La onlus italiana che sfida il cancro in Uganda

La professionalità e l’umanità con cui Titti Andriani, presidente della Afron Onlus, si è spesa nella lotta al cancro nel paese africano, le è valsa il riconoscimento di Sergio Mattarella che l’ha nominata Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

In otto anni di attività finalizzate alla sensibilizzazione sul tema dei tumori, la sua organizzazione è riuscita a raggiungere oltre 600mila persone, offrendo pap-test e visite al seno a più di 16mila donne.

In Uganda solo tre bambini su dieci ricevono cure oncologiche contro gli otto su dieci dei Paesi sviluppati. Afron, con i suoi progetti e grazie al lavoro dei suoi volontari, cerca di rendere meno insormontabili le difficoltà

Tutto è cominciato nel maggio del 2010 quando Titti, dopo un’esperienza di volontariato in Africa e con un passato da organizzatrice di convegni medici, fonda l’associazione Afron Oncologia per l’Africa insieme a cinque medici specialisti dell’Istituto nazionale tumori “Regina Elena” di Roma.

“Spesso si parla di cancro come di una malattia da ‘Paesi ricchi’ eppure quattro malati su cinque vivono in paesi poveri o in via di sviluppo” dice Andriani.

In Uganda solo tre bambini su dieci ricevono cure oncologiche contro gli otto su dieci dei Paesi sviluppati. Mancata conoscenza della malattia – spesso visto come uno stigma, una maledizione divina o contagiosa – distanza dagli ospedali e povertà della popolazione sono i principali fattori che impediscono ai bambini di essere curati. Afron, con i suoi progetti e grazie al lavoro dei suoi volontari, cerca di rendere meno insormontabili queste difficoltà.

Ad oggi, la onlus conta sulla disponibilità di 39 camici bianchi con diverse specializzazioni (soprattutto oncologi, ginecologi e pediatri) provenienti da tutta Italia e coinvolti in modalità diverse nelle attività di sensibilizzazione, formazione e prevenzione fornite alla popolazione ugandese.

Antonella Savarese, oncologa dell’Istituto Regina Elena di Roma, fa parte dell’organizzazione sin dall’inizio.

“Tutto nacque dall’alert che venne diramato quell’anno dall’Organizzazione mondiale della Sanità, secondo il quale nel 2020 ci sarebbero stati milioni di morti per tumore della cervice in Africa. Il governo ugandese – ricorda l’oncologa – stava già lavorando a un progetto nazionale per la prevenzione, nella capitale era già presente un National cancer institute e operava una ong del San Raffaele di Milano. C’erano delle basi di partenza che ci hanno convinto a cominciare da lì”.

Da allora, sono partiti degli accordi con l’Uganda Cancer Institute e l’attività di Afron non si è più fermata.

Maria Chiara Furlò