art. 13).
La lavoratrice dipendente che abortisce entro i primi 180 giorni di gravidanza non può essere licenziata durante tutto il periodo della gravidanza e fino a termine del periodo di malattia conseguente alla interruzione di gravidanza (Cassazione 14 luglio 2015 numero 14723).
TUTELA MATERNITA' | |
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Interruzione entro 180 giorni dal concepimento | aborto (malattia) |
Interruzione dopo 180 giorni dal concepimento | parto (maternità) |
TUTELA MATERNITA' | |
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PERIODO DECESSO | DIVIETO LICENZIAMENTO |
Bambino nato morto | sino al termine del periodo di interdizione |
Decesso durante in periodo di interdizione obbligatoria | sino al termine del periodo di interdizione |
Decesso dopo il periodo di interdizione obbligatoria ma prima del compimento di un anno | il divieto di licenziamento cessa dopo 10 giorni dalla morte |
In particolare, l'indennità di maternità spetta, ai sensi dell'articolo 17 della legge 1204/1971 anche nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro che, in deroga al divieto di licenziamento, disposto dall'articolo 2 (**) della stessa legge, si verificano durante i periodi di interdizione dal lavoro (la eccezione in caso di licenziamento per colpa grave della lavoratrice stata abrogata dalla Corte costituzionale - sentenza 405/2001).
La lavoratrice madre può licenziarsi, ma le dimissioni debbono essere convalidate nelle modalità secondo le istruzioni operative impartite dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale con lettera circolare prot. 25/I/0007001 del 4 giugno 2007 (vedi anche Nota 9 dicembre 2013 numero 21490 della Direzione generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro)
Secondo il Tribunale di Ravenna - Ordinanza 19 dicembre 2005 è legittimo il trasferimento comunicato alla lavoratrice madre entro l'anno di età del bambino, purchè abbia efficacia successiva a questo termine: "non è il momento in cui viene disposto il trasferimento, ma il fatto che la lavoratrice abbia assicurato lo stesso posto di lavoro nel periodo fino a un anno di età del bambino" (DLgs 151/2001 art. 54 e art.56).
Come previsto dalla circolare del Ministro del lavoro numero 70 del 1 dicembre 2004 il diritto al congedo per maternità con l'interdizione anticipata dal lavoro per maternità (dall'inizio di una gravidanza a rischio o per attività in situazioni pericolose) spetta sempre anche in comprovata carenza di rapporto di lavoro purché la gravidanza sia avvenuta in costanza di rapporto di lavoro o al più entro i successivi 60 giorni dalla risoluzione. Al contrario l'interdizione prorogata per gravosità delle condizioni di lavoro e impossibilità del trasferimento della lavoratrice ad altre mansioni (dal termine dei tre mesi dalla data effettiva del parto al 7 mese di vita del bambino) spetta solo in costanza di rapporto di lavoro. Pertanto non può mai essere richiesto per i periodi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro nemmeno entro 60 giorni dalla risoluzione.
La lavoratrice/il lavoratore che si ammala durante il periodo di godimento di un congedo parentale non ha diritto alla sospensione del periodo di astensione per il congedo parentale dal momento dell'insorgenza della infermità. Se invece la malattia insorge prima dell'inizio del periodo di congedo parentale già richiesto, la comunicazione, da parte dell'interessata/o, dell'assenza per malattia costituisce legittima revoca della precedente manifestazione di volontà di fruizione del congedo parentale.
Va tenuto presente che il periodo di malattia connesso al puerperio non incide, indipendentemente dalla durata, sul computo del periodo di comporto, anche quando la malattia, debitamente certificata, abbia una durata superiore al periodo convenzionalmente inteso quale puerperio, ossia l'arco temporale che segue immediatamente il parto e comprende le sei-otto settimane successive; inoltre l'indennità di maternità corrisposta per tutto il periodo del congedo di maternità assorbe, in quanto comprensiva, ogni altra indennità spettante per malattia, mentre per il periodo di assenza dal lavoro successivo alla conclusione del congedo di maternità, alla lavoratrice spetterà il normale trattamento economico (art.20 DPR 1026/1976 e Min.lavoro nota prot.6123 del 16 novembre 2006).
Nell’ambito della tutela della genitorialità e della famiglia con l’articolo 42-bis viene prevista la possibilità di un trasferimento temporaneo anche frazionato per un massimo di tre anni del dipendente pubblico con figli minori (ivi compresi adottati o in affidamento) fino a tre anni in una sede nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, a condizione che sussista un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle due amministrazioni
(di provenienza e di destinazione).
La norma vale anche per i militari (Dlgs 66/2010 articolo 1493).
L'eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali.
L'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda.
La norma rientra tra quelle poste a tutela dei valori inerenti la famiglia e, in particolare, la cura dei figli minori in tenerissima età con genitori impegnati in attività lavorativa (artt.29,30,31 e 37 della Costituzione).
(*) Il divieto assoluto di licenziare le donne in attesa di un bambino vige anche se il datore di lavoro, che ha comminato il licenziamento, non era al corrente che la dipendente era incinta (Cassazione sez. lavoro 6596/2000 e 2244/2006).
(**) Il licenziamento può avvenire nei seguenti casi:
- colpa grave della lavoratrice
- cessazione dell'attività dell'azienda, non del reparto (Cassazione 7 febbraio 1992 numero 1334)
- ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o risoluzione del rapporto del lavoro per la scadenza del termine (in ospedale: incarichi o supplenze)
- per mancato superamento del periodo in prova (Corte Cost. 31 maggio 1996 numero 172).
In base all’articolo 3 comma 1 del DLgs 80-2015 l’indennità di maternità, pagata direttamente dall’Inps, spetta anche in caso di licenziamento per colpa grave da parte della lavoratrice, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro, per cessazione dell’attività dell’azienda cui essa è addetta, per ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine purchè durante il periodo di astensione obbligatoria (come previsti negli articoli 16 e 17 del D.Lgs. 151/2001).