Parma, aggredito il 45 per cento dei medici

A Parma, la stragrande maggioranza dei medici di guardia (l’87 per cento) si sente in pericolo durante lo svolgimento del suo turno di lavoro. E quasi uno su due è stato aggredito almeno una volta durante il turno. Tuttavia, in molti scelgono di non denunciare perché hanno poca fiducia in un intervento delle autorità.

È quanto emerge dal questionario anonimo proposto dall’Ordine emiliano, a cui ha risposto il 40 per cento dei 160 medici di continuità assistenziale della provincia.

Il 45 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver subito almeno un episodio di violenza, per lo più gesti intimidatori e aggressioni verbali, ma non sono mancate le aggressioni fisiche.

Dai dati emersi sembra che non ci sia prevalenza di genere. Sono 11 su 25 i medici uomini che hanno risposto al questionario riportando di essere stati oggetto di aggressioni, 16 su 36 le donne. Tra le situazioni più a rischio, il primato spetta al turno notturno in ambulatorio.

I risultati completi dell’indagine sono stati presentati venerdì scorso a Palazzo Soragna nel corso del convegno “Sicurezza degli operatori e nelle sedi di continuità assistenziale nella provincia di Parma”, alla presenza del presidente Fnomceo Filippo Anelli e del segretario Roberto Monaco.

Negli ultimi anni “si registra un’escalation di insofferenza, da parte di certa parte della popolazione, in particolare nei confronti dei medici di continuità assistenziale, di pronto soccorso e dell’emergenza-urgenza territoriale, con episodi di aggressione ingiustificabile”, ha commentato il presidente dell’Ordine parmigiano, Pierantonio Muzzetto. “Il cittadino che usa violenza contro il medico – ha aggiunto – esercita violenza contro il sistema salute e quindi contro il proprio interesse e il proprio benessere”.

“Il nostro slogan Chi aggredisce un medico aggredisce se stesso – ha detto Anelli – va proprio in questa direzione. Occorre sensibilizzare i cittadini con una comunicazione mirata, mostrando ad esempio che Pronto soccorso non vuol dire solo 6 ore di attesa, ma anche migliaia di vite salvate”.