Lettere al Presidente: medici e legge penale

Ho letto con attenzione l’intervista al procuratore Siciliano riguardo al problema denunce nei confronti della classe medica. Non capisco perché nessuno prenda manco lontanamente in considerazione che l’unico modo perché questo grave problema venga quanto meno contenuto è la depenalizzazione dell’errore medico. Visto anche che sul pianeta Terra siamo solo tre nazioni ad avere questo reato penale.

È possibile non capire che è facile e non “costa niente” fare un esposto in Procura, “tanto cosa ci perdo?”. Mi piacerebbe sapere perché la dottoressa Siciliano non abbia nemmeno accennato a ciò. Le linee guida sono un sollievo per il lavoro della Procura, ma certamente non per il nostro.

Un’ultima triste considerazione: ho due figli, 17 e 21 anni, e mi creda sono sollevato dal fatto che nessuno dei due voglia fare la professione del padre. La saluto con affetto e stima.

Antonio Maria Balzani (Lecce)

 

Va certamente distinta la colpa grave dalla colpa lieve. La colpa lieve è un fatto fisiologico, come dire un epifenomeno, perché operare in ambienti complessi, come quelli del lavoro intellettuale e ancora di più della salute, comporta un certo margine di errore. È un fatto ordinario e da mettere in conto.

Sulla completa depenalizzazione della colpa in ambito medico, compresa quella oggettivamente grave, non mi pronuncio. È difficile fare paragoni con altri Paesi. Del resto se dovessimo seguire il filo un ragionamento di questo tipo occorrerebbe anche considerare che da noi c’è un servizio sanitario nazionale mentre altrove no.

Quello che possiamo fare per esempio a livello di Adepp, l’associazione delle casse di previdenza dei liberi professionisti, in particolare con gli avvocati, è lanciare un messaggio di correttezza di rapporti tra le professioni e non di cannibalizzazione. Non è pensabile che ci siano società o sedicenti esperti che reclutano clienti con pubblicità sensazionalistiche all’insegna del “Sei vittima di un errore medico? Ci paghi solo se ottieni un risarcimento”.

D’altro canto la legge penale va migliorata e inasprita per tutelare meglio chi esercita correttamente professioni, come quella medica, che servono superiori diritti individuali. Il riferimento è al problema delle aggressioni. La categoria ha bisogno dell’introduzione dell’obbligo dell’azione penale. In altre parole gli atti di violenza devono essere perseguibili d’ufficio e non solo mediante querela. Infatti se faccio il medico di guardia in un paesino e sporgo querela è chiaro che poi posso ritrovarmi i familiari contro. Se invece non sta a me prendere iniziativa ma è lo Stato che deve tutelarmi in automatico, non sono nemmeno più vulnerabile da questo punto di vista.

Se la nostra è una professione che persegue un diritto superindividuale, allora merita una protezione di questo tipo. Così come, per esempio, la meriterebbero sempre gli insegnanti.

 

Alberto Oliveti
Presidente Fondazione Enpam

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