L’inps chiarisce le regole dei congedi ad ore per i pubblici dipendenti

Il decreto legislativo 15 giugno 2015 n.80 aveva apportato una serie di modifiche, in via sperimentale per il solo anno 2015, al Decreto Legislativo n. 151 del 26 marzo 2001, modificando, tra l’altro, i limiti temporali di utilizzo del congedo parentale e del  prolungamento dello stesso per i figli con disabilità in situazione di gravità, nonché i limiti temporali dei periodi indennizzabili a prescindere dalle condizioni reddituali. Con il successivo D. Lgs. n.148/2015, è stata confermata la struttura delle misure per il sostegno della maternità anche per gli anni successivi al 2015. L’Inps ha ritenuto opportuno emettere una specifica circolare, la n. 40, per chiarirne tutti gli aspetti.

Le norme introdotte hanno ribadito che la disciplina legislativa, che consente a ciascun genitore di scegliere tra la fruizione del congedo in modalità giornaliera e quella oraria. è applicabile anche in caso di mancata regolamentazione da parte della contrattazione collettiva. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla meta dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadri settimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. Viene esclusa la cumulabilità della fruizione oraria del congedo parentale con permessi o riposi di cui al decreto legislativo n. 151/2001.

 Le disposizioni sono estese anche ai lavoratori dipendenti pubblici o privati iscritti ai fondi esclusivi dell’AGO della Gestione dipendenti pubblici, ferme restando le disposizioni specifiche previste dai rispettivi quadri normativi di riferimento. Per costoro, qualora il loro orario di servizio sia   articolato su cinque giorni   la settimana, la durata dell’assenza dovrà essere pari a tre ore e 36 minuti risultanti dalle 36 ore settimanali divise per 5 giorni lavorativi alla settimana e ulteriormente divise per due. Per coloro il cui servizio è prestato su sei giorni la settimana il congedo ad ore deve essere pari a 3 ore settimanali.

Per i periodi di congedo parentale di cui all’art.32 del decreto legislativo n.151, fatte salve le disposizioni normative di maggior favore, le amministrazioni pubbliche sono tenute a corrispondere al dipendente, salvo disposizioni di maggior favore, il 30% della retribuzione persa per un periodo di congedo parentale massimo, complessivo tra i genitori, di sei mesi, fruito fino al sesto anno di vita del bambino o di ingresso del minore in affidamento o adozione. Per i periodi di congedo parentale ulteriori rispetto al limite dei sei mesi ovvero per i periodi fruiti tra i 6 anni e gli otto anni di vita del bambino (o dell’ingresso in famiglia del minore adottato o affidato), le amministrazioni pubbliche sono tenute a corrispondere la retribuzione di cui sopra a condizione che il reddito individuale dei genitori richiedenti sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.

I periodi di congedo fruiti tra gli otto e i dodici anni non danno diritto ad alcuna retribuzione. Per effetto del combinato disposto degli articoli 35, 34 e 32 del d. lgs. n.151/2001 e dei nuovi limiti temporali introdotti dalla riforma, la fruizione del congedo parentale è coperta da contribuzione figurativa fino al 12° anno di vita del bambino ovvero fino al 12° anno di ingresso del minore in famiglia, fatto salvo in questo ultimo caso, il limite del raggiungimento della maggiore età da parte del minore.

Claudio Testuzza

@FondazioneEnpam