Indagine sull’Alcolismo in Italia

Prefazione
di Alberto Oliveti
Presidente Fondazione Enpam

Tra i dati che verranno mostrati in questa indagine salta all’occhio quello relativo al numero di vittime di dipendenza da alcol che vengono riconosciute nelle varie strutture sanitarie presenti sul territorio.

Nella pratica ambulatoriale è frequente, e lo è sempre di più, venire in contatto con pazienti che ricorrono al medico di famiglia per essere consigliati di fronte a comportamenti che gli stessi pazienti o i loro familiari riconoscono come poco salutari, potenzialmente pericolosi, se non addirittura criminogeni.

La medicina del territorio e la sua attività a largo spettro possono e devono rispondere efficacemente al fabbisogno sociale di figure dotate di competenze di alto livello. Tali figure rispondono efficacemente alla domanda: «chi può parlare di cosa?».

Considerando i dati di questa rilevazione, di cui l’Enpam, (bisogna ribadire) condivide metodi e scopi, e concentrandoci sulle fasce più giovani della popolazione, ci si rende conto della pericolosità di alcuni fenomeni sociali legati a una cultura dello sballo in via di costante diffusione.

Tra questi merita particolare attenzione il fenomeno dell’”abbuffata alcolica” (binge drinking), tipico della popolazione giovanile tra gli 11 e i 17 anni. Allo stesso tempo appare preoccupante la tendenza legata al primo contatto, sempre più precoce, dei giovani verso l’alcol.

Spesso tali comportamenti vengono alla luce in quel periodo poco definito in cui avviene il passaggio di consegne tra il pediatra e il medico di Medicina generale.

L’incidenza di certi comportamenti è sensibilmente influenzata dall’uso massivo delle nuove tecnologie e dai social network. All’interno di un costante e permeante status “onlife”, attraverso la condivisione di video e contenuti, nei quali il consumo di alcol in forti dosi assume una connotazione sociale positiva e di promozione relazionale, si rischia la propagazione di dinamiche comparabili alle cosiddette “echo chamber”: ambienti virtuali in cui il giovane vede riflessi e propagati tali comportamenti.

Questi vengono interpretati dai nativi digitali come naturali se non necessari, pena l’estromissione dal proprio “clan”. In questo ambito in cui si configura una reale emergenza sociale, come richiamato dagli intervistati stessi, ma in maniera ancora più forte dagli addetti ai lavori, rivestono un’importanza vitale la prevenzione e l’informazione, visti come strumenti ineludibili verso una presa di consapevolezza della pericolosità di un uso sregolato di bevande alcoliche.

Alla luce di quanto detto, il medico di Medicina generale, che presidia società e territorio capillarmente, può e deve assumere il ruolo di playmaker.

Attraverso la sua funzione di monitoraggio e primo contatto, di riconoscimento del problema, di trattamento di primo livello e di eventuale affidamento verso altri attori in gioco (operatori sanitari, servizi sociali, gruppi di auto-aiuto e istituzioni scolastiche), riveste un ruolo centrale a livello sociosanitario.

Diventa così preziosissima l’attività di ascolto attivo e di instaurazione di un rapporto di fiducia del medico nei confronti del paziente, in questo caso la persona che mostra di avere comportamenti a rischio.

La fiducia e la condivisione della scelta di un percorso terapeutico cucito sui bisogni del paziente passano attraverso il riconoscimento delle competenze stratificate della professione medica.

Si tratta, pertanto, di rimettere al centro il fattore umano che negli ultimi tempi ha subito un’opacizzazione della sua funzione a vantaggio del concetto di amministrazione degli atti, delle opere, dei servizi e delle prestazioni.

Le parole d’ordine diventano dunque: empatia, comunicazione partecipativa e presa in carico dell’aspetto comunicativo; tutti strumenti in mano ai medici, figure centrali nello scacchiere della prevenzione.

Il medico di Medicina generale è quindi la figura autorevole a cui è necessario ricorrere per prevenire, informarsi e prendere doverosa consapevolezza sui comportamenti potenzialmente a rischio e sui problemi legati al consumo non moderato di alcol.

Della centralità del ruolo del medico di fiducia è convinto fautore l’Enpam. Attraverso alcune iniziative, l’Ente sta infatti portando avanti un percorso di valorizzazione della professione medica e di investimento nella medicina del territorio.

Tra queste iniziative, bisogna citare la possibilità, da parte degli studenti di Medicina e odontoiatria del V e VI anno, di iscriversi in modo agevolato all’Enpam.

Si tratta di un deciso passo verso un dialogo sempre più aperto con l’università, con l’obiettivo di avere nel tempo professionisti meglio formati e preparati ad affrontare emergenze sociali come quella oggetto di questa indagine.

Esattamente come l’agorà, centro materiale e intellettuale della città greca, lo studio del medico rappresenta, anche in una dimensione spaziale, un luogo privilegiato di osservazione e intervento.

Rimettendo al centro l’autorevolezza scientifica e umana della figura professionale del medico se ne difende anche il ruolo.

Si tratta di un’azione fondamentale per sostenerne il lavoro e la centralità in una società che ha bisogno forte di figure di riferimento. Diventa necessità sociale ridare forza e capacità di presa alla professione medica in modo da ristabilirne il giusto ruolo di guida intellettuale e scientifica nella gerarchia sociale.

I dati contenuti in questa indagine, per concludere, ribadiscono tra le altre cose quanto il lavoro del medico debba essere preservato e rafforzato.