Obiettivo, parità di genere

“Il giorno che ho discusso la tesi di specialità un primario mi ha detto: non assumerei mai una donna”. La storia di Maria Serena Bartoli, chirurgo ortopedico, che a trent’anni non ha rinunciato alla maternità e al lavoro in sala operatoria, la sua passione

 

DSC_0015L’Enpam si adegua, ma il mondo del lavoro resta indietro. Da una parte infatti la Fondazione prevede per il 2015 di ampliare le misure a favore della genitorialità, equiparando i diritti per le mamme e i papà che devono conciliare lavoro e famiglia. Dall’altra il mondo del lavoro resta silente.

“In quanto donna medico chirurgo mi rendo conto che è difficile fare questo mestiere per una donna, ma so che lo è tanto più quanto più è un mestiere tradizionalmente visto e fatto per gli uomini, che hanno esigenze diverse dalle nostre”. Ci racconta Maria Serena Bartoli, trentatré anni, chirurgo ortopedico in un ospedale di Milano. “Il personale medico donna – dice Bartoli (nella foto accanto con un collega) – soprattutto in un reparto chirurgico, è ancora visto con forte sospetto e anche un po’ come una scomodità. Se sei giovane e magari ti sei sposata da poco, la domanda che ricorre puntualmente ai colloqui è: quando hai intenzione di fare figli?”.

 

Conciliare lavoro e famiglia

IMG_4275Maria Serena è diventata mamma di Emanuele ad agosto 2012, un anno dopo la specializzazione, quando già lavorava come chirurgo. Ora ha un contratto da libero professionista e ha turni di sei o sette ore, che qualche volta diventano anche dieci.

“Il lavoro del chirurgo – racconta la dottoressa – non ha un termine preciso. Se l’intervento dura di più devo trattenermi, in quei casi telefono ai nonni perché vadano loro a prendere Emanuele al nido”. L’ostacolo maggiore per la realizzazione professionale delle donne si gioca nella difficile arte di conciliare famiglia e lavoro. La discontinuità nella presenza e la riduzione degli orari di lavoro hanno un prezzo alto: molto spesso le donne, soprattutto quelle con figli, sono costrette a rinunciare ad assumere incarichi di responsabilità o alcuni tipi di lavoro perché vengono loro preclusi, con un riflesso importante anche nelle retribuzioni.

“Quando è nato Emanuele – racconta la dottoressa Bartoli – cercavo di immaginare un modo per conciliare i turni con la presenza di un bambino. Ma, secondo me, noi donne non è che dobbiamo lavorare nonostante la maternità e quindi con le unghie e con i denti cercare di appropriarci di un mondo del lavoro che obiettivamente non è fatto per noi. Noi dobbiamo lavorare in quanto donne e quindi con la nostra maternità”.

 

Il prezzo della maternità

Le aziende continuano ad associare la donna al rischio di dover fare fronte prima o poi a una difficoltà in termini sia di organizzazione del lavoro che di costi. Eppure un’indagine della Bocconi del 2010 ha dimostrato che la maternità per un’azienda, sia in termini di indennità, che per l’80 per cento è a carico degli enti previdenziali, sia di sostituzione, equivale più o meno alle spese di cancelleria. Il prezzo da pagare si riduce notevolmente per le piccole imprese.

 

 La gabbia dei luoghi comuni

Per superare il discrimine tra uomini e donne si dovrebbe auspicare una diversa organizzazione del lavoro, con una migliore suddivisione dei turni, e un forte cambiamento culturale.

“I colleghi uomini dovrebbero mettersi in gioco – dice Bartoli – perché il carico degli impegni familiari non dovrebbe essere visto come un affare da donne, ma come una responsabilità condivisa. A quel punto – sottolinea la dottoressa – un datore di lavoro, nel momento in cui deve scegliere tra un uomo o una donna, sarebbe conscio che gli impegni, con l’arrivo di un figlio, sono in tutto analoghi. Così non ci sarebbe più alcun discrimine e si sceglierebbe in base al talento”.

 

Enpam in tempo reale

Il mondo del welfare può giocare un ruolo importante come propulsore del cambiamento culturale. La risposta dell’Enpam in tal senso non si è fatta attendere: sono state individuate infatti una serie di misure per ampliare le tutele a favore della genitorialità.

La bozza regolamentare, su cui il Consiglio di amministrazione ha espresso indirizzo favorevole, deve ancora completare l’iter previsto, che prevede anche il passaggio ai ministeri vigilanti. L’orientamento è tutto scritto nella parola genitorialità, tutt’altro che un vezzo formale, perché la nascita di un figlio riguarda la famiglia e non solo la donna. Queste le principali misure proposte: l’equiparazione delle tutele per mamme e papà, l’indennità di gravidanza a rischio anche per le libere professioniste, la possibilità di fare versamenti volontari per coprire il buco contributivo per i mesi di sospensione dell’attività, l’integrazione dell’indennità fino a un minimo garantito per tutte le lavoratrici, in particolare per quelle part time.

Per il futuro non si prevedono più distinzioni tra adozioni (e gli affidamenti preadottivi) nazionali e internazionali, per entrambe le quali si punta a un’indennità di cinque mesi. Allo studio, infine, buoni per l’acquisto di servizi di baby sitting o per fare fronte alle spese del nido (sia pubblico sia privato).

 

La guida per le neomamme in formazione

Si può scaricare dal sito www.fimmg.formazione.org  la guida per le neodottoresse che diventano mamme durante il corso di Formazione in medicina generale. Indennità, leggi e adempimenti, insomma tutto quello che è bene conoscere per orientarsi e organizzarsi al meglio durante la gravidanza.

(di Laura Montorselli)