Sud Italia eldorado fiscale, ma solo per le pensioni ‘estere’

 

Nove anni di tassazione ‘light’ per chi si trasferisce in un piccolo centro del Mezzogiorno.

Un’occasione d’oro, ma l’invito al buen retiro fiscale è riservato solo a chi percepisce una pensione da un ente non italiano.

Il punto sulla questione arriva con la replica a un quesito di un pensionato italiano emigrato in Portogallo.

È la risposta dell’Agenzia delle Entrate all’interpello 353/2019 a fornire l’occasione per tornare sul tema del regime di fiscalità agevolata per i redditi di pensione, introdotto dalla legge di bilancio del 2019 e ulteriormente sviluppato dal Decreto crescita.

Nello specifico, la tassazione sostitutiva con aliquota del 7 per cento viene prevista su tutti i redditi, per un totale di nove anni, a coloro che trasferiscono la residenza fiscale in uno dei Comuni delle otto regioni del Mezzogiorno (Sicilia, Calabria, Sardegna, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise e Puglia) con popolazione non superiore a 20 mila abitanti.

La normativa indica come unica condizione che i pensionati siano titolari di redditi di pensione erogati da soggetti esteri.

Una fattispecie che, secondo i dati forniti, non viene soddisfatta dal pensionato che ha rivolto il quesito, proprio perché nonostante sia residente all’estero risulta beneficiario di pensione erogata dall’Inps, quindi prodotta da contributi versati in Italia.

L’interessato aveva chiesto alle Entrate se, in caso di trasferimento in Italia, magari una volta esaurito il regime di esenzione decennale in Portogallo, potesse fruire della tassazione al 7 per cento prevista dalla legge 145/18.

E infatti la risposta negativa dell’amministrazione finanziaria si basa proprio sull’evidenza che, per poter fruire a buon diritto del regime agevolativo, i redditi da pensione devono essere comunque erogati da soggetti pensionistici esteri e non, come nel caso in oggetto, da Inps o da una delle Casse professionali per iscritti ad albo in Italia.

Diverso sarebbe il caso in cui un cittadino italiano fosse emigrato in uno Stato estero, anche convenzionato con l’Italia, e avesse accantonato una pensione presso un ente previdenziale non italiano. Quindi se una persona, italiana o straniera, si trasferisse in uno dei comuni entro i 20mila abitanti delle otto regioni indicate dalla norma potrebbe accedere al regime fiscale ‘light’.

 

TOTALIZZAZIONE INTERNAZIONALE

Si pone, tuttavia, un’ipotesi mediana fra le due prese in esame: ossia quella di un cittadino che avesse contribuito sia all’estero, in un Paese europeo o comunque convenzionato, sia in Italia.

Il regolamento europeo 883/04, così come le singole convenzioni fra l’Italia e i Paesi extra Ue, prevedono non lo spostamento fisico dei contributi – possibile solo, dietro pagamento di oneri, fra gestioni e casse italiane – ma il meccanismo della cosiddetta totalizzazione internazionale.

Tale sistema consente a un assicurato di percepire il trattamento dai singoli Stati coinvolti, valorizzando tutti i contributi versati all’estero e inoltre ricevendo in modo progressivo la quota a carico di ciascun Paese secondo le rispettive regole di calcolo.

Ad esempio, un soggetto con 23 anni di contributi in Italia e 20 in Francia, dovrebbe beneficiare dell’aliquota più leggera per la parte di pensione maturata all’estero.

In tale caso, anche se la fattispecie non è espressamente chiarita nel pronunciamento dall’Agenzia delle Entrate, la quota francese, essendo corrisposta da un ente pensionistico non italiano, sembrerebbe soddisfare i requisiti per godere del regime agevolato.

Trasferendo la propria residenza in Italia, fruendo di una pensione, anche se in pro rata, di fonte estera, il lavoratore potrebbe quindi accedere al regime di tassazione al 7 per cento su tutti i redditi prodotti all’estero.

Claudio Testuzza