Maltempo, i medici al lavoro nel fango

Dai racconti dei camici bianchi-soccorritori impegnati in Veneto emerge il ritratto di un territorio devastato: valli ‘sfigurate’ ed ettari di foresta ridotti a un cumulo di sciangai.

“Mi sono occupato dei pazienti anziani, di quelli allettati e dell’assistenza ai residenti infortunati”, è il resoconto di Claudio Allegro, 62enne con un’esperienza di 26 anni nel Soccorso alpino. È medico di famiglia a Rocca Pietore e Selva di Cadore, una delle aree dolomitiche della provincia di Belluno messa maggiormente alla prova.

I pazienti sono oltre una strada interrotta da una colata di fango e matasse di rami spezzati, alla fine di una salita sterrata scavata dai morsi della pioggia, in una casa scoperchiata dalla brutalità del vento. Nei primi giorni dell’emergenza, per procedere serve la jeep.

Nel Nord-Est spazzato da un uragano e poi sferzato da precipitazioni eccezionali, i camici bianchi si sono trovati ad esercitare in un inferno di fango, tra frazioni rimaste senza corrente elettrica o acqua corrente. Una devastazione che ha indotto il Veneto, assieme ad altre dieci regioni d’Italia, a chiedere lo stato di emergenza.

L’Agordino, passando per Alleghe fino alla Val Pettorina, è segnato da una lista infinita di danni. Valter Tomaselli, medico di medicina generale di Caviola e Cencenighe, ha dovuto indossare gli stivali per entrare nel suo ambulatorio, allagato dallo straripamento del torrente Cordevole.

Nelle ore del caos è stato anche costretto a fare il medico legale. “Cercavamo un paziente caduto in un corso d’acqua a Falcade. Un operaio 61enne – spiega il camice bianco e volontario del Soccorso alpino – che era andato a controllare il suo campo ed è stato travolto dal torrente. Lo abbiamo trovato 500 metri a valle. Io stesso mi sono occupato dell’ispezione cadaverica e delle pratiche che seguono”.

Sono tanti i medici della zona che sopra il camice bianco hanno indossato la divisa del Soccorso alpino, per unirsi alle centinaia di volontari scesi in prima linea.

“Abbiamo lavorato per mettere a regime un torrente che minacciava le case. Un rigagnolo nella frazione di Toccol, nel comune di Agordo, che si era ingrossato a dismisura per la pioggia”, racconta Massimo Costa, ortopedico ospedaliero da poco in pensione.

A San Tommaso Agordino il vento ha divelto anche i tralicci dell’alta tensione, poi rimpiazzati con gruppi elettrogeni.

“Ho contribuito come carpentiere”, sdrammatizza Roberto Bertone, chirurgo all’ospedale di Agordo. “A San Tommaso abbiamo ripristinato il tetto di una casa, che era stato divelto dal vento”, continua il professionista, che racconta come per alcune ore anche il piccolo presidio sanitario nel quale lavora sia rimasto isolato, con la strada per Belluno impraticabile.

Un disastro dettato da eventi meteo che, a memoria degli anziani del posto, sono stati perfino più intensi di quelli dell’alluvione del ’66. In questi giorni però i residenti non guardano al passato, ma alle previsioni del tempo. Nelle prossime ore il cielo minaccia nuove precipitazioni.

 

Antioco Fois

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