Più di 100mila medici pagano contributi occulti

Occhio non vede, tasca non duole. Gli oltre 100mila medici dipendenti italiani pagano all’Inps contributi previdenziali ben più alti di quanto le buste paga lasciano intravedere.

La trattenuta pensionistica nel cedolino dello stipendio può apparire con i nomi più diversi: Contributi Inps, Contributi Ivs, ex Inpdap o addirittura C.P.S., dall’acronimo della Cassa pensioni ai sanitari soppressa nel 1994.

Nella busta paga che vi mostriamo, il prelievo apparentemente è del 9,85 per cento della retribuzione lorda, come se un dirigente medico versasse per la propria pensione poco più di 500 euro al mese. Magari.

Nella realtà, nell’esempio illustrato, a fronte di 3.035 euro netti, la contribuzione versata alla gestione dipendenti pubblici Inps è stata di circa 1.800 euro.

Scoprirlo non è semplice poiché l’unico documento dove la cifra reale è riportata è la certificazione unica (Cu), alla voce “Contributi pensionistici dovuti”.

Come per tutti i lavoratori subordinati, fra contributi trattenuti in busta paga e quelli versati direttamente dal datore di lavoro, l’aliquota previdenziale per i medici dipendenti si aggira intorno al 33 per cento del lordo.

Esattamente il doppio di quanto l’Enpam applica ai liberi professionisti (quest’anno l’aliquota massima era il 16,5 per cento; quella ridotta era dell’8,25 per cento o del 2 per cento per l’intramoenia e per i corsisti di medicina generale).

L’apparenza dunque inganna. Anche se c’è chi continua a sostenere che l’Enpam pretenda contributi elevati sull’attività libero professionale a fronte di una pensione futura bassa, la realtà è che in proporzione al totale dei contributi pagati, l’ente dei medici e degli odontoiatri liquida pensioni più elevate.

Gabriele Discepoli

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