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4. PERMESSI LAVORATIVI E FAMILIARI DI DISABILI

4.1 DIRITTO E NORMATIVE

La legge 104/1992 (articolo 33 poi modificato col D.Lgs. 119/2011) prevede a domanda permessi lavorativi ai familiari di disabili, con specifiche modalità, criteri e condizioni.

Hanno diritto ai permessi lavorativi retribuiti:

NB - Il diritto può essere esteso sino al terzo grado (col D.Lgs. 119/2011 articolo 6: il diritto può essere esteso sino al -secondo grado-) qualora i genitori o il coniuge della persona in situazione di disabilità grave abbiano compiuto i 65 anni oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

I permessi spettano anche nel caso in cui i genitori siano adottivi o affidatari (in quest’ultimo caso solo nell’ipotesi di disabili minorenni in quanto l’affidamento riguarda soltanto soggetti minorenni - legge 149/2001 articolo 2).

Il permesso è raddoppiato in caso di due figli gemelli con handicap (Cassazione sezione lavoro - sentenza 4623/10).

Nel caso in cui il richiedente abbia un rapporto di lavoro part-time verticale, le giornate di permesso mensile vengono proporzionalmente ridotte.

Nel caso il dipendente usufruisca di altri permessi (permesso sindacale, maternità, malattia o altro), i permessi per l’assistenza a disabili ex lege 104/1992 non vanno riparametrati in quanto si tratta di assenze giustificate, riconosciute per legge come diritti spettanti al lavoratore (Ministero del Lavoro - Interpello numero 24 del 1 agosto 2012).
Anche la fruizione delle ferie non può incidere sul godimento dei permessi dei tre giorni mensili per l’assistenza al disabile in stato di gravità e ogni eventuale riparametrazione in base alle ferie usufruite nel mese è inammissibile (Ministero del Lavoro - Interpello numero 21 del 16 giugno 2011).
Differente è invece il caso in cui il dipendente avanzi l’istanza ex lege 104/1992 per la prima volta nel corso del mese.


AGEVOLAZIONI
Legge 5 febbraio 1992 numero 104
(poi in parte modificata dal D.Lgs. 119/2011)

Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale
e i diritti della persone handicappate
  • Prolungamento fino a otto anni del periodo di astensione facoltativa (ora congedo parentale) per un periodo massimo di tre anni, a condizione che il bambino con handicap non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati con l’eccezione se richiesta dai sanitari la presenza del genitore (1)
    Dal 25 giugno 2015 sino al 31 dicembre 2015, con estensione annuale con specifici provvedimenti, in base aquanto previsto dal Dlgs 80-2015 articolo 8 comma 1 è stata introdotta la possibilità di usufruire del congedo parentale sino al compimento del dodicesimo anno di vita  del bambino con handicap grave con durata massima complessiva di tre anni.
  • oppure, in alternativa al periodo di astensione due ore di permesso giornaliero retribuito.
  • Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino (anche adottivo) minore con handicap in situazione di gravità la madre e, in alternativa, il padre hanno diritto a tre giorni di permesso mensile, fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno presso istituti specializzati fatta eccezione se richiesta la presenza del genitore dai sanitari.
  • I genitori che assistono con continuità il figlio handicappato convivente hanno diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non possono essere trasferiti ad altra sede senza il loro consenso.
L’articolo 80 della Finanziaria 2001 ha esteso quanto già previsto nella legge 53/2000, dando la possibilità ai genitori lavoratori, alternativamente, di fruire -in forma retribuita e con contribuzione previdenziale figurativa- del congedo previsto dal comma 2 articolo 4 per una durata complessiva di 2 anni, per assistere un figlio affetto da grave handicap, certificato dalle strutture sanitarie pubbliche.
(1) L’articolo 33 del D.Lgs. 151/2001 stabiliva che nel caso di minore con handicap in situazione di gravità (accertata ai sensi dell’articolo 4 comma 1 della legge 104/1992) i genitori avessero diritto al prolungamento sino a tre anni di vita del figlio del congedo parentale, indipendentemente dal diritto dell’altro genitore, a condizione che il bambino non fosse ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati. Con la modifica al comma 1 dell’articolo 33 del D.Lgs. 151/2001 la madre o in alternativa il padre hanno diritto al prolungamento del congedo parentale sino al compimento dell’ottavo anno di vita del bambino con handicap per un periodo complessivo non superiore ai tre anni; inoltre viene esteso anche quando il bambino sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati purchè sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.
Il prolungamento decorre dal termine del periodo corrispondente alla durata massima del congedo parentale spettante al richiedente (vedi messaggio INPS 22578/2007):

  • alla madre, trascorsi 6 mesi dalla fine del congedo di maternità
  • al padre, trascorsi 7 mesi dalla data di nascita del figlio
  • al genitore solo, trascorsi 10 mesi decorrenti:
    • a) in caso di madre “sola”, dalla fine del congedo di maternità
    • b) in caso di padre “solo”, dalla nascita del minore o dalla fruizione dell’eventuale congedo di paternità.

 

Le normative di cui sopra sono state parzialmente modificate dal D.Lgs. 119/2011.

In particolare (circolare INPS numero 32/2012 e circolare Funzione Pubblica numero 1/2012):

Con l'introduzione del congedo parentale a ore (DLgs 80/2015 art. 32 comma 1-ter)  l’INPS col messaggio 6704/2015 precisa che chi gode del congedo parentale a ore non sempre può fruire nella stessa giornata di altri permessi di maternità neanche se riferiti ad altri figli. Deroghe possono essere previste con la contrattazione collettiva.
Cumulabili invece i permessi per l’assistenza ai disabili (legge 104/92).

 


CONGEDO PARENTALE A ORE - COMPATIBILITA’ e INCOMPATIBILITA’

da messaggio INPS 6704/2015


Congedo parentale ad ore (art. 32 T.U)
Permessi orari, fruiti in alternativa al prolungamento del
congedo parentale, anche per altro figlio
(artt. 33 e 42 T.U.)
non compatibile
Permessi fruiti in modalità oraria per l’assistenza ai familiari, anche se minori
(art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.104)
compatibile
Permessi fruiti in modalità oraria dal lavoratore a beneficio
di se stesso
(art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.104)
compatibile

 

In particolare, l’utilizzo a ore del congedo parentale non è cumulabile nella stessa giornata:

è invece cumulabile:

 

4.2 PRIMI TRE ANNI DI VITA DEL FIGLIO

Entro i primi tre anni di vita del figlio con handicap in situazione di gravità, accertato dalla Commissione dell’ASL, la madre lavoratrice oppure, in alternativa, il padre lavoratore, ha diritto:


In particolare, la legge 183/2010 riscrivendo l’art. 33 comma secondo della legge 104/1990 ha eliminato il riferimento ai tre anni di età ed esteso a parenti e affini entro il secondo grado la possibilità di utilizzare i tre giorni mensili di permesso retribuito per assistere minori, quando non lo possono fare i rispettivi genitori.
Per non creare disparità di trattamento tra i genitori che sono tenuti costituzionalmente a svolgere un ruolo primario nell’allevamento dei figli e il resto dei parenti e affini, l’INPS (circolare 155/2010 punto 2.2) aveva già ritenuto che anche ai genitori andasse riconosciuta la possibilità di utilizzare, in alternativa agli altri benefici, il permesso retribuito dei tre giorni mensili.

 

4.3 DOPO IL TERZO ANNO DI VITA DEL FIGLIO

Dopo il compimento del terzo anno di vita del figlio con handicap grave, la madre lavoratrice o, in alternativa, il padre lavoratore (che deve produrre al datore di lavoro entro 10 giorni una dichiarazione da cui risulta la rinuncia parziale o totale della madre a tale diritto) ha diritto a tre giorni di permesso mensile, che possono essere fruiti in via continuativa o frazionata e utilizzati nel corso del mese di pertinenza.
Questi permessi spettano al genitore indipendentemente dal diritto dell’altro genitore (legge n.53/2000 articolo 20), a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che i sanitari richiedano la presenza del genitore (art. 33 comma 1 del D.Lgs. 151/2001 come modificato dall’art. 3 del D.Lgs. 119/2011).

Dopo il compimento del terzo anno di vita, ma, però, sino all’ottavo anno rimane il diritto al prolungamento dell’astensione facoltativa (o congedo parentale), coperto da contribuzione figurativa e con una retribuzione di una indennità giornaliera pari al 30% della retribuzione, nel rispetto del tetto massimo di tre anni (circolare INPS numero 32/2012, circolare Funzione Pubblica numero 1/2012, messaggio INPS numero 4805/2015 e circolare INPS numero 139/2015).

Dal 25 giugno 2015 sino al 31 dicembre 2015, con estensione annuale con specifici provvedimenti, in base a quanto previsto dal Dlgs 80-2015 articolo 8 comma 1 è stata introdotta la possibilità di usufruire del congedo parentale sino al compimento del dodicesimo anno di vita  del bambino con handicap grave con durata massima complessiva di tre anni.

Il prolungamento decorre dal termine del periodo corrispondente alla durata massima del congedo parentale spettante al richiedente (vedi messaggio INPS 22578/2007):

I tempi di utilizzo dei tre giorni di permesso mensile, anche frazionati a mezza giornata o a ore, che spettano di diritto in base alla legge 104/92, non rientrano nella discrezionalità del datore di lavoro, ma vengono scelti dall’avente diritto secondo le proprie necessità.
L’indicazione dei giorni durante i quali si intende fruire dei permessi deve, di norma, essere comunicata in tempo utile per consentire di provvedere alla sostituzione e all’organizzazione del lavoro, a meno che il permesso non venga richiesto per improvvise e sopravvenute necessità connesse alla disabilità. In tal caso la comunicazione va fatta prima dell’inizio del servizio.

 

4.4 DOPO IL COMPIMENTO DELLA MAGGIORE ETÀ

Dopo il compimento della maggiore età del figlio con handicap grave la madre lavoratrice o, in alternativa, il padre lavoratore, ha diritto ai tre giorni mensili.
I permessi lavorativi spettano al genitore anche nel caso in cui l’altro non ne abbia diritto.

In particolare l’articolo 24 comma 2-3 della legge 183/2010 avrebbe attenuato l’importanza dei requisiti della esclusività e continuità previsti in precedenza ai fini della concessione dei benefici per l’assistenza al figlio maggiorenne in situazione di disabilità grave.
Infatti per l’abrogazione parziale dell’articolo 20 comma 1 della legge 53/2000 verrebbero meno i requisiti della continuità e della esclusività.
Tuttavia secondo la circolare Brunetta (Dipartimento Funzione Pubblica circolare 13 del 6 dicembre 2010) sarebbe meglio tipizzato il concetto di esclusività dell’assistenza con la regola che i permessi possono essere accordati, salvo la previsione espressa di alcune eccezioni, ad un unico lavoratore (referente unico).

In precedenza l’articolo 20 della legge 53/2000 aveva cancellato il requisito della convivenza.

 

4.5 PARENTI - AFFINI E CONIUGE - UNIONI CIVILI - CONVIVENTI DI FATTO

L’articolo 33 della Legge 104/1992 prevede che i permessi di tre giorni possano essere concessi anche a parenti e affini, ora entro il secondo grado di parentela e affinità (*), del disabile grave con specifica certificazione di handicap (articolo 3 comma 3 della Legge 104/1992) dalla apposita Commissione operante in ogni ASL.
Inoltre con l’interpello del Ministero del lavoro numero 19 del 26 giugno 2014 si precisa che per fruire dei tre giorni di congedo per l’assistenza al parente disabile, è sufficiente che a ciò non possa provvedere il coniuge o il convivente more uxorio (vedi sentenza 213/2016 della Corte Costituzionale)  oppure nessuno dei genitori (65 anni compiuti oppure affetto da patologie invalidanti oppure sia deceduto oppure mancante):   in tali situazioni è possibile declinare a favore di un parente o un affine entro il terzo grado di parentela del soggetto disabile, senza nessun ordine di priorità.
La sentenza 213 della Corte costituzione amplia l’ombrello anche alle unioni civili e ai conviventi di fatto (Legge 76/2016, Circolare Inps n.38/2017).

 

ASSISTENZA AI DISABILI DOPO LA LEGGE 76/2016 E LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE 213/2016

Soggetto fruitore - Lavoratore dipendente che assiste il :

Permessi mensili
(art.33 co.3 legge 104/1992)

Congedo straordinario
(art.42 co.5 DLgs 151/2001)

1 - Coniuge (a seguito di matrimonio, solo di sesso diverso)
2 - Convivente di fatto (anche dello stesso sesso) -
3 - La parte dell’unione civile ex lege 76/2016 (solo dello stesso sesso)
Riassumendo
• il lavoratore dipendente (fruitore) che assiste il coniuge (unito in matrimonio tradizionale) fruisce dei permessi mensili (art.33 c.3 legge 104/92) e del congedo straordinario (art.42 c. 5 Dlgs151/2001)
• il lavoratore dipendente (fruitore) che assiste il convivente di fatto anche dello stesso sesso fruisce solamente dei permessi mensili (art.33 c.3 legge 104/92)
• il lavoratore dipendente (fruitore) che assiste la parte dell’unione civile ex lege 76/2016 (solo dello stesso sesso) fruisce sia dei permessi mensili (art.33 c.3 legge 104/92) che del congedo straordinario (art.42 c. 5 Dlgs 151/2001)

 


I permessi spettano a condizione che l’assistenza sia prestata in via continuativa ed esclusiva, anche in assenza di convivenza, come precisato all’articolo 19 della Legge 8 marzo 2000, n. 53.

I permessi non spettano se il disabile è ricoverato a tempo pieno (**).

(*) In precedenza si esulava dal secondo grado di parentela o affinità con estensione al terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona in situazione di disabilità grave avessero compiuto i 65 anni di età oppure fossero anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

(**) Fanno eccezione al presupposto le seguenti ipotesi:

 

4.6 PERMESSI LAVORATIVI E AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO

Il tutore o l’amministratore di sostegno che assista con sistematicità ed adeguatezza la persona con handicap in situazione di gravità non ha diritto ai permessi, tranne che sia il coniuge o un parente o un affine fino al secondo grado della persona con handicap grave (risoluzione numero 41 del 15 maggio 2009 del Ministero del Lavoro).

 

4.7 PERMESSI LAVORATIVI - DOMANDA

Per ottenere i permessi lavorativi previsti dall’articolo 33 della legge 104/1992 in presenza dei requisiti richiesti, bisogna inoltrare con procedura esclusiva per via telematica (Circolare INPS 117/2012) formale domanda (con copia di un documento di identità personale laddove la domanda non sia firmata in presenza di un funzionario dell’Ente ove va inoltrata la domanda), corredata dalla certificazione rilasciata dalla Commissione ASL.

Nella domanda con autocertificazione in particolare vanno indicati:

La domanda va inoltrata solo ogni volta che cambiano le condizioni le condizioni soggettive.

Nella pubblica dipendenza le domande vanno presentate al dirigente di riferimento (ufficio personale o delle risorse umane) che accoglie la domanda verificandone i contenuti.

Nel settore privato la domanda va presentata all’INPS sull’apposita modulistica e, precisamente, sul modulo Hand 2 - Domanda di permessi per l’assistenza ai familiari disabili in situazione di gravità.i

Eventuali variazioni della situazioni dichiarate (ricovero a tempo pieno della persona assistita, revisione del giudizio di gravità dell’handicap da parte della Commissione ASL o cessazione della validità del riconoscimento dell’handicap in situazione di gravità, modifiche ai periodi di permesso richiesti, utilizzo dei permessi da parte di altri familiari per lo stesso disabile, decesso del disabile assistito, ecc.) vanno comunicate tempestivamente e comunque entro 30 giorni.

In base al DLgs 80-2015 articolo 7 comma 1c il termine di preavviso dal 25 giugno 2015 passa da 15 a 5 giorni e per il congedo parentale frazionato a ore è fissato in 2 giorni, salvo specifica previsione contrattuale, e il tutto salvo i casi di urgenza improrogabile.

 

Legge 104 - licenziamento per chi usa i permessi per altri scopi

I permessi previsti dalla legge 104 per l’assistenza a un disabile non hanno una funzione meramente compensativa o di ristoro per le energie impiegate per l’assistenza al disabile, ma vanno poste nel nesso causale diretto allo svolgimento di un'attività identificabile come prestazione di assistenza in favore del disabile per il quale il beneficio è riconosciuto.
L’uso improprio integra una violazione intenzionale agli obblighi connessi col permesso; è, dunque, un uso improprio che può benissimo giustificare anche la sanzione del licenziamento: la fruizione dei permessi comporta un disagio per il datore di lavoro, giustificabile solo a fronte di un'effettiva attività di assistenza e la norma non consente di utilizzare il permesso per esigenze diverse da quelle proprie della funzione cui la norma è preordinata.
I permessi debbono essere fruiti in coerenza con la loro funzione e in difetto di tale nesso causale diretto tra assenza dal lavoro e prestazione di assistenza debbono ritenersi violati i principi di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro, che sopporta modifiche organizzative per esigenze di ordine generale, che dell’Ente assicurativo.

Corte di Cassazione Sezione Lavoro - sentenza numero 17968 del 21 giugno 2016
depositata il 13 settembre 2016.

 

I permessi ex 104 non sono ferie
L’uso  improprio del permesso si configura come delitto di truffa anziché solo quello di danno patrimoniale.
I permessi della legge 104 non possono e non debbono essere considerati come giorni di ferie, ma solo come una agevolazione che il legislatore ha concesso a chi si è fatto carico di un gravoso compito di assistenza. Pur non essendo obbligato a prestare assistenza alla persona handicappata nelle ore in cui avrebbe dovuto svolgere attività lavorativa, non può tuttavia utilizzare quei giorni  come se fossero giorni di ferie senza, quindi, prestare alcuna assistenza alla persona handicappata.

Corte di Cassazione sez. II penale - sentenza n. 54712 del 1.12.2016 pubbl. il 10.01.2017