Una vita in camice, tra mare e ambulatorio

Su un traghetto con centinaia di passeggeri il medico di bordo è il solo a vestire il camice bianco, unico sanitario a vigilare su una piccola comunità galleggiante. In Italia sono 650 i professionisti aderenti all’Associazione nazionale dei medici di bordo, che esercitano su traghetti e navi da crociera.

Francesco Cannici, medico di bordo ‘supplente’, approfitta di un momento di calma per raccontarsi, mentre la Grimaldi ‘Cruise Roma’ procede lungo la rotta Barcellona-Porto Torres-Civitavecchia.

“Ho iniziato un anno e mezzo fa, con varie compagnie di navigazione – dice il 67enne medico genovese – adesso navigo per 15 giorni consecutivi al mese. Nelle due settimane a terra invece, seguo i miei pazienti in ambulatorio come proctologo”.

Specialista in chirurgia generale e d’urgenza, libero professionista dopo aver lavorato anni all’Ospedale Evangelico e al ‘Galliera’ di Genova, il camice bianco è una sorta di medico di famiglia per l’equipaggio dei traghetti e di medico di guardia che ha in carico fino a duemila e ottocento passeggeri per viaggio.

una sorta di medico di famiglia per l’equipaggio dei traghetti e di medico di guardia che ha in carico fino a duemila passeggeri per viaggio

La prima regola dell’ufficiale medico è sapersela cavare da soli. “Inizio le mie due settimane in mare come si affronta un turno in pronto soccorso. Osservo i passeggeri già da quando salgono a bordo e cerco di individuare da subito possibili criticità”.

Poi ci sono gli imprevisti, quando la radio chiama l’emergenza medica. “Ricordo un autotrasportatore che pensava di poter fermare una porta tagliafuoco con la mano. Sembrava gli fosse scoppiata, ci sono voluti una sessantina di punti per ricomporla”, racconta Cannici.

Tra le situazioni più complicate, il chirurgo ricorda ” un’adolescente sarda svenuta, con 60 di pressione, pallidissima. Ho pensato subito ad un’anemizzazione acuta. Stavamo arrivando ad Olbia e ho chiesto il 118 sulla rampa del traghetto. Arrivata in ospedale aveva 4 di emoglobina”.

“In un’altra circostanza – continua a raccontare – eravamo a 20 ore di navigazione da Tangeri e ho dovuto chiamare l’elisoccorso per una donna con una peritonite da sospetta appendicite acuta. Un intervento d’urgenza che è stato essenziale per salvarle la vita”.

Esercitare in mare non è per tutti. Servono “competenza professionale, esperienza e la capacità di valutare con pochi elementi e in tempi molto ridotti”, commenta Francesco Cannici.

Per gli aspiranti medici di bordo, aggiungono dall’associazione di categoria, serve anche una preparazione specifica alle circostanze che impone la navigazione. Perché anche un ottimo medico a terra può rivelarsi un pessimo medico in mezzo al mare.

Antioco Fois