AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO

E' quella figura che può proporsi  come interlocutore privilegiato per i casi più complessi.
Può giovarsi di tale figura qualunque persona che a causa di un'infermità o di una menomazione fisica o psichica si trovi nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere alla cura dei propri interessi.
Si differenzia dal tutore nominato con l'interdizione per la temporaneità, la rapidità della pratica che si presenta meno complessa e inoltre meno costosa; può essere redatto un piano personalizzato.L'art. 404 cc.prevede che l'amministratore di sostegno possa essere designato dallo stesso interessato in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. Dal
codice di deontologia medica (art. 37) è prevista la nomina di un amministratore di sostegno da parte del giudice tutelare nel caso di minori o interdetti.

Vedi SCHEDA PRATICA Min.Giustizia e Uff.Giudiziari Genova U.R.P.

 

Secondo Vincenzo Carbone, presidente di Cassazione, “il consenso informato ha come correlato la facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma altresì di eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale. Nel consentire al trattamento medico o nel dissentire dalla prosecuzione dello stesso sulla persona dell’incapace, la rappresentanza del tutore è sottoposta a un duplice ordine di vincoli : egli deve, innanzitutto, agire nell’esclusivo interesse dell’incapace, nella ricerca del -best interest- deve decidere non al posto dell’incapace né per l’incapace, ma con l’incapace: quindi ricostruendo la presunta volontà del paziente incosciente, già adulto, prima di cadere in tale stato, tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza, ovvero inferendo quella volontà dalla sua personalità, dal suo stile di vita, dalle sue inclinazioni, dai suoi valori di riferimento e dalle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche”

Nel dispositivo della sentenza n.14158 depositata il 7 giugno 2017 dalla Corte di Cassazione sezione I civile si legge a proposito dell’Amministratore di sostegno: “l’Amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato in previsione della propria eventuale futura incapacità. Tale designazione anticipata non ha la mera funzione della scelta del soggetto cui, ove si presenti la necessità, deve rivolgersi il provvedimento di nomina del giudice tutelate (salvo il limitato potere di deroga della designazione previsto dalla norma stessa «in presenza di gravi motivi») ma ha anche la finalità di poter indicare le direttive, quando si è nella pienezza delle proprie facoltà cognitive e volitive, sulle decisioni sanitarie o terapeutiche da far assumere all’amministratore di sostegno designato, qualora si prospetti tale nuova condizione del designate. La scelta del soggetto è etiologicamente collegata alle direttive sopra richiamate così come è confermato, nella specie, dal documento ritualmente allegato che si intitola espressamente «Direttive anticipate relative alle cure mediche con contestuale designazione dell’amministratore di sostegno» e che contiene nel dettaglio l’indicazione delle terapie e dei trattamenti da accettare e rifiutare in virtù della fede religiosa specificatamente richiamata nella dichiarazione”.

L’avv.Paola M. Ferrari affrontando la tematica sul «Ruolo dell’Amministratore di sostegno» fa presente che “in attesa di una normativa che disciplini le dichiarazioni inequivocabili di fine vita, il paziente che decide di rifiutare ex ante la terapia non è garantito neppure dalla nomina di un amministratore di sostegno che decida nel caso di incapacità.
La giurisprudenza sul punto è sempre stata nel senso di ammettere la nomina anticipata dell’amministratore di sostegno ma di non autorizzare la possibilità “ora per allora” di prendere decisioni sul fine vita e/o terapie salvavita.
Sul punto di recente la sentenza della Cassazione civile, sez. I, 07/06/2017, n. 14158. Nel caso di specie, si trattava della decisione della moglie testimone di Geova e amministratore del marito professante la stessa fede e rimasto vittima di un incidente stradale, che aveva dichiarato la sua volontà di non sottoporsi a trasfusioni.
Per la Corte, dunque, l'autodeterminazione nelle cure è espressione di un diritto fondamentale e personalissimo, che rischia di essere limitato dal provvedimento del giudice.
Un tema delicato che deve essere risolto dal legislatore”.