Cass. civ., sez. III, 30/07/2004, n.14638
Nel contratto di prestazione d'opera intellettuale tra il chirurgo ed il paziente,
il professionista, anche quando l'oggetto della sua prestazione sia solo di
mezzi, e non di risultato, ha il dovere di informare il paziente sulla natura
dell'intervento, sulla portata ed estensione dei suoi risultati e sulle possibilità
e probabilità dei risultati conseguibili, sia perché violerebbe,
in mancanza, il dovere di comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle
trattative e nella formazione del contratto (art. 1337 c.c.), sia perché
tale informazione è condizione indispensabile per la validità
del consenso, che deve essere consapevole, al trattamento terapeutico e chirurgico,
senza del quale l'intervento sarebbe impedito al chirurgo tanto dall'art. 32
Cost., comma secondo, (a norma del quale nessuno può essere obbligato
ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge), quanto
dall'art. 13 della Costituzione, (che garantisce l'inviolabilità della
libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia
della propria salute e della propria integrità fisica), e dall'art. 33
della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (che esclude la possibilità d'accertamenti
e di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questo è
in grado di prestarlo e non ricorrono i presupposti dello stato di necessità;
ex art. 54 c.p.). L'obbligo d'informazione, che si estende allo stato d'efficienza
e al livello di dotazioni della struttura sanitaria in cui il medico presta
la propria attività, riguarda i soli rischi prevedibili e non anche gli
esiti anomali, e si estende varie fasi degli stessi che assumono una propria
autonomia gestionale, e, in particolare, ai trattamenti anestesiologici. In
ogni caso, perché l'inadempimento dell'obbligo d'informazione dia luogo
a risarcimento, occorre che sussista un rapporto di casualità tra l'intervento
chirurgico e l'aggravamento delle condizioni del paziente o l'insorgenza di
nuove patologie. (Nella specie, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione
di merito che aveva rigettato la domanda dell'attore che assumeva danni subiti
per una inadeguata manovra d'intubazione nel corso di un intervento chirurgico
per artoprotesi all'anca, facendo valere la responsabilità del chirurgo
per mancanza di consenso informato in relazione al trattamento anestesiologico,
dal quale sarebbe derivato il danno fonetico; nell'occasione, la Corte di Cassazione
ha reputato corretta la sentenza d'appello che, confermando la decisione di
primo grado, aveva escluso la sussistenza del nesso di causalità tra
il trattamento d'intubazione orotracheale e la disfonia che aveva colpito il
ricorrente).