Odontoiatria, “Cautela con la programmazione degli accessi”

Il commento di Pasquale Pracella (presidente Cao Foggia e consigliere di amministrazione Enpam)

pracellaLo studio che è servito da base per la programmazione degli accessi ai corsi di laurea in odontoiatria è stato oggetto recentemente di un certo clamore mediatico all’interno della categoria. Un messaggio che si è rapidamente diffuso è che “tra 20 anni mancheranno 10 mila dentisti”, quasi a voler significare che il sistema della programmazione degli accessi andrebbe scardinato per far entrare migliaia di professionisti ulteriori rispetto a quelli che già attualmente escono dall’università. L’autorevolezza di queste previsioni, secondo alcune voci, sarebbe stata avvalorata dall’Enpam, che aveva fornito i suoi dati. Come spesso accade, però, andando a documentarsi nel dettaglio emerge una realtà un po’ diversa e, soprattutto, più coerente con la nostra percezione della professione, fatta anche di giovani dentisti che guadagnano 8 euro l’ora in cliniche low cost e di laureati provenienti dall’estero che si iscrivono all’Albo in Italia, aumentando la concorrenza.

Ma allora quali numeri ha dato il nostro Ente previdenziale? È andata così: come mi hanno chiarito gli uffici, l’Enpam non ha predisposto delle proiezioni ma ha fornito dei dati nudi e crudi (il numero degli odontoiatri attuali contribuenti alla gestione della libera professione, il loro sesso, anno di nascita e Regione di appartenenza) a un gruppo di lavoro costituito da ministero della Salute e Agenas, l’agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Il gruppo di lavoro a sua volta ha predisposto un modello di proiezione semplificato – praticamente un file in Excel – che le Regioni hanno infine compilato, con facoltà di modificare i parametri, per stimare il proprio fabbisogno sanitario. Sottolineo la parola “sanitario” perché il lavoro fa parte di un progetto pilota europeo che riguarda tutte le professioni del settore. L’iniziativa è mastodontica e le ipotesi sulle quali sono state costruite le prime proiezioni sul futuro sono tutte da verificare, con un dibattito ancora aperto.

Non è un caso che nel maggio scorso, tre anni dopo il lancio iniziale del progetto pilota, come si evince dal sito dell’Unione Europea www.healthworkforce.eu i partecipanti si sono riuniti in convegno a Roma per “valorizzare” i primi risultati ma anche per dibattere sui loro “punti di forza e sui difetti” e per fare proposte su come continuare il lavoro. Morale: i dati per il momento sono stati utilizzati per fare valutazioni sugli accessi al prossimo anno accademico, punto. Nessuna conclusione avventata si può trarre sul numero programmato dei prossimi decenni.