Medico. Un mestiere da donne
Tra gli under 35 la professione medica è già in maggioranza femminile. L’Italia detiene il record. Ma i dati dell’Enpam mostrano una ripresa di interesse tra gli uomini.
In Europa più della metà dei medici al di sotto dei trentacinque anni di età sono donne. Secondo una ricerca realizzata in trenta Paesi dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, le donne sotto i 35 anni costituiscono il 58 per cento dei medici nel Regno Unito, il 60 per cento in Francia e quasi il 63 per cento in Spagna. Il record spetta all’Italia, con una percentuale superiore al 65 per cento.
Il cambiamento del panorama professionale nella medicina è ormai consolidato. Nel Regno Unito le donne medico sono diventate recentemente la maggioranza, 51 per cento. Secondo un’inchiesta realizzata dal Centro di informazione sanitaria e sociale (Hscic) le donne, soprattutto impegnate come medici di famiglia, sono cresciute nell’ultimo anno del 2,3 per cento.
In Francia dove ora le donne medico rappresentano il 41 per cento, il sorpasso avverrà nel 2022 raggiungendo quota 60 per cento, rivela una ricerca del Cnrs (Centre national de la recherche scientifique) basata sulle iscrizioni a medicina.
In Spagna il futuro dominato per il 70 per cento dalle donne medico è prossimo e sarà raggiunto tra dieci anni, secondo la Confederación estatal de sindicatos médicos (Cesm). Un passo avanti per l’emancipazione femminile che però avrà delle serie ricadute nel mondo del lavoro. La maggior parte delle donne, cercando di conciliare vita professionale e famiglia, ricorre spesso al part time soprattutto negli anni decisivi per la carriera.
“In Spagna le donne medico prediligono le specializzazioni che non le obbligano a fare turni notturni – precisa Patricio Martinez, ex segretario generale del Cesm – tra queste pediatria, oculistica, ginecologia e farmacia. Oltre ai turni si evitano percorsi professionali in cui si prevedono orari lunghi e impegni gravosi, fattori che rendono difficile conciliare la vita lavorativa con quella famigliare”.
Una tendenza che viene confermata anche in Francia dove la percentuale di donne impiegate nella medicina del lavoro è al 71 per cento, il 70 per cento in ginecologia, 67 per cento in dermatologia e 64 per cento in pediatria. Molto meno numerose invece le professioniste in anestesia (una su tre) o in chirurgia (una su cinque).
In Gran Bretagna il problema della pianificazione lavorativa, considerando la grande richiesta di orari part time, ha già scatenato un grande dibattito, con tanto di polemiche e accuse di sessismo.
Dalle colonne del quotidiano britannico The Telegraph, Max Pemberton medico e giornalista divulgativo, ha messo in evidenza i punti spinosi della querelle: “Il fenomeno comincia ad incidere nelle attività ospedaliere e negli interventi di pronto soccorso. Circa il 38 per cento delle donne medico lavora a tempo parziale rispetto al cinque per cento degli uomini. Due terzi dei medici di base sono donne e una grande percentuale di loro opta per il part time. Considerato che la medicina è destinata a diventare una professione a maggioranza femminile, le cose non potranno far altro che peggiorare – scrive Pemberton –. Un ulteriore problema è che se la maggioranza dei laureati in medicina sono donne, diventerà complicato coprire i posti nelle branche tradizionalmente meno ambite da chi si vuole dedicare alla famiglia, come le specializzazioni in medicina d’emergenza, neurochirurgia, ortopedia e chirurgia pediatrica. In alcuni ospedali ci sono già problemi nel reperire i medici e scarseggiano sempre più gli specialisti”.
La trasformazione demografica ha fatto lanciare l’allarme anche in Germania, dove l’Ordine dei medici ha evidenziato la necessità di intervenire soprattutto per la carenza di professionisti nelle zone rurali. I medici che raggiungono l’età pensionabile rischiano di essere sostituiti da colleghe che spesso svolgono un part time. Così per rendere più appetibili a tutti certe aree geografiche, il governo ha lanciato un programma di incentivi. È il caso della Sassonia dove gli studenti di medicina che si impegnano a scegliere le zone rurali come futuro luogo di lavoro ricevono dai 300 ai 600 euro al mese già a partire dal terzo anno di università.
Cristina Artoni
Twitter: @FondazioneEnpam
LA RISCOSSA DEI MASCHI ITALIANI
Non è più vero che la categoria medica italiana sia caratterizzata da una femminilizzazione crescente. I dati dell’Enpam, a sorpresa, mostrano che la percentuale delle donne tra i nuovi medici e odontoiatri sia scesa costantemente negli ultimi cinque anni (anche se resta maggioritaria). Se nel 2009 i neo iscritti erano al 60 per cento femmine e al 40 per cento maschi, nel 2013 tra i neo camici bianchi le donne sono scese al 57 per cento mentre gli uomini sono saliti al 43 per cento.