Un chirurgo per i bambini di tutto il mondo

In quarantacinque anni di carriera ha partecipato a missioni umanitarie in Somalia, Bosnia-Erzegovina, Tanzania, Palestina, Mali e Ghana portando a termine, in tutto, quasi 300 procedure chirurgiche.

In Italia, invece, ha toccato quota 50mila interventi.

La generosità con cui Fabio Ferro ha prestato il suo servizio volontario di medico chirurgo gli è valsa il titolo di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, ricevuto dalle mani del Presidente Sergio Mattarella, e il soprannome di ‘chirurgo dei bambini del mondo’.

Ferro, romano, classe 1944, ha passato più di trentacinque anni nelle sale operatorie italiane e straniere.

Per trentun anni, fino a quando è andato in pensione nel gennaio del 2010, ha operato all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù – per cui è tuttora consulente esperto per le malformazioni genitali – arrivando a ricoprire il ruolo di primario di chirurgia andrologica.

“Una super specializzazione dell’urologia – spiega Ferro al Giornale della Previdenza – che si occupa della prevenzione dell’infertilità, della cura medico-chirurgica di tutte le patologie che possono interferire con la fertilità e anche di tutte le anomalie dei genitali”.

Ferro è stato inoltre past professor in Chirurgia neonatale presso il dipartimento di Pediatria dell’Università La Sapienza e in Malformazioni digestive all’Università de L’Aquila.

L’IRRESISTIBILE FASCINO DELLA MEDICINA

La decisione di vestire il camice risale agli anni ’60, quando – lasciando di stucco la famiglia, che conosce la sua grande passione per il disegno – nel giorno delle immatricolazioni, mentre percorre il chilometro di strada che separa casa dall’università, abbandona l’idea di iscriversi ad Architettura preferendo Medicina.

 “Fu mia mamma a trasmettermi l’entusiasmo per la medicina attraverso la lettura dei romanzi di Cronin, ad esempio La Cittadella. La mia bisnonna materna, poi, era la sorella di Antonio Cardarelli cui è intitolato il famoso ospedale napoletano. Quindi, qualche radice medica in famiglia c’era ed è emersa il giorno in cui sono andato a iscrivermi all’università”, conferma Ferro.

I suoi viaggi all’estero, invece, cominciano nel 1973 quando per motivi di studio entra in uno dei più grandi ospedali pediatrici del Sud America, quello di Buenos Aires in Argentina, dove ogni giorno si visitavano dai 2mila ai 4mila bambini.

Dopo cinque anni di esperienza, nel 1978 approda in Somalia, a Mogadiscio, dove assume la direzione dell’ospedale pediatrico. “Lì – racconta – ho fatto la mia prima esperienza di missione in un paese in grave difficoltà”. Al ritorno in Italia, entra al Bambino Gesù come assistente e qui continua la sua carriera.

“A quel punto, anche al ministero degli Esteri ero ormai noto come esperto di questo tipo iniziative umanitarie – spiega Ferro – quindi hanno cominciato a chiamarmi per missioni simili. Come in Bosnia, dove sono rimasto per circa due mesi in occasione dell’assedio di Sarajevo. Un’esperienza al cui termine ho preso l’iniziativa di far venire al Bambino Gesù alcuni giovani chirurghi bosniaci, affinché imparassero la nostra professione”.

La maggior parte delle missioni le ha condivise con la moglie, l’anestesista Luisa Martini.

“Con lei, cui pure spetterebbe un’onorificenza vista la difficoltà di addormentare i bambini in situazioni come quelle in cui ci siamo trovati, siamo stati in Tanzania per due missioni in un villaggio pieno di orfani, quasi tutti malati di Hiv. Poi siamo stati nella striscia di Gaza, in Mali e in una missione in Nepal, da dove però siamo tornati senza riuscire a organizzarci per motivi politici locali”.

Nonostante il riconoscimento e le numerose missioni all’attivo, Ferro si dice “certo che ci sia gente che ha fatto molto più di me e che ha corso sicuramente rischi maggiori. La mia vera fatica – si schermisce – è stata quella di essere arrivato a 50mila interventi in Italia”.

Maria Chiara Furlò

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