Il paziente viene prima del datore di lavoro

Il medico è obbligato a dare una corretta informazione anche se mette in cattiva luce la struttura per cui lavora

pazienteIl medico che non informa il paziente della scarsa qualità dei macchinari utilizzati dalla struttura in cui opera può essere chiamato a risponderne direttamente insieme alla struttura stessa. L’obbligo di informazione tuttavia, non lo espone al rischio di recriminazione da parte della struttura, perché il principio di tutela degli interessi e della posizione del paziente prevale sul vincolo di fedeltà al datore di lavoro.

È quanto si ricava da una recente sentenza della Cassazione (la numero 4540 dell’8 marzo 2016) su una vicenda relativa a controlli ecografici effettuati sul feto ai fini della diagnosi morfologica. In particolare, la Corte si è pronunciata sul caso di due coniugi che avevano chiesto un risarcimento alla struttura ospedaliera cui si erano rivolti e ai medici, poiché rei secondo i richiedenti di non averli adeguatamente informati durante la gravidanza dell’esistenza di gravissime malformazioni fetali.

Gli accertamenti ecografici eseguiti nella 19esima e 25esima settimana non avevano rivelato le malformazioni ravvisate poi alla 32esima settimana, quando il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza non era più consentito. È bene chiarire che il Collegio, confermando quanto già stabilito nei precedenti gradi di giudizio, non ha ritenuto responsabili né la struttura né i medici.

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Per i giudici di primo e secondo grado, la rudimentale tecnologia delle apparecchiature in quel periodo disponibili (dal 1986 e fino al 1990) e il grado di rischio della specifica gravidanza in assenza di determinati fattori (età, rischio genetico, farmaci utilizzati etc.) impedisce di attribuire la responsabilità alla struttura e ai medici.

All’epoca infatti, nel 1986, i Stampamezzi diagnostici utilizzabili avevano una probabilità di rilevare la patologia in tempo utile per interrompere la gravidanza compresa tra il 12 e il 21 per cento e dunque un’affidabilità molto limitata.

Al contrario richiamando un proprio precedente giurisprudenziale, la Corte ha confermato il principio secondo cui se le attrezzature presenti nella struttura cui ci si rivolge il paziente non sono tali da fornire una diagnosi morfologica del feto corretta e completa, e ciò diversamente da altri strumenti ecografici presenti altrove, scatta l’obbligo per l’ospedale come per i medici che vi operano di informare il paziente. L’obbligo però non espone il medico al rischio di essere oggetto di recriminazione da parte della struttura.

Infatti, poiché prevale il principio della tutela degli interessi e della posizione del paziente, il professionista che assume tale condotta non viola il vincolo di fedeltà previsto dal Codice Civile e conseguentemente il suo comportamento non può essere contestato da parte del datore di lavoro (direttore generale, proprietario casa di cura/struttura sanitaria ecc.).

Informare il paziente di una percentuale di successo piuttosto contenuta in conseguenza dei limiti tecnici dei macchinari disponibili, non può configurarsi come reato di diffamazione. L’informativa in questo caso non è assimilabile alla condotta di chi diffonda espressioni gratuitamente offensive o volgari, oppure utilizzi termini gratuitamente denigratori ed ingiuriosi violando i limiti della continenza espositiva.

La pubblicazione, aggiornata a cura di Marco Perelli Ercolini, è arrivata alla settima edizione. Per consultarla clicca qui. Chi avesse difficoltà può richiederne una copia in cd-rom alla Direzione generale dell’Enpam (tel. 06 48294344 – email direzione@enpam.it)

Angelo Ascanio Benevento*

*Avvocato, Ufficio affari legali della Fondazione Enpam

@FondazioneEnpam