L’Inps chiede un rimborso ai propri pensionati

I pensionati Inps dovranno rimborsare l’istituto di previdenza pubblica per le somme ricevute nei primi sei mesi dell’anno come adeguamento all’inflazione. La manovra di bilancio ha infatti modificato, riducendolo, il meccanismo di calcolo della cosiddetta perequazione, e molti titolari di pensione saranno chiamati a restituire parte delle somme legate a questa voce accreditate durante il primo semestre.

L’Inps ha deciso di  rinviare a giugno (dopo le elezioni europee) il recupero pensionistico già previsto per aprile. La rivalutazione degli importi è basata sull’inflazione rilevata per l’anno precedente, calcolata nel 2018 dall’Istat in appena l’1,1 per  cento.

L’incremento non riguarda tutti i trattamenti pensionistici, ma viene suddiviso a seconda di varie classi di importi. Le nuove fasce di perequazione introdotte per il 2019 penalizzano i pensionati della classe media con assegni superiori a tre volte il trattamento minimo Inps.

 

PENALIZZAZIONI SOPRA I 1500 EURO

Poiché la manovra è stata approvata proprio allo scadere del 2018, l’Inps non è stata in grado  di adeguarsi ai nuovi sistemi di calcolo e ha proceduto agli incrementi calcolandoli con il precedente sistema, lievemente più favorevole dell’attuale.

Questi aumenti, maggiori rispetto a quanto previsto dalla manovra finanziaria, continueranno a essere attribuiti fino al 3 giugno: da quella data scatteranno invece i conguagli. Gli unici assegni a non essere coinvolti saranno quelli inferiori a 1.522 euro lordi mensili, i soli per cui la nuova normativa garantisce la piena indicizzazione all’inflazione.

A rimetterci saranno, in misura più o meno grande, i pensionati  che godono di assegni superiori. Queste pensioni senza la legge di bilancio avrebbero rivisto un adeguamento dal 90 al 75 per cento dell’inflazione, mentre il nuovo meccanismo riduce gli incrementi fino al 40 per cento.

L’aspetto più restrittivo tuttavia riguarda il modello di calcolo che prenderà in considerazione l’intero importo dell’assegno, senza differenziare tra i diversi scaglioni. Nel caso di un assegno pensionistico di 3mila euro lordi mensili, rivalutarlo per scaglioni significava dare un incremento al 100 per cento sulla quota fino  ai 1.500 euro, e al 90 per cento sulla parte residua. Rivalutarlo per fasce  significa, invece, applicare un taglio su tutto l’importo dei 3.000 euro.

Nei tre anni di validità della legge, i pensionati con 4.000 euro lordi mensili perderanno 710 euro,  quelli con 5.000 euro vedranno una riduzione di circa 1.000 euro, e quelli con 6.000 euro lordi mensili subiranno un taglio di 1.200 euro

Nei tre anni di validità della legge, i pensionati con 4.000 euro lordi mensili perderanno 710 euro,  quelli con 5.000 euro vedranno una riduzione di circa 1.000 euro, e quelli con 6.000 euro lordi mensili subiranno un taglio di 1.200 euro.

La perdita di reddito è definitiva. Non sarà, infatti,  più recuperata e gli eventuali incrementi futuri si riferiranno a pensioni già decurtato. Nei fatti si assisterà a un’ulteriore mancato recupero dall’inflazione, così da rendere le pensioni (e i pensionati Inps) sempre più poveri.

Claudio Testuzza