Più donne medico, ma ancora troppe differenze di genere

La femminilizzazione della professione è un trend in atto da almeno un paio di decenni, eppure i problemi da risolvere sono ancora tanti.

I numeri dell’ultimo bilancio Enpam parlano chiaro: nel 2017 la percentuale di dottoresse iscritte al fondo generale “Quota A” è passata dal 44% al 44,6%, un aumento di oltre mezzo punto percentuale che conferma la tendenza degli anni passati.

Se i pensionati sono ancora in prevalenza uomini, andando a guardare i dati dei medici iscritti all’Enpam, si nota subito che dai 50 anni in giù le donne hanno la maggioranza.

A confermare la tendenza “rosa” sono i dati sui più giovani: fra gli studenti che hanno deciso di iscriversi all’Enpam, le future dottoresse – seppure di poco – superano gli uomini con il 50,4% verso il 49,6%.

Una quasi parità fra i sessi che parte dai numeri ma non si riflette in tanti altri aspetti della vita professionale:  sicurezza sul posto di lavoro, carriera, rappresentanza, retribuzione, merito. Tutti temi su cui c’è ancora molta strada da fare per ridurre la differenza di genere.

“Quando si parla di femminilizzazione della professione diventa difficile scovare qualche dato positivo”. A dirlo è Anna Maria Calcagni, unica donna del consiglio d’amministrazione Enpam e presidente dell’ordine dei medici  e degli odontoiatri di Fermo. “Di fatto le donne guadagnano molto meno rispetto agli uomini – fa notare Calcagni – e il reddito medio femminile, più basso del 27% rispetto a quello dei colleghi, non cresce nel tempo”.

Un altro punto che la consigliera d’amministrazione dell’Enpam mette a fuoco è il fatto che la differenza di retribuzione fra i generi non dipenda solo dalla possibilità di carriera, ma anche dalla provenienza geografica.

“Il reddito medio delle donne medico al Sud è al di sotto di quelle del Nord. Anche se ci sono delle categorie che fanno eccezione, come quella degli specialisti ambulatoriali, in cui il guadagno uomo-donna è uguale”,  ha spiegato Calcagni.

Se nella medicina generale non ci sono molti problemi di genere, più penalizzante risulta la libera professione dove le donne soffrono il minor tempo da dedicare al lavoro.

Negli anni, con l’Enpam “abbiamo cercato in vari modi di andare incontro ai problemi delle donne che comunque hanno ancora sulle loro spalle la maggior parte del carico della famiglia, degli anziani e dei bambini.

Un esempio è proprio il bonus bebè  del bando per la genitorialità” ha concluso Anna Maria facendo riferimento al bando appena uscito.

Maria Chiara Furlò

 

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