I nuovi esodati in attesa del cumulo

Sedotti da una legge nata per affermare i loro diritti e abbandonati da chi deve pagare loro la sacrosanta pensione.

Sono i lavoratori in attesa che venga applicata la legge sul cumulo, nuovi esodati in possesso dei requisiti necessari per ritirarsi dal lavoro, che tengono le dimissioni pronte nel cassetto o le hanno già date, ma non ricevono più lo stipendio e neppure la pensione.

Tra di loro anche centinaia di medici, alcuni dei quali incuranti della pioggia battente si sono presentati lunedì mattina alle otto e mezza sotto alla sede dell’Inps, all’Eur, per partecipare al sit-in di protesta insieme agli altri manifestanti del Comitato “Cumulo e casse professionali”.

 

Giorgio Orlandi, 71 anni, un trascorso come ospedaliero, medico di medicina generale di Lucca, ha dato le dimissioni il 31 dicembre 2016 confortato dalle notizie sull’approvazione della legge entrata poi in vigore il giorno successivo.

Da allora sono passati 15 mesi – dice arrabbiato – e io non ho più avuto un soldo, né tantomeno ho più ricevuto lo stipendio.

Ho 43 anni di contribuzione di cui 15 all’Inpdap, non è possibile che nessuno in questo periodo si sia degnato di darmi una risposta.

Quando ho presentato la domanda avevo 69 anni e 8 mesi ed ero già in possesso di tutti i requisiti necessari per andare in pensione.

Nel mio caso non c’è proprio nulla da interpretare, chiedo soltanto l’applicazione di una legge dello Stato italiano”.

 

Francesca Arena è arrivata da Catania per fare sentire la sua voce. Ginecologa nell’Azienda sanitaria di Siracusa, ha dato le dimissioni il 1° febbraio 2018.

“Ho 37 anni di contributi all’Inps, 39 con quelli Enpam. Non credo si tratti di un grosso impegno, ma al momento il mio diritto resta lettera morta. Pensare che sono venuta a scoprire della possibilità di cumulare i due spezzoni proprio dall’Enpam.

Lo scorso gennaio ho chiamato per un controllo sulla regolarità della contribuzione e mi è stato detto che grazie alla norma entrata in vigore con la legge di Bilancio appena approvata, sarei potuta andare in pensione.

Sembrava semplice, invece poi sono stata abbandonata in questo limbo”.

 

Sandro Di Blasi è un medico ospedaliero romano di 63 anni. Dopo aver riscattato la laurea e i contributi della specializzazione, avrebbe voluto beneficiare della nuova possibilità per raggiungere i 42 anni e 10 mesi fissati dalla legge Fornero.

“Quando ad ottobre 2017 è stata pubblicata la circolare dell’Inps mi sono convinto che la soluzione fosse vicina, così a fine anno ho dato le dimissioni. Ora sono tre mesi che sono senza pensione e senza stipendio”.

Di Blasi si è fatto l’idea che la diatriba tra Adepp ed Inps sui 65 euro sia “una lotta politica per marcare il territorio”.

 

Vincenzo Esposito, 64 anni, 37 anni di contribuzione all’Enpam, lavorava all’Ospedale San Camillo di Roma nel reparto per le patologie cliniche.

“Ho maturato i requisiti per andare in pensione già a gennaio 2017 per questo ho seguito con interesse le notizie sulla nuova legge fin dalla sua entrata in vigore.

Ho atteso gli sviluppi del dibattito per prendere una decisione, poi ho presentato domanda di pensione lo scorso 31 ottobre.

Nel frattempo, dal 31 gennaio le mie dimissioni sono diventate effettive. Sembrava tutto risolto, oggi pero siamo ancora qui”.

 

Anche Claudio Gullotta arriva da Catania, dove è anestesista rianimatore nell’hospice per le cure palliative dell’ospedale locale Garibaldi-Nesima.

“A giugno ho maturato con l’Inps 39 anni e 1 mese di contributi a cui vorrei potere sommare tre anni e undici mesi della Quota A in Enpam.

Ho dato il preavviso di dimissioni e il 30 giugno cesserò definitivamente il rapporto professionale con il mio datore di lavoro.

Nel frattempo il 20 gennaio scorso ho fatto domanda di pensione, ma visto come vanno le cose non so più cosa aspettarmi. Ora sono due mesi che non riesco più a dormire la notte”.

 

Paola Mauro, è una psichiatra in servizio nell’Azienda sanitaria Roma 3 oltre ad essere tra i camici bianchi più attivi nel Comitato che ha convocato il sit-in.

“Siamo 800 iscritti, la metà dei quali sono medici. Io ho 43 anni abbondanti di contribuzione eppure non sembrano bastare.

Ho dato le dimissioni dieci giorni fa e il 31 agosto sarà il mio ultimo giorno di lavoro.

Verso i contributi all’Enpam dal 1982, spero che per quella data potrò vedere applicata la legge ed esercitare un mio diritto”.

 

L’ultima battuta spetta a Maurizio Cardi, 63 anni, neuropsichiatra infantile, da ultimo presso l’azienda sanitaria locale di Cassino.

“Dal 1° agosto sono senza stipendio e senza pensione”. La sua ‘colpa’ è di avere uno spezzone in Enpam a seguito di un incarico come guardia medica svolto quando era fresco di laurea e in cerca di un impiego stabile.

“Ho 43 anni di contributi versati all’Inps e 1 e mezzo all’Enpam nel fondo della continuità assistenziale. Questa vicenda ha dell’incredibile”.

Marco Fantini