La bioingegneria per il futuro dell’invecchiamento

Qualità altissima della ricerca e difficoltà a tradurre i risultati più importanti in prodotti accessibili a tutti e utili a migliorare la qualità della vita di una popolazione che invecchia, anche sul posto di lavoro.

Il gap tra il progresso scientifico e la difficoltà di ‘percorrere l’ultimo miglio’ del trasferimento tecnologico è stato al centro della presentazione all’Inail del volume “La bioingegneria per il benessere e l’invecchiamento attivo”, curato da Maria Chiara Carrozza, Eugenio Guglielmelli e Riccardo Pietrabissa.

Quello della bioingegneria – ha sottolineato per prima Carrozza, professore di bioingegneria industriale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – è un settore che vede l’Italia all’avanguardia sul fronte della ricerca, ma ancora in ritardo sul versante dello sviluppo industriale di nuovi prodotti.

Nel corso dell’incontro, promosso alla Direzione generale dell’Inail dalla Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, si è sottolineata l’importanza fondamentale degli investimenti nella ricerca, anche degli enti pubblici come l’Inail, e la necessità di sostenere lo sviluppo industriale di nuovi prodotti, ad esempio attraverso start up innovative, per dare risposte concrete ai cittadini.

Per “percorrere l’ultimo miglio che separa il deposito dei brevetti dalla realizzazione concreta di prodotti e dispositivi – ha detto il direttore generale dell’Inail Giuseppe Lucibello – l’Inail mette a disposizione di tutti gli attori della ricerca e della prevenzione tutti i suoi centri, a partire da quello di eccellenza di Vigorso di Budrio, e punta anche a investire insieme ad altri soggetti in start-up, con l’obiettivo di accelerare il transfer tecnologico”.

Un percorso che potrebbe essere interessante anche per altri enti, come le casse di previdenza, come ha spiegato, a margine dell’incontro il presidente dell’Enpam Alberto Oliveti.

Il panorama attuale

A fronte di una ricerca che è all’avanguardia nel panorama mondiale, persistono, secondo i ricercatori, ostacoli e problemi strutturali che complicano l’accesso al mercato e fanno dell’Italia l’ottavo Paese al mondo che importa tecnologia medica, ma soltanto il 12esimo per esportazioni.

Già oggi le simulazioni, ha ricordato Guglielmelli, prorettore alla ricerca dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, vedono gli abitanti con più di 80 anni destinati ad aumentare in Europa del 40% entro il 2030. E l’Italia “è il secondo Paese al mondo per longevità della popolazione, ma solo il 19esimo per longevità in buona salute”.

Colmare il divario tra l’aspettativa di vita e l’aspettativa di vita in buona salute, ha spiegato il direttore generale dell’Inail Giuseppe Lucibello, ”si può fare solo unendo le forze e l’Inail ha già fatto questa scelta non solo sul fronte protesico-riabilitativo, ma anche con il nuovo piano di ricerca 2016 – 2018”.

Va vinta, ha detto Carrozza “la sfida dell’ultimo miglio, creando start-up e un’infrastruttura legale migliore per favorire il trasferimento tecnologico, sfruttando anche le conoscenze e le infrastutture dell’Inail” che già oggi sostiene la ricerca in campo bioingegneristico a partire dal fronte protesico-riabilitativo ”e degli altri enti di ricerca italiani per riuscire a trasformare questo patrimonio intellettuale in prodotti concreti e con costi sostenibili, in un contesto di scarse risorse, migliorando la qualità di vita e la sicurezza dei lavoratori in età più avanzata”.

All’incontro erano presenti anche Luigi La Peccerella, direttore della rivista Infortuni e malattie professionali – Inail, Angela Goggiamani, sovrintendente sanitario centrale Inail e Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità.

Silvia Gasparetto
@FondazioneEnpam